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Biathlon – Intervista a Linda Zingerle: “È stato importante avere dei confronti reali con atlete più esperte”

Dopo gli ottimi risultati ottenuti la stagione passata, che le sono anche valsi il premio “Piotr Nurowski” come miglior giovane degli sport invernali, assegnatole dal Comitato Olimpico Europeo, Linda Zingerle ha avuto un’altra stagione molto importante.
L’altoatesina delle Fiamme Gialle si è confermata su alti livelli evidenziando nuovamente il suo talento, ha vinto tre medaglie mondiali, un argento ed un bronzo individuali, più il bronzo in staffetta, ma soprattutto ha avuto l’opportunità di fare tanta esperienza, mettendosi già alla prova sulle distanze senior e facendo anche il suo esordio in IBU Cup.
Un anno quindi molto importante per lei, nel quale ha riempito il suo bagaglio di tante cose che le torneranno utili in futuro, anche nelle esperienze negative come dover perdere una parte di preparazione per il covid oppure, dal punto di vista sportivo, l’ultimo poligono della staffetta del Mondiale Giovanile. Di questo e tanto altro abbiamo parlato con l’azzurra nella seguente intervista.

Ciao Linda. Iniziamo tracciando un bilancio della stagione; ha rispettato le tue aspettative?
«Si, sono contenta di come sono andate le cose. Ad inizio stagione ho fatto fatica non sparando bene in Coppa Italia. Anche sugli sci non posso dire di essermi sentita molto bene quest’anno. Purtroppo ho avuto il covid in autunno e questo ha reso tutto più difficile. Fortunatamente non ho avuto grandi sintomi, se non la perdita di gusto ed olfatto, ma ne ho risentito perché ho saltato un periodo chiave della preparazione. È stata una situazione nuova, quindi sono arrivata ai Mondiali senza pormi delle aspettative esagerate ma soltanto per fare delle belle gare. Grazie all’ottimo lavoro del nostro team, sono riuscita ad arrivare in forma proprio all’evento clou della stagone. Per questo motivo, dopo l’individuale ero arrabbiata perché al tiro non ero andata come speravo, avendo commesso sei errori. Mi sono subito concentrata sulla sprint, una gara che sento mia. Lì è andata bene, ho mancato un bersaglio e ho vinto l’argento. Alla fine posso essere soddisfatta del mio Mondiale, sono nuovamente tornata a casa con due medaglie individuali ed una in staffetta».

Hai disputato la sprint da campionessa mondiale in carica; com’è stata l’esperienza di affrontare la gara con la pressione di essere la favorita?
«Sicuramente ho imparato anche da questo, ma sinceramente non sentivo troppa pressione. Alla fine volevo soltanto fare la mia gara, non pensavo di dover obbligatoriamente vincere perché l’avevo fatto l’anno precedente. Sono partita con la consapevolezza che se avessi fatto bene al poligono, avrei potuto ottenere un bel risultato. Dall’altra parte non mi ritenevo la favorita, sapevo che c’erano atlete molto forti come Lena Repinc (oggi maggiorenne, ndr). L’avevo seguita nel corso della stagione sia ai Mondiali di Pokljuka che in IBU Cup, dove aveva anche già ottenuto dei buonissimi risultati. Infatti, quando dopo l’ultimo poligono mi sono trovata ad 1” da lei, sapevo che sarebbe stata durissima, in quanto la slovena ha un ottimo ultimo giro, è davvero molto forte. Sono quindi molto contenta di quanto ho fatto».

È arrivata poi la staffetta femminile dove hai vissuto certamente un momento per te molto difficile nell’ultima serie in piedi, quando sei stata costretta a girare tre volte. Puoi raccontarcelo?
«È stato bruttissimo. Quel giorno sono andata molto bene sugli sci, ero consapevole di essere superiore alla francese nel fondo, quindi ho tenuto buon ritmo per staccarla. Nella prima serie è andato tutto bene, ho utilizzato due ricariche e sono andata via. Poi sono arrivata a quell’ultimo poligono in piedi che ero molto nervosa. In realtà quel giorno ero tanto tesa anche prima della gara, ne parlavo con Martina (Trabucchi, ndr) prima che toccasse a me e lei aveva provato a tranquillizzarmi. In quella serie in piedi non so nemmeno cosa abbia pensato, è successo tutto così velocemente. So solo che ero arrabbiatissima con me stessa, ho fatto quei giri di penalità dicendomi cose che non posso ripetere, avrei spaccato il bastone. Poi lungo il percorso ho guardato Mirco (Romanin, ndr) e ho detto anche a lui tante cose irripetibili nei miei confronti (ride, ndr). Lui mi ha guardato e si è messo a ridere, tranquillizzandomi».

