La sua prestazione sul Cermis ha fatto crescere ulteriormente la stima dei tifosi italiani per Federico Pellegrino, che ne hanno apprezzato la voglia di combattere contro la fatica fino all’ultimo metro del Cermis nel suo primo Tour de Ski completo, ottenendo un 16° posto nella tappa conclusiva, dopo aver recuperato numerose posizioni con un poderoso sprint finale, e 14° in quella del Tour.
Al termine della gara il poliziotto di Nus si è presentato in mixed zone orgoglioso di se stesso e consapevole di aver dato tutto. L’azzurro ha parlato della competizione odierna, ha ammesso anche di essersi divertito e ha voluto ringraziare chi si è preso cura di lui, ma soprattutto ha voluto rendere omaggio ai tre comitati organizzatori delle località che hanno ospitato l’intero evento: Val Müstair, Dobbiaco e Val di Fiemme.
Ciao Federico. Direi che hai onorato al massimo la tua prima partecipazione al Cermis.
«Oggi mi sono divertito, ho vissuto questa gara come una prima volta. Ero molto agitato, ho passato tutto il giorno a chiedere a Defa, Giando e Mirco consigli su come affrontarla e cosa aspettarmi. Ho cercato di stare nelle posizioni di testa fino alla salita per evitare problemi sfruttando anche il pettorale basso, poi sono partito un po’ abbottonato perché non avevo mai affrontato questa salita. Piano piano mi sono reso conto di aver trovato la mia dimensione e posizione. Alla fine ho raggiunto quel gruppetto davanti e sprintato. Sicuramente mi piace questo tipo di sforzo, durante l’estate noi fondisti ci ammazziamo di fatica, allenamenti del genere ne facciamo tanti. Purtroppo molti non lo sanno, perché c’è un pensiero viziato anche da chi a volte ci racconta nel modo sbagliato, non per quello che siamo ma ciò che in passato qualcuno avrebbe voluto essere. Oggi mi sono ritrovato in quelle sensazioni estive, lì dentro ci sguazzo, mi diverto. Negli anni ho imparato ad amare il mio lavoro in tutti i suoi aspetti, anche quello dell’allenamento e della fatica».
Nel finale ti abbiamo anche visto sprintare. Hai dato tutto fino all’ultimo metro.
«Questo è dovuto al fatto che ogni fisico ha le sue caratteristiche, io ho la capacità di distruggermi in meno di dieci secondi se voglio, ma qui non potevo farlo. È stato un accumulo di lattato molto dolce e delicato fino al momento in cui ho avuto la possibilità di sfogare i cavalli. Col senno di poi, dovesse mai esserci un’altra partecipazione al Cermis, probabilmente correrei in maniera diversa, cercando di spingermi un po’ di più verso il limite anche nella parte più ripida».
Qual è il tuo bilancio conclusivo di questo Tour de Ski?
«Sicuramente più che positivo, vista la vittoria di Val Müstair e il quarto posto in Val di Fiemme su un percorso non adatto alle mie caratteristiche. Ho portato a termine il mio primo Tour de Ski lottando in ogni gara, dalla prima all’ultima, cercando di lottare anche contro me stesso perché riuscire a far sì che tutto vada bene nel corso dell’interno Tour de Ski è quasi impossibile. Ho imparato a conoscermi un po’ di più sotto alcuni punti di vista. Ma alla fine è stato più un allenamento in funzione di una sperata super compensazione futura. Quello che ci tengo veramente a dire è un grande grazie ai comitati organizzatori della Val di Fiemme, di Dobbiaco e di Val Müstair, perché sono riusciti a organizzare queste gare veramente al meglio. Probabilmente questa situazione generale ha fatto sì che i comitati organizzatori si spingessero ancora di più verso la professionalità, il rigore e l’organizzazione. In più mi sono sentito al sicuro. Ho sempre visto che dove c’era da mettere le mascherine, tutti le portavano. Nonostante tutto abbiamo avuto la possibilità di lavorare in sicurezza, una cosa che di questi tempi non è così scontata. Quindi ci tengo a ringraziare i comitati organizzatori per questo. Ci tenevo poi a fare anche un altro ringraziamento».
Vai pure.
«A tutti i tecnici che mi hanno permesso di essere performante in tutte le gare. C’è chi si è occupato del mio fisico e chi dei materiali fin dall’estate. Il poter essere sempre sul pezzo e pronto a dare il massimo in un Tour de Ski, con otto gare in dieci giorni, è sicuramente merito di chi ha curato il mio fisico e chi mi ha messo sempre sotto i piedi dei grandi materiali».
Una curiosità personale. Qual è la differenza tra questa gara in salita sul Cermis e la sprint di Åre?
«Nella sprint non hai tempo di pensare e di ascoltarti, tu vai e basta. Qui invece puoi ascoltarti, fare attenzione a tante piccole cose. Sicuramente anche per la gara di oggi ho tante cose segnate nella mia testa da non sbagliare in futuro per poter fare meglio. Però le sprint sono qualcosa di speciale, mi lasciano un gusto diverso».