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Sci di fondo

ANALISI – Incidente Bolshunov-Klæbo: il fallito capolavoro tattico del russo e i rimpianti del norvegese

Ieri, dopo il finale thrilling della 50 iridata di Oberstdorf, la direzione gara della FIS dello sci di fondo deve aver invidiato parecchio la natura di uno sport come il calcio, riformato sacrosantamente attraverso l’introduzione della VAR dopo anni di dibattito sul presunto “fascino dell’errore umano”, svuotando di valore le contigue bestialità, a cominciare dallo slogan curvista “arbitro venduto”, buone per ogni episodio contro la propria squadra-fazione.
Nel calcio di oggi si può fermare il gioco e rivedere ciò che l’occhio non ha colto, correggere decisioni sbagliate, indi avvicinarsi all’imparzialità. Nello sci di fondo questo ovviamente non è possibile se non a gara conclusa.
Dopo una stagione complicata in prima battuta dall’incubo pandemico, successivamente dalle defezioni delle nazioni nordiche a dicembre, protrattesi fino a gennaio per i norvegesi, la pessima pubblicità della querelle Bolshunov-Mäki (verrà richiamata anche nella riflessione di questo articolo), le clamorose topiche della FIS sui casi Chervotkin e Lampic al Tour de Ski, e l’allestimento di un tracciato “criminale” a Falun, che ha messo a rischio l’incolumità degli atleti, il citofonato epilogo “splatter” da film dell’orrore non poteva che essere questo: una bellissima sfida fra due atleti straordinari e due Paesi sportivamente più che rivali rovinata da una decisione ex post della direzione gara.
Parere personale, la decisione di Mignerey e co. è stata dolorosa per il già sconquassato mondo dello sci di fondo ma sostanzialmente corretta. Ricordando che potrebbe non essere definitiva, mentre attendiamo il verdetto della commissione esterna FIS con funzione di corte d’appello nelle prossime ore.
Sorvolando sulla sterile e tossica diatriba social, dove le persone arrivano a piegare, oltre al regolamento, perfino la realtà delle numerose immagini televisive a sostegno della propria faziosa posizione, ciò che qui mi interessa è riportare la discussione nell’alveo dello sport e dell’agonismo, provando a interpretare le scelte operate dai due atleti coinvolti, il come e il perché si è arrivati a questo incidente.
SALTO DI QUALITA’
Che Johannes Høsflot Klæbo potesse essere uno dei favoriti della 50, nonostante non fosse mai arrivato meglio di 15° nei tre precedenti in Coppa del Mondo, se n’erano accorti i più attenti già dopo il 4° posto dello skiathlon della prima settimana, poiché in una gara fisicamente più estenuante di quella di ieri, gli era mancato concretamente poco per riuscire a restare con i primi tre e giocarsi la vittoria sul suo terreno favorito, quello della volata.
Aggiungerei inoltre che, pur nella completezza di un atleta fenomenale, la tecnica classica rimane la sua favorita. I risultati parlano chiaro: nelle gare a cronometro il bottino è di 2 vittorie e 2 secondi posti nell’antico passo, mentre in skating vanta due piazzamenti al 7° posto. 
Klæbo è stato finalmente all’altezza della gara più lunga dello sci di fondo, superando il complesso della crisi del 40° chilometro che nei precedenti lo aveva fatto sprofondare nelle retrovie in un paio di occasioni. Tuttavia, l’impressione visiva che ha lasciato ieri è stata di poca lucidità nel momento cruciale, vuoi per un peccato di superbia, la sovrastima del proprio piano tattico, o semplicemente tanta stanchezza. 
QUESTIONE DI STRATEGIA
Klæbo prima della 50 aveva disputato 6 volate a Oberstdorf, 3 in skating (batteria e finale team sprint, staffetta) e 3 in classico (quarti, semifinale e finale sprint). Il suo approccio è stato differente nelle due tecniche:
– in skating, ignorando l’agevole batteria della team sprint, in finale contro Mäki e in staffetta contro Bolshunov ha sempre cercato di fare la differenza sull’ultima salita, entrando nel rettilineo con un vantaggio di sicurezza;