Anche questa credo sia stata un’esperienza importante nel tuo percorso di crescita.
«Certo, si impara di più da una gara del genere che da una vittoria. Purtroppo quanto mi è accaduto può succedere a tutti, anche a livelli più alti. Quando sei prima e vai nella piazzola uno, non pensi soltanto che vuoi vincere per te stessa ma vuoi farlo per tutte le compagne, ti metti tanta pressione. Se dovessi ritrovarmi nella stessa situazione in futuro, penso di aver imparato come gestirla. Almeno spero (ride, ndr)».  

Dopo il Mondiale hai fatto anche il tuo esordio in IBU Cup, sempre sulla pista di Obertilliach. Che esperienza è stata?
«È stato bello gareggiare in IBU Cup, anche se devo ammettere che è stata un po’ dura fare tre settimane consecutive di gare sulla stessa pista e lo stesso poligono. Mi è piaciuto partire con atlete più esperte di me, è stato un grande stimolo, in quanto erano presenti atlete che avevano anche gareggiato da poco ai Mondiali e in Coppa del Mondo e rappresentava per me un confronto reale per capire a che punto sono. Ho visto che non mi trovo troppo lontano».

Molto spesso in stagione i tecnici ti hanno fatto gareggiare con le juniores. Come ti sei trovata a confrontarti subito con distanze superiori rispetto alla tua categoria?
«Sicuramente all’inizio è stata dura, ma mi è piaciuto tanto gareggiare con le junior, anche perché avevo bisogno di confrontarmi con loro, in quanto mi sono allenata con Rebecca, Hannah e Bea per tutta l’estate e volevo capire dove fossi rispetto a loro sugli sci».

In Val Martello hai anche avuto l’opportunità di trovarti in gara con Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi. Anche quella non deve essere stata male come esperienza.
«È stata durissima (ride, ndr). Nei primi tre giri sono andata a tutta, non volevo assolutamente staccarmi da loro. Poi nel quarto e quinto giro sono letteralmente morta. È stato comunque bello vedere di poter stare un po’ con loro».

Hai preso tanti appunti nel corso della stagione. Su cosa ritieni di dover lavorare e migliorare?
«So di dover lavorare tanto al poligono. In piedi ho ancora un po’ di difficoltà e sono consapevole di dover fare anche un po’ più di puntamento. Per il resto voglio continuare ad allenarmi molto con mio fratello David e andare a correre con lui, perché è un bel punto di riferimento e quest’anno ha fatto una bellissima stagione».

Alla vigilia della stagione è arrivato l’arruolamento nelle Fiamme Gialle. Quanto è stato importante?

«Ovviamente tantissimo, ho la tranquillità di sapere che alle spalle qualcuno che mi supporta, consentendomi di poter svolgere l’attività sportiva al meglio. Inoltre all’interno c’è Andrea Zattoni che è un ottimo allenatore, poi ci sono anche Cedric Christille e Tommaso Giacomel con i quali mi sono trovata già in squadra ed ovviamente c’è Dorothea. Ora in primavera ho il corso per gli allievi che durerà circa una settimana».

Nel frattempo sei tornata a scuola?
«Si, finalmente proprio ieri. Dopo quasi un anno siamo tornati a fare lezione al cento per cento in presenza. È stato bello ritrovare i compagni di classe, mi mancavano. È stata dura infatti star zitti durante le lezioni perché avremmo avuto tanto da raccontarci (ride, ndr). Di persona è certamente diverso rispetto ad un computer. Ne avevamo bisogno, perché siamo giovani e non poter vedere compagni di classe e amici così a lungo è stato difficile. Però non ero più abituata a seguire le lezioni dal vivo. Dopo sei ore ero stanchissima (ride, ndr). Comunque ho ancora due mesi, poi l’esame di maturità».

Nell’anno della DAD, fortunatamente il biathlon ti ha permesso di mantenere comunque delle relazioni sociali.
«Anche in tal senso il biathlon è stato davvero importante. Anche perché la nostra squadra è diventata per me una famiglia».

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