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Olimpiadi 2022 – In Norvegia si discute sul possibile boicottaggio; Klæbo: “Una decisione da prendere tutti insieme”

Nelle ultime settimane ha tenuto banco la polemica della nazionale norvegese di calcio, che sta discutendo della possibilità di boicottare il Mondiale di calcio del 2022. Al Qatar, paese ospitante, vengono imputati il mancato rispetto dei diritti umani, a causa dello sfruttamento dei lavoratori impegnati nella costruzione degli impianti che ospiteranno le partite. Secondo il Guardian sarebbero morti addirittura 6500 operai, la maggior parte immigrati provenienti da India, Bangladesh, Sri Lanka e Nepal, ridotti in una condizione di semi schiavitù. Per ora all’interno della Federazione Calcistica Norvegese non sono tutti d’accordo, nella votazione hanno vinto i No, ma il prossimo 20 giugno se ne discuterà nuovamente.

Lo stesso argomento è stato quindi toccato in questi giorni anche negli sport invernali. In Norvegia, ma anche in altri stati, si sta discutendo della possibilità di boicottare le Olimpiadi di Pechino del 2022, a causa delle numerose violazioni dei diritti umani da parte dello stato cinese. In particolare va ricordato che soltanto lo scorso 22 marzo, Unione Europea, Stati Uniti e Canada hanno sanzionato la Cina per la discriminazione e persecuzione nei confronti dei musulmani uiguri nella regione dello Xinjiang. La domanda che tanti si stanno ponendo è se sia eticamente giusto gareggiare in un evento che lo stato cinese utilizzerebbe come propaganda politca.

Netto e deciso l’intervento sull’argomento di chi a Pechino potrebbe vincere tante medaglie, Johannes Klæbo. «È un argomento di cui si discuterà sempre di più man mano che ci avvicineremo all’evento – ha affermato il campione norvegese a NRK – e dovremo quindi prendere una decisione a riguardo. Penso che dobbiamo sederci ad un tavolo tutti assieme, da squadra, noi atleti, gli allenatori, gli skiman e tutte le persone coinvolte. Non deve essere una persona da sola a prendere la decisione, ma dobbiamo farlo tutti assieme come squadra. Penso quindi che dedicheremo il tempo necessario a questo argomento nei mei a venire».

Già nei mesi scorsi l’argomento era stato affrontato dall’ex fondista Gudmund Skjedal, che ha avvertito gli atleti che potrebbero prestarsi involontariamente ad un gioco politico. A lui si è unito anche Ståle Solbakken, allenatore della nazionale di calcio: «Per me sport e politica sono collegati. Non è solo nel calcio. Ci sono appena state delle Olimpiadi in Cina ed ora ce ne saranno altre. Non possono essere sempre gli atleti a portare l’intero fardello di questo sulle loro spalle».

Klæbo
ha anche espresso la propria opinione sull’iniziativa dei calciatori norvegesi che hanno protestato contro i Mondiali in Qatar: «Si stanno prendendo delle responsabilità e questo è importante. Noi come sportivi possiamo fare molto. La cosa importante è rifletterci e mostrare come squadra ciò che è più importante per noi, quali valori dovremmo difendere. Ecco di cosa si tratta».

Al contrario, non si è espressa Therese Johaug: «Non ci ho pensato molto, ad essere sincera. Devo approfondire la questione prima di poter dire qualcosa».

L’ex sciatore Aksel Lund Svindal è convinto che non dovrebbero essere gli atleti a prendere delle decisioni, ma i dirigenti sportivi: «Se il sogno è di partecipare alle Olimpiadi, ti sei qualificato, ti sei allenato tutta la vita per questo, e nessun politico o dirigente sportivo prende una posizione, è ingiusto che sia l’atleta ad avere il peso della decisione. In occasione delle Olimpiadi di Sochi l’ho vista così. Penso sarebbe molto meglio per tutto lo sport, se la decisione venisse presa tutti insieme».

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