Hanno conquistato la Svezia, che settimana dopo settimana si sta appassionando sempre di più al biathlon. Le sorelle Hanna ed Elvira Öberg stanno catturando le attenzioni dei media nazionali. L’Expressen è andato alle origini della storia di queste due fortissime atlete, ricordando come un ruolo fondamentale sia stato di Tomas Öberg, il papà delle due atlete.
In un’intervista passata, Hanna Öberg aveva raccontato i suoi particolari inizi a Vallsberget. «Non avevamo un poligono di tiro per il biathlon, ma sul retro c’era un poligono di tiro all’alce (poligoni di tiro rudimentali dove si allenano i cacciatori, ndr), dove papà fissava un bersaglio. Ci sdraiavamo sopra dei materassini e sparavamo, sfruttando un altro materassino arrotolato come supporto».
La piccola cittadina di Svensbyn, 350 anime, era nota per la sua focaccia croccante e le sue torte. Probabilmente sarebbe ancora così se il reggimento delle forze armate svedesi della Lapponia a Kiruna, del quale faceva parte papà Tomas, non fosse stato sciolto poco prima di fine millennio. Dopo un anno a Boden, capitan Öberg decise nel 2002 di trasferirsi più a sud, nella sua vecchia città Natale. Con lui si trasferì la famiglia, la moglie Viktoria insieme alle bambine Hanna (6 anni) ed Elvira (3 anni). Lo stesso Tomas era stato un biatleta negli anni novanta arrivando anche ad un passo dall’ingresso in nazionale. Allora si accorse che a Vallsberget al Lindbackstadion, ex stadio sciistico, fuori Svensbyn, mancava un poligono.
A quel punto papà Tomas si attivò per cambiare le cose: «Parlai con i vari proprietari dei terreni e con il circolo di caccia per poter utilizzare il poligono di tiro alce anche durante l’inverno. Nel frattempo vidi che c’era lo spazio per fare la pista e osservammo un po’ più da vicino dove volavamo il poligono di tiro».
Vennero così acquistati i bersagli da Hedenäset a Tornedale, 700 km andata e ritorno, in modo che il poligono di tiro potesse essere completamente rivoluzionato. Il resto venne fatto grazie all’aiuto di alcuni abitanti di Svensbyn che prestarono alcune cose necessarie e si utilizzò parte della struttura del poligono di tiro già esistente. Infine fu stabilito un contatto con lo sci club di Hemmingsmark, fuori Piteå, dove vivevano sia Hanna che Elvira.
Lo stadio venne quindi inaugurato nel marzo 2008 e nell’occasione era presente anche Björn Ferry, che gareggiò in una sprint dimostrativa proprio con Hanna Öberg e la sua amica di infanzia Anna Magnusson. «Andai lì in occasione dei Campionati Nazionali di Boden – ha ricordato Ferry all’Expressen – feci ovviamente un percorso più lungo rispetto ad Hanna e Anna, ma penso che riuscii a prenderle. Ricevetti una tazza da tè disegnata dalla signora Viktoria, la mamma ai Hanna ed Elvira».
Papà Tomas ha quindi descritto all’Expressen i primi passi nel biathlon di Hanna ed Elvira. «Sicuramente ho subito visto che a quell’età le ragazze sono più brave a comprendere le istruzioni ed applicarle. Hanna ha subito ritenuto molto divertente il biathlon. Questa è una cosa fondamentale se vuoi migliorare sempre di più. Elvira ci ha provato, ma era troppo giovane per capire quanto fosse divertente. Il biathlon è uno sport troppo difficile a sette anni».
L’ex militare ha così proseguito il racconto: «Quando aveva 12-13 anni, Hanna ha iniziato a voler migliorare sempre di più il suo tiro. Ha anche trovato il modo per maneggiare l’arma più velocemente. Hanna è stata molto competitiva al poligono fin dalla tenera età».
Ora le due sorelle sono tra le grandi protagoniste della Coppa del Mondo di biathlon. Un orgoglio per papà Tomas: «Mi pizzico il braccio ogni giorno. È davvero emozionante per me vederle in tv. Dopo aver passato tutte quelle migliaia di ore a seguirle, ogni singolo allenamento sugli sci e ogni singolo colpo durante la loro carriera».
Oggi ovviamente Hanna ed Elvira non hanno tante possibilità di recarsi a Svensbyn dove ancora risiede la famiglia: «Tre o quattro volte all’anno sono a casa qui a Svensbyn. In estate si allenano con gli skiroll nel loro stadio di casa. Tuttavia, parliamo quasi tutti i giorni, ovviamente di cose generali, ma presto si parla di allenamento e tutto il resto. Dopo le gare il modo in cui si svolge la conversazione varia molto, a seconda di come è andata la gara per l’una e per l’altra. Vogliono essere le migliori al mondo, ma non possono esserlo sempre».