Lunedì pomeriggio, appena tornato da Östersund, dove ha ottenuto la sua seconda vittoria in Coppa del Mondo a sette anni di distanza dal successo di Anterselva del 2014, Lukas Hofer è intervenuto in diretta Instagram con Fondo Italia. L’azzurro ha toccato tantissimi argomenti, facendoci entrare all’interno della bolla IBU, ma anche parlandoci delle sue emozioni per la vittoria nella sprint e lasciandoci immergere nei pensieri dei biatleti nei momenti decisivi di una gara con presente tanto vento al poligono, come accaduto in Svezia.
L’azzurro del Centro Sportivo Carabinieri ha iniziato descrivendo ed applaudendo l’organizzazione dell’IBU nell’anno pandemico: «Per quanto riguarda il viaggio di ritorno da Östersund, sono venuti a prenderci direttamente in albergo per portarci in aeroporto, mentre i bagagli erano stati imbarcati già la domenica sera. Sul nostro volo erano presenti solo atleti e tecnici che facevano parte della bolla di Italia, Austria ed alcuni paesi dell’est. Sull’aereo era presente un’atleta per fila. Siamo atterrati a Vienna e da lì ognuno ha proseguito con il pulmino verso la propria nazione. Ovviamente abbiamo indossato la mascherina per tutto il tempo, ma ormai ci siamo abituati. Alla fine, per tutto l’anno l’abbiamo tolta solo in allenamento, gara, oppure durante i pasti ed ovviamente quando eravamo in camera. Avevamo tante regole da seguire, ma alla fine hanno retto bene, la bolla dell’IBU ha funzionato. È stato un anno complicato, abbiamo dovuto anche organizzarci con i tamponi che sono entrati nella nostra quotidianità nei weekend di gara, perché anche gli allenamenti o i massaggi andavano programmati in funzione di questo. Inoltre la nostra vita è stata soltanto albergo e pista, in quanto non si poteva mai uscire, altrimenti avremmo rischiato di rompere la bolla. Sono chiuso in casa praticamente da ottobre, da quando mi sono ammalato, ma era necessario e mi sono goduto ancora di più i momenti in cui ho fatto sport».
Ovviamente l’azzurro ha presto parlato della sua splendida vittoria: «È stato un momento che ho cercato per sette anni. Ci ho provato in ogni gara, è nel dna di ogni atleta voler vincere sempre. Durante la competizione non mi aspettavo di poter conquistare la parima piazza perché al primo giro ero imballato. Man mano mi sono sentito meglio, ho fatto un doppio zero e sapevo di essere lì davanti. È stato piacevole fare una gara del genere. Alla vigilia avevamo scelto il primo gruppo di partenza, perché la neve si era sempre sfarinata subito in quei giorni, quindi era stato facile decidere. Ma la notte sono cambiate le previsioni, abbiamo visto che sarebbe potuta arrivare la neve. Infatti è nevicato poco prima della gara, poi ha ricominciato verso il terzo o quarto gruppo. Durante la gara avevo come riferimento Johannes con il numero uno e avevo capito che stavo facendo una prestazione veramente buona. Sapevo che aveva commesso due errori, ma calcolando che solitamente sugli sci va molto forte, mi sono reso conte che forse era la giornata giusta. A dir la verità l’attesa è stata più dura della gara, ero lì ad aspettare che arrivassero tutti. Alla fine aspettavamo soprattutto Fillon Maillet e Jacquellin. Entrambi avevano fatto zero a terra, ma Emilien aveva perso tempo sugli sci, quindi restava Quentin. Quando ha sbagliato, abbiamo avuto quasi la certezza che avrei vinto. Ad Anterselva, Fillon Maillet mi aveva battuto di un decimo, stavolta mi sono rifatto».
