Nonostante il governo norvegese abbia inserito l’Italia nella lista rossa, costringendo quindi alla quarantena obbligatoria tutte le persone che si recano e tornano dal nostro paese, sconsigliando ovviamente viaggi in Italia, la nazionale norvegese di biathlon ha deciso di essere anche pronta a sopportare le possibili critiche pur di svolgere un raduno in quota a Lavazè.
La nazionale femminile e maschile raggiungerà la località trentina il prossimo 5 ottobre per restarvi oltre due settimane, dal momento che il ritorno in Norvegia è previsto per il 23 ottobre. A spiegare le motivazioni della scelta è Per-Arne Botnan, manager della nazionale di biathlon, in un’intervista a VG: «Abbiamo fatto un’analisi approfondita assieme al team sanitario e siamo pronti a svolgere il nostro raduno in quota. Se il rischio di infezione dovesse cambiare, dovremo fare una nuova valutazione». Insomma in questo ultimo periodo staff medico e organizzativo della squadra norvegese ha monitorato con grandissima attenzione i dati provenienti dall’Italia, ritenendo più che sicura la località trentina.
Botnan non si preoccupa dei giudizi esterni: «Ci sarà sempre qualcuno che criticherà la nostra scelta e chi non capisce quanto sia importante per i biatleti questo raduno in quota. Questo è il loro lavoro. Quello che facciamo ora avrà un peso importante sia sui prossimi Mondiali che sulle Olimpiadi. Detto questo, ovviamente non viaggeremo a ogni costo».
A differenza delle nazionali del centro Europa, come Francia, Germania e Italia, che hanno già potuto svolgere gli allenamenti in quota, la nazionale norvegese ne ha persi due. «Diamo la priorità al regolare svolgimento di questo raduno – ha chiarito Botnan – abbiamo avuto delle buone esperienze con i raduni a quella quota (1800 metri) lo scorso anno».
Gli atleti della nazionale norvegese, però, secondo quanto deciso dal governo, dovranno sostenere due settimane di quarantena appena tornati in patria. Eppure Botnan spera che la cosa si possa aggirare facendo immediatamente dei tamponi a ritorno, riducendo così i tempi: «Se dopo il viaggio di ritorno facessimo il test per il Covid-19 a Gardermoen (aeroporto di Oslo, ndr) e un altro cinque giorni dopo, in caso di risultati negativi per entrambi, potremmo ricominciare subito l’allenamento all’aperto». Insomma appena cinque giorni di stop anziché quattordici, che è quanto ha invece dovuto fare Vetle Sjåstad Christiansen, che ha appena terminato le due settimane di quarantena dopo aver deciso autonomamente di recarsi in Italia, proprio a Lavazè, per allenarsi: «È un po’ ironico che io sia partito quando l’Italia era ancora gialla. Detto questo, mi sentivo più al sicuro in mezzo a un passo delle montagne, che per le vie di Oslo. Era come se mi sentissi un po’ solo lassù. Non credo ci siano residenti permanenti a Lavazè». L’atleta norvegese è rimasto entusiasta dell’esperienza e della nuova pista da skiroll di Lavazè, dove «ho praticamente vissuto».
Tutto perfettamente organizzato dallo staff norvegese con l’hotel dove soggiornerà la squadra. L’Albergo Dolomiti, dove spesso soggiornano le squadre italiane di fondo, sarà a completa disposizione del team, che porterà con sé il proprio cuoco e tanto cibo. Ciò che mancherà sarà portato “alla porta”. Mentre per il viaggio la squadra volerà fino a Monaco di Baviera, quindi noleggerà dei mezzi su ruota per raggiungere l’Italia. Insomma massima sicurezza pur di svolgere un raduno in quota e sicuramente anche un bel ritorno di immagine per il nostro paese, sempre apprezzato dalle nazionali straniere per gli allenamenti.