Alla vigilia dell’ultima tappa della stagione 2020/21 ha annunciato il suo ritiro immediato dal biathlon senza nemmeno prendere parte alle gare di Östersund, restando nella sua Germania dove stava diventando papà. A 34 anni Arnd Peiffer ha messo fine alla sua carriera senza concedersi un “the last dance” che avrebbe anche potuto fruttargli la coppa di specialità mass start, dal momento che era in pienissima corsa per il successo finale. L’ultima stagione gli ha comunque regalato tante soddisfazioni, in particolare la vittoria nella mass start di Hochfilzen e l’argento mondiale nell’individuale di Pokljuka.
A distanza di un mese dal suo improvviso saluto, l’olimpionico tedesco ha rilasciato una lunga intervista al sito dell’IBU. Peiffer ha svelato di aver preso questa decisione molti mesi prima dell’annuncio. «Ho preso la decisione durante l’estate, così ho avuto anche tanto tempo per pensarci su. Le ragioni erano semplicemente l’età e la mia famiglia. È per me importante passare oggi più tempo a casa. Sapevo che in uno o due anni le mie prestazioni sarebbero scese e non avrei più avuto la possibilità di conquistare il podio. Solo poche persone lo sapevano: la mia famiglia ed Erik Lesser in autunno. Per me era importante che un atleta della squadra lo sapesse. Tutti si aspettavano che avrei gareggiato fino alle Olimpiadi di Pechino».
La decisione di ritirarsi ha quindi dato ulteriori motivazioni a Peiffer in vista di quella che è stata la sua ultima stagione. «Potevo godermi ancora di più la Coppa del Mondo, perché io sapevo che era il mio ultimo anno, ma nessuno mi stava chiedendo cose riguardo la mia ultima volta ad Oberhof o Anterselva. Così il mio ritiro non è stato l’argomento principale della stagione. In questa maniera ho potuto concentrarmi sulle gare e godermele. Ciò mi ha dato ulteriori motivazioni per l’estate e le dure sessioni di allenamento, perché sapevo che sarebbe stata la mia ultima stagione e volevo ritirarmi con buoni risultati».
A 34 anni, Peiffer ha chiuso sei gare con lo zero, conquistando cinque podi in sei di queste giornate perfette: «Avevo bisogno del cento per cento al tiro, buoni sci e una buona condizione per salire sul podio. È così difficile con questi giovani atleti che sono tutti molto forti, ben allenati e motivati, senza una famiglia e responsabilità. Quando sei sopra i trent’anni, (la vita, ndr) non è solo allenarsi, mangiare e dormire. Mi sono gustato le battaglie con questi ragazzi, come Johannes Dale sugli sci, uno dei migliori nell’ultimo giro. Combattere con loro è stato bello. Sono orgoglioso di aver avuto questa opportunità. È stato impressionante vedere di cosa sono stati capaci quest’anno. Tutti si aspettano ora che Sturla (Lægreid, ndr) vinca medaglie alle Olimpiadi, ma quell’evento è diverso dagli altri».
Indimenticabile per lui la vittoria della medaglia d’oro nella sprint olimpica di Pyeongchang, un risultato che l’ha sorpreso: «Non riesco ancora a capire come sia potuto accadere. Gli altri due (Johannes Bø e Martin Fourcade, ndr) stavano dominando la stagione sia sugli sci che al tiro, così non mi aspettavo che qualcuno potesse chiudere davanti a loro, sicuramente non io».
Peiffer ha poi svelato l’unico rimpianto della sua splendida carriera: «Non ho mai vinto un globo di cristallo, né piccolo né grande. Qualche volta sono arrivato secondo o terzo ma mai primo. Mi è mancato, ma va bene, non sono mai stato un atleta in grado di vincere gare consecutivamente». Ma come si fa a restare sulla breccia per tanto tempo, in uno sport complicato come il biathlon? «Ho fatto in modo che i miei risultati non incidessero sull’autostima. Se avevo una buona gara non cresceva troppo e se al contrario andavo male non scendeva. Ho sempre cercato di essere nel mezzo. Troppa autostima non va bene perché rischi di crederti più grande di ciò che sei, ma tutti siamo poi portati a sbagliare. Quindi stai nel mezzo e fai il tuo lavoro. Poi ho una famiglia e la mia intera vita non girava attorno ai risultati nel biathlon».
L’atleta tedesco ha poi del rapporto con i suoi colleghi. «È qualcosa in più di essere compagni di squadra. È amicizia, soprattutto con Erik (Lesser, ndr), perché ho passato molto tempo con lui. Abbiamo condiviso tante cose importanti e momenti emozionanti. Aiuta avere un amico o più di un amico in squadra, perché si passa tanto tempo in giro. Non abbiamo sempre avuto le stesse opinioni, ci siamo anche fatti critiche, a volte pure dure, ma potevamo farlo senza essere nemmeno troppo educati tra noi proprio perché siamo amici».
Peiffer non si preoccupa molto del suo futuro, consapevole di una cosa: «Non è facile, ma come ogni atleta ho dovuto fare questo passo perché non si può fare biathlon fino a 65 anni. Lasci qualcosa che hai fatto per la maggior parte della tua vita e sei anche abbastanza bravo nel farla. Non importa cosa farò, non sarò mai abbastanza bravo come lo ero da atleta, perché ero tra i migliori dieci al mondo. Sarà difficile trovare qualcos’altro dove sarò tra i migliori dieci al mondo, a meno che non ci siano soltanto dieci persone nel farlo».
L’ex biatleta tedesco ha infine concluso l’intervista ricordando di aver terminato la sua carriera con grande serenità: «Sono grato di aver avuto l’opportunità di essere così a lungo in Coppa del Mondo. Me la sono gustata. Sono veramente soddisfatto, non provo dolore. Posso fare sport ogni giorno. È bello ritirarsi sentendosi ancora bene. Credo fosse il momento giusto per smettere. Stavo ancora combattendo nella pursuit di Nove Mesto. Lì ho sparato veramente male. Nonostante ciò mi sono divertito a combattere con gli altri ragazzi, è stato un momento figo perché pensavo, “ok, mi sto ritirando ma ancora mi gusto le gare”. È bello ritirarsi prima che non ti piaccia più gareggiare».