Tantissimi i complimenti ricevuti da Hofer dopo la gara, un attestato di stima per lui ma anche l’indicazione di un movimento che cresce: «Fa tanto piacere, mostra anche quanto sia cresciuto il seguito del biathlon non solo all’estero, ma anche in Italia. Ho faticato a rispondere a tutti i messaggi, anzi, ho messo il telefono da parte perché non volevo distrarmi, consapevole che anche nella pursuit avrei potuto giocarmi le mie carte. Si vede quanto anche in Italia seguono il nostro sport. Si sa, da noi il calcio è al primo posto, poi magari ci sono sci alpino, formula 1, motociclismo, ma i risultati ottenuti anche dalla Dorothea negli anni scorsi, hanno fatto conoscere il biathlon e la sua bellezza, perché fino alla fine non sai mai cosa possa accadere, uno sport che piace tanto in tv».
L’azzurro ha saputo restare concentrato per la pursuit ed è arrivato il podio alle spalle di Lægreid e Johannes Bø, i due contender per la generale: «Quest’anno devo dire che mi sono divertito alcune volte lottando con i big. Quella di sabato è stata una gara particolare per me. Sono partito con il numero uno, era una situazione nuova. Sapevo che Samuelsson avrebbe fatto di tutto per chiudere il gap nel primo giro. Ma ero tranquillo, mi aspettavo che sarebbe arrivato. In gara sono stato sempre calmo, ma è stato così per tutto l’anno, sono stato più sciolto e sicuro al tiro, frutto di tutto l’allenamento svolto in estate e delle tante occasioni in cui sono stato nelle posizioni di testa senza poi salire sul podio, a differenza di quanto accaduto questa volta. La stagione? Alla fine penso sia stata la mia miglior stagione di sempre. Anche se nel 2018 chiusi quinto nella generale, per costanza e rendimento questa è stata la mia miglior stagione, nella quale ho ottenuto anche questi tre podi individuali che valgono tanto per me».
Hofer ha ammesso che lo scorso ottobre, quando aveva contratto il covid, non avrebbe immaginato di vivere una stagione così: «Quando mi sono malato ad ottobre, mai avrei immaginato di tornare alla vittoria in Coppa del Mondo proprio in questa stagione. I primi tre giorni erano stati molto pesanti perché non sapevo a cosa stessi andando incontro, come avrebbe influito sul mio stato fisico. Nei primi giorni ho avuto paura, ci ho messo un po’ a ritrovare tranquillità. Mi sono detto di superare quel periodo e di ripartire, cercando di rientrare bene in allenamento. Ci sono riuscito. Per questo sono ancora più orgoglioso di come è andata la stagione, non mi aspettavo questa costanza».
Ora la testa è al riposo, poi si ripartirà con l’obiettivo Pechino 2022. «Da maggio si ricomincerà pensando alla prossima stagione. Più o meno sarà una preparazione normale, alla fine la Coppa del Mondo inizierà nel solito periodo e l’appuntamento principale sarà a febbraio, più o meno come sempre. Quindi si cercherà di arrivare nella miglior forma per quel periodo. Il particolare di questa Olimpiade è che si svolgerà in quota, immagino che quindi ci saranno alcuni ritiri in altitudine per abituarci al cambiamento quando si arriverà lì in alto. Ma ancora dobbiamo pianificare. Se posso migliorare ancora? Ci sono già due o tre cose sulle quali so di poter migliorare. Ne ho già parlato con Zattoni. Si parla di atteggiamento tecnico su sciata e forza, lì c’è ancora margine per crescere nella velocità. Al tiro conto di fare qualche modifica al calciolo per essere più stabile in piedi».
Hofer è tornato quindi sull’ultimo weekend di Coppa del Mondo, parlando di cosa è accaduto a Wierer nell’ultima serie della mass start e a Johannes Bø nella serie conclusiva della pursuit. «Con Dorothea ho parlato, perché ci siamo incontrati nella skiroom. Non voleva tanto parlare, ma andare giù in albergo. La capisco, trovarsi in quella situazione non è facile. Lei ha provato a fare biathlon, in quel momento. Mi ha detto che non voleva buttare via i colpi, ci ha provato. Altri hanno sparato veloce, sbagliato e fatto penalità, sembrava quasi la miglior soluzione, ma non puoi saperlo perché magari il vento cala d’improvviso e li prendi. Lei ha lottato, il vento però non è sceso ma è aumentato, così tutte hanno lasciato la piazzola e la gara è andata. Non riusciva più a far nulla. Chi ha visto la gara può pensare che anche Bø nella pursuit avrebbe potuto perdere meno tempo, ma ha voluto provare a prenderli. È difficilissimo spiegarlo a chi non fa il nostro sport o non si trova a vivere quei momenti. Ti trovi in situazioni in cui come biatleta vorresti prendere i bersagli, sai che il vento va a folate e speri cali un momento per provarci. Passa il tempo e capisci anche che avresti potuto sparare e sbagliare, perché durante il tempo passato al poligono avresti già fatto uno, due o tre giri di penalità. È quanto credo sia successo anche a Johannes, ha trovato una situazione difficile sparando dalla piazzola uno, sapeva di giocarsi la generale e si sono sommate un insieme di cose che hanno reso difficile la gestione della situazione. Non è mai facile. Io ho vissuto una situazione simile ai Mondiali Giovanili di Ruhpolding. Avevo un vantaggio assurdo in staffetta, ma presi tre penalità, perché andai in tilt con la testa e non riuscii più a gestire la situazione, anche se era fattibile sparare e prenderli. Nel biathlon ti trovi di fronte a situazioni sempre nuove e programmare prima le cose non è possibile».
Hofer ha quindi descritto il poligono di Östersund, complicatissimo da leggere e gestire in certe condizioni, ha sottolineato l’importanza di curare i dettagli, quindi è tornato ad elogiare Bionaz e Giacomel, definendoli il “nostro futuro” e ammettendo che «mi tengono giovane. Il loro arrivo ha stimolato tanto anche me, mi sono trovato in una nuova situazione ma anche bella. Ci siamo aiutati a vicenda». All’azzurro è stato poi chiesto da un tifoso se crede che Lægreid possa ripetersi nella prossima stagione: «Me lo sono chiesto anch’io. Quest’anno non aveva pensieri né pressioni, partendo dall’ottimo finale scorso anno. Quando ha iniziato subito a vincere si è capito che il ragazzo era cresciuto tanto, ma che potesse avere questa continuità credo che non se lo aspettasse nessuno. Sono curioso di vedere se terrà questo ritmo, perché i media e non solo gli metteranno maggiore pressione. Per me era il favorito alla vigilia dell’ultima tappa, in quanto l’avevo visto più tranquillo al tiro. C’era sempre quella serie dove Johannes faceva fatica pur essendo più forte sugli sci. Lægreid ha avuto una percentuale assurda per tutta la stagione, ha fatto vedere il suo valore».
L’azzurro ha parlato anche di Johannes Bø, apparso stanchissimo fisicamente e mentalmente dopo l’ultima gara. «Secondo me è stata la stagione più difficile per Johannes. Forse dopo l’addio di Fourcarde si aspettava di vincere senza problemi, invece ha trovato un avversario ed in più proprio norvegese. Questo l’ha messo in difficoltà, soprattutto alla fine quando sapeva che avrebbe dovuto fare tutto al meglio per vincere».
Nella parte finale dell’intervista Hofer ha parlato del ritiro di Peiffer, che «è arrivato un po’ presto, anche se mi aveva dato due o tre indizi prima di Nove Mesto quando avevamo parlato. Sapevo che non sarebbe venuto ad Oestersund, perché stava nascendo il figlio e avrebbe rischiato di restare in quarantena in Germania. Però quando ha annunciato l’addio mi ha sorpreso, ma alla fine ha smesso da campione». Poi ha parlato del suo futuro: «Anterselva 2026? Non lo so ancora. Il mio obiettivo era di iniziare e concludere nella stessa località. Ho esordito in Coppa del Mondo nel 2009 ad Oberhof e credevo di smettere nel 2023 con i Mondiali di Oberhof. Poi sono arrivate queste Olimpiadi in casa. Vedremo alla fine del 2023 come starà il mio fisico. Sicuramente non accetterei di andare alle Olimpiadi per partecipare. Se decidessi di andare avanti lo farei con la convinzione di essere ancora competitivo per fare risultato».