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Sci di fondo

Divieto dei prodotti fluorurati, Maflon Spa fa vertenza alla FIS: a Fondo Italia l’azienda motiva la sua azione

La decisione della FIS di vietare, a partire dalla stagione 2020/21, l’utilizzo di prodotti fluorurati da applicare sotto gli sci, potrebbe presto finire in tribunale. È partita già da alcune settimane la vertenza legale nei confronti della FIS da parte della Maflon Spa, azienda leader a livello mondiale, specializzata nella produzione di prodotti fluorurati ad elevato contenuto tecnologico, che al suo interno ha anche la Maplus, divisione specializzata nelle scioline e negli accessori tecnici per la preparazione degli sci.

L’azienda si è già mossa mandando alla FIS una lettera informativa di diffida, senza avere ancora alcuna risposta. L’obiettivo della Maflon, azienda italiana che ha sede a Castelli Calepio, in provincia di Bergamo, è ricevere un risarcimento di 10 milioni per gli investimenti fatti negli ultimi anni per cercare nuove tecnologie che permettessero di formulare prodotti conformi al nuovo regolamento che vieterà il PFOA dal 4 luglio 2020 e renderlo così conforme alle leggi europee, resi vani dalla decisione improvvisa della Federazione Internazionale degli Sport Invernali di vietare completamente l’uso del fluoro.

Per comprendere bene l’azione di Maflon Spa bisogna tornare indietro nel tempo, più precisamente al maggio del 2015, quando l’Unione Europea, tramite l’apposita Agenzia Europea Delle Sostanze Chimiche (ECHA) decise di vietare la produzione e l’immissione sul mercato di tutti i prodotti contenenti PFOA, acido perfluoroottanoico, in concentrazioni superiori a 25 PPB a partire dal 4 luglio 2020, in quanto potrebbe avere effetti negativi sulla salute. Questa sostanza è contenuta in minima parte, solo come impurità, nei prodotti fluorurati che servono a far scorrere lo sci, ma anche in prodotti che rendono i tessuti impermeabili all’acqua, nelle pentole antiaderenti o in schiume antincendio per le sue caratteristiche di idrorepellenza. Dal momento che nei prodotti da apporre sotto gli sci, il PFOA è soltanto un’impurità e non serve a rendere lo sci più scorrevole, Maflon ha investito tanto in questi anni per riuscire a creare prodotti fluorurati innovativi con una maggiore scorrevolezza e con la concentrazione di PFOA consentita dalla legge. Dopo tanto lavoro, l’obiettivo era stato raggiunto, tanto che già lo scorso anno Maplus aveva fatto testare questi prodotti, ottenendo i risultati sperati quanto a velocità e durata, al punto che inconsapevolmente, coloro che li avevano provati, non avevano notato alcuna differenza con la precedente versione. Insomma dopo aver investito tanto, la Maplus aveva in mano un prodotto a norma di legge ed identico per prestazioni a quello precedente.

Proprio in quel momento, però, è arrivata l’improvvisa decisione della FIS, che spinta dalla campagna mediatica contro il fluoro, iniziata in Norvegia, ha annunciato il divieto, a partire dalla stagione 2020/21, dell’utilizzo dei prodotti fluorurati da applicare sotto gli sci. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno, in quanto le aziende non erano preparate a una tale eventualità, anche perché il problema era stato discusso per la prima volta soltanto nell’ottobre 2019, appena un mese prima del comunicato ufficiale della FIS, che il 23 novembre 2019 ne ha annunciato il divieto a partire dalla stagione successiva. Soltanto la Vauhti, il cui CEO è Martti Uusitalo, membro anche del consiglio della FIS, con un’incredibile tempestività, è riuscita a presentare una nuova linea di prodotti non fluorurati già la settimana successiva, in occasione della tappa di Coppa del Mondo a Ruka. Ovviamente anche le altre aziende sono al lavoro per trovare il miglior materiale possibile da mettere sotto gli sci, ma la situazione caotica della quale vi abbiamo già parlato in un precedente articolo, non aiuta.

«L’azione contro la FIS è motivata dal fatto che abbiamo svolto un grande lavoro di ricerca per cinque anni, investito tanto e acquistato un nuovo impianto di produzione – ha affermato Elena Mostoni, responsabile della Maplus, a Fondo Italiaper noi non si tratta soltanto delle attuali e future perdite di vendita, ma soprattutto di tutti i costi sostenuti per svolgere un lavoro di ricerca e sviluppo per adeguarsi alla normativa europea. Troviamo ingiusto che un’associazione sovranazionale, si metta al di sopra dell’UE e vieti il fluoro, per altro con una tempistica piuttosto discutibile, se si considera che l’annuncio è stato fatto d’improvviso a novembre, dando meno di un anno alle aziende per trovare una soluzione. Una decisione presa senza alcuna base scientifica, che si regge sull’errata convinzione che il fluoro faccia male, quando è presente anche nelle mascherine lavabili e riutilizzabili che milioni di persone stanno utilizzando in questo periodo. Un elemento che è addirittura contenuto nei medicinali HIV. Come può la FIS dirci che è dannoso? Se questo presupposto scientifico fosse corretto, perché l’Unione Europea non starebbe vietando anche il fluoro così come ha fatto con quelli contenti PFOA? Qualcuno in FIS ci ha giustificato questa scelta, asserendo che sarebbe stato troppo difficile trovare tracce di PFOA attraverso i controlli, ma noi abbiamo un prodotto fluorurato innovativo con performance eccellenti e nel pieno rispetto della normativa europea».

Senza tralasciare poi l’aspetto sportivo, in quanto si potrebbe creare il problema di "doping dei materiali". Come si è già dibattuto più volte, infatti, al momento la FIS non ha ancora trovato uno strumento di rilevamento del fluoro certo. Presto dovrebbe arrivare un prototipo di pistola, che attraverso un laser puntato sulla soletta, sarebbe in grado di segnalare la presenza del fluoro nei prodotti applicati sotto lo sci. In ogni caso si parla di appena dieci prototipi, che ovviamente non basterebbero a coprire tutte le gare delle discipline FIS coinvolte (fondo, combinata nordica, sci alpino, snowboard, skicross e così via…), figuriamoci se anche l’IBU dovesse decidere per il divieto già a partire dalla prossima stagione. Il biathlon, infatti, non ha ancora preso una decisione in merito, in quanto vorrebbe prima avere la certezza di essere in grado di poter effettuare correttamente i controlli, ma soprattutto che un’eventuale abolizione del fluoro non incida sulla regolarità delle gare. Tra le altre problematiche, infatti, si ha quella degli sci che non lavorati farebbero una maggiore differenza. Si calcola che il divario tra uno sci buