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Prostituzione e coronavirus: La pandemia acuisce la povertà delle donne che esercitano la prostituzione

Il lockdown a cui tutti siamo stati sottoposti durante lo stato di emergenza ha colpito gravemente il settore della prostituzione. Le donne che fanno questo mestiere hanno vissuto una situazione di precarietà disperata e, in questi mesi, molte di loro non hanno avuto altra soluzione che continuare a lavorare. Imprese serie e professionali come Mill’Erotici sono state responsabili e hanno seguito le direttive delle autorità, ma non tutti hanno agito allo stesso modo. In questo articolo analizziamo il settore della prostituzione durante la pandemia del coronavirus.
Le misure imposte dal Governo servono a qualcosa?
È vero che la prostituzione è diminuita a seguito della COVID-19, ma ha proseguito la sua attività per le strade senza scomparire del tutto. Inoltre, alle persone diventate vittime della tratta con l’obiettivo dello sfruttamento sessuale è risultato impossibile ottenere le informazioni e le risorse di cui hanno bisogno per fronteggiare lo stato di emergenza.
Il punto è che il Ministero dell’Uguaglianza ha pubblicato una sorta di guida con gli strumenti per facilitare la loro attenzione a cui possono accedere 24 ore su 24, nonché con alcuni dei diritti a cui potrebbero ricorrere finché proseguirà il tempo di confinamento a seguito del coronavirus.
Tra le misure annunciate spiccano le soluzioni di vivibilità per garantire un alloggio sicuro in cui possono essere accolte. Allo stesso modo, il diritto a essere informate attraverso numeri di organizzazioni e servizi della Polizia, e persino la possibilità di aggiungere un reddito minimo di inclusione per le donne in situazione di vulnerabilità, comprese quelle che si trovano in una situazione irregolare.
Tuttavia, data la spiacevole situazione economica e sociale a cui devono far fronte ogni giorno queste donne, non possono accedere a servizi basilari come questi. In questo modo, la loro situazione di povertà, precarietà ed esclusione risulta pietosa. Inoltre, le organizzazioni che lavorano con queste vittime hanno manifestato il loro malessere perché alcune misure fondamentali annunciate dal governo (vivibilità e reddito di cittadinanza minimo) non sono ancora disponibili.
Più povertà, più violenza
Alcuni studi sul tema, come quello realizzato dall’istituzione Suore Oblate del Santissimo Redentore, sono arrivati alla conclusione che la prostituzione esercitata sia per la strada che in alcuni locali chiusi è diminuita. Tuttavia, il nuovo scenario di confinamento a cui sono state costrette queste donne ha dato luogo a una nuova situazione di vulnerabilità.
In questo modo, le operatrici del sesso che esercitavano per la strada sono state costrette a interrompere del tutto la loro attività, il che ha impedito loro di continuare a mantenere la famiglia. In quanto alle donne che lavorano in club o in appartamenti, durante il lockdown sono state costrette a continuare con il pagamento dell’alloggio, per cui i debiti con creditori o protettori sono inevitabilmente aumentati.
Per contro vi è il fatto che le donne, vittime della tratta, devono proseguire la loro attività in quanto costrette dalle persone che le mantengono. Anche le prostitute che hanno deciso di cambiare il loro stile di vita e hanno scelto di prendersi cura dei più anziani o di dedicarsi alle mansioni domestiche hanno perso il lavoro.
In questo modo, la situazione di povertà, esclusione e precarietà in cui vivono queste donne si è aggravata in questo periodo. Anche durante il lockdown, sono aumentati sia la coercizione che lo sfruttamento e la violenza. Questo isolamento ha dato luogo allo sviluppo della tecnologia con una nuova forma di prostituzione.
Comunque sia, le prostitute hanno un bisogno urgente di sostegno morale e di avere accesso alle esigenze basilari di cui tutte le persone dovrebbero godere in termini di vitto e alloggio.

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