– in classico, ogni turno della vittoriosa sprint, ha sempre scelto il “binario 4”, quello più esterno, entrando in seconda posizione, mentre Valnes, compagno di viaggio in ogni round, imboccava il rettilineo costantemente davanti, optando per la traiettoria più diretta e naturale del “binario 3”;
LO STUDIO DELL’ AVVERSARIO
Alexander Bolshunov è stato spesso sottovalutato dal punto di vista tattico in passato. Certo, alcune gare le ha perse per troppa generosità o per non essersi mosso al momento opportuno come avrebbe dovuto.
Il ragazzo questa volta però ha fatto bene i compiti e piegato il regolamento alle sue necessità, allungando la traiettoria d’ingresso in rettilineo (suo diritto essendo davanti) con l’opzione “binario 4”. Si è quindi rifiutato di diventare la vittima sacrificale come Valnes e ha mandato in confusione Klæbo che già pregustava un agevole sorpasso all’esterno sfruttandone la scia. Il norvegese, invece di rallentare e perdere tempo scegliendo il “binario 3” per rilanciare lo sprint, ha forzato la situazione provando ad affiancare Bolshunov dove non c’era spazio con conseguente contatto e rottura del bastone del russo.
Bolshunov, conscio di non essere veloce quanto il norvegese allo sprint, ha messo in campo tutte le armi che aveva rimanendo nei limiti. Un’eventuale sanzione per una pattinata di troppo non avrebbe contemplato una squalifica, ma un’ammonizione verbale o nel peggiore dei casi un cartellino giallo.
Dal canto suo, Klæbo si è spinto troppo oltre dopo essere stato battuto tatticamente. Non ha accettato il fallimento della sua strategia primaria e ha insistito nel cercare spazio dove non c’era, arrecando un danno al russo. Ammesso e non concesso che avesse ancora energia sufficiente per attivare il suo miglior sprint, l’impressione avuta è stata quella di un atleta abituato a vincere volate con il pilota automatico, stanco e improvvisamente disorientato dalla situazione.
IL PRECEDENTE
L’incidente di Lahti con Joni Mäki, dove venne squalificata la staffetta russa, ha avuto certamente un peso nell’attuazione del piano tattico da parte di Bolshunov, che in quell’occasione avrebbe meritato delle sanzioni molto più pesanti per il suo inqualificabile comportamento.
Il russo non ha fatto altro che replicare in tecnica classica con Klæbo, la strategia che il finlandese mise in pratica con lui in skating. Nel caso di Lahti la squalifica avvenne per una condotta antisportiva, mentre a Oberstdorf la regola richiamata, la 343.10, parla di “overtaking”, sorpasso:
343.10.2 Per tutte le altre competizioni (la 343.10.1 si riferisce alle gare a intervalli), quando si effettua un sorpasso i concorrenti non devono causare nessuna ostruzione (ostacolo, intralcio, impedimento…). La responsabilità di un corretto sorpasso senza ostruzione è dello sciatore che effettua il sorpasso. Lo sciatore che effettua il sorpasso deve avere gli sci davanti allo sciatore sorpassato prima di scegliere la traiettoria preferita.
Per completezza:
343.11 In sezioni con corridoi delimitati, i concorrenti devono sceglierne uno. Un concorrente è autorizzato a lasciare il corridoio scelto fintanto che si rispetta la regola 343.9.
343.9 In tutte le competizioni l’ostruzione non è permessa. Per ostruzione si intende un comportamento teso a impedire, bloccare, caricare o spingere deliberatamente ogni concorrente con qualsiasi parte del corpo o dell’attrezzatura da sci.
In conclusione, se Klæbo fosse riuscito a sorpassare all’esterno Bolshunov senza danneggiarlo, cosa altamente improbabile con l’esiguo spazio rimasto, non ci sarebbe stata squalifica. Le regole citate spiegano in maniera chiara e semplice i motivi del provvedimento.

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