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Biathlon , Sci di fondo

Fondo e Biathlon – Yuri Kaminsky: “Ai miei atleti dico di controllare ogni farmaco, anche se lo ricevono dal medico della squadra”

Nella guerra interna al biathlon russo, ci si attacca anche attraverso accuse di doping. È accaduto quando il presidente Drachev era stato battuto nel consigli della RBU sulla scelta degli allenatori, con Polkhovsky divenuto allenatore responsabile, affiancato da Kabukov e Korolkevich rispettivamente alla guida delle squadre maschile e femminile. A quel punto Drachev aveva accusato i due allenatori di un passato legato al doping, mentre l’ex allenatore Khovantsev se l’era presa apertamente con Polkhovsky. Tutti sappiamo poi com’è finita, con l’attuale presidente della RBU capace di contrastare quanto deciso dal consiglio non mettendo la propria firma sul documento presentato al Ministro dello Sport russo, per poi rimuovere Polkhovsky dal ruolo di allenatore responsabile, scegliendo Yuri Kaminsky per la squadra maschile e Mikhail Shashilov per quella femminile.

Ovviamente anche in questo caso le polemiche non sono mancate. Innanzitutto perché Kaminsky non ha esperienza diretta col biathlon, avendo sempre guidato – e con grandi risultati – lo sci di fondo, poi in quanto alcuni hanno sottolineato che pure il suo nome sarebbe legato ad alcune vicende di doping, visto che guidava il Kazakistan di Poltoranin.

Accuse alle quali Kaminsky, ex allenatore di Kryukov, ha immediatamente risposto, spiegando di non aver mai avuto nulla a che fare col doping, semmai l’ha combattuto per tutti questi anni. «Poltoranin è una persona molto chiusa – ha raccontato a sports.ru – so poco della sua vicenda doping e principalmente attraverso i media. Si è preparato separatamente rispetto al resto della squadra e quando è stato condannato ai Mondiali, ha fatto le valigie e ne è andato subito. Certo, dà fastidio quando uno dei tuoi atleti non supera i controlli. Abbiamo parlato con lui prima del via della Coppa del Mondo e l’ho anche avvertito: sei il caposquadra e un atleta in corsa per le medaglie, quindi sarai anche controllato molto. Il numero dei suoi test era aumentato prima del Mondiale, a quanto pare avevano capito qualcosa, magari vedendo il suo passaporto biologico. L’abbiamo analizzato più tardi. Così Poltoranin è salito sul podio e tutto il resto. D’estate, in un raduno era con noi e non usava nulla. Ma forse in estate non ha senso farlo».

Non soltanto Poltoranin, qualcuno ha legato a Kaminsky anche la squalifica di Natalya Matveeva per l’EPO nel 2009, quando lui guidava la squadra russa. «In realtà eravamo divisi in due gruppi diversi, quindi io in quel periodo non avevo nulla a che fare con Matveeva. Non posso dire assolutamente nulla».

Kaminsky ha poi spiegato di essere stato sempre contrario al doping e di aver messo anche in guardia i suoi atleti dicendo di fare attenzione: «Quando dal 2010 è iniziata la storia dell’EPO, i miei atleti non hanno preso nemmeno l’acqua dalle mani di uno sconosciuto, perché avevano paura. Addirittura erano spaventati anche delle persone di cui si fidavano. Personalmente ho convinto Panzhinskiy a prendere delle vitamine alle Olimpiadi di Vancouver, perché eravamo in alta montagna e senza di esse sarebbe stato difficile sopportare l’altezza».

L’allenatore ha poi aggiunto: «Ho abituato a lungo i miei atleti al fatto che, se prendono un farmaco, è necessario controllare la data di scadenza, scoprire da cosa è composto e se c’è qualcosa di dopante. Devono farlo anche se hanno ricevuto il farmaco dal medico della squadra. Da una parte potrebbe sembrare eccessivo, ma è meglio essere vigili».

Kaminsky ha quindi concluso affermando che, in alcune occasioni, degli atleti russi sono stati sospesi soltanto per motivi politici, come accaduto a due suoi atleti. «Ricordo anche che diversi anni fa alcuni atleti russi sono stati squalificati solo per motivi politici. Posso dirlo, per esempio, con Petukhov e Kryukov. Ricordo quando nel 2017, il capo dell’agenzia antidoping finlandese, che per la WADA aveva supervisionato il nostro team, si avvicinò ai nostri due atleti e gli disse che li aveva seguiti sin dai loro inizi e non aveva mai avuto alcun dubbio sui loro passaporti»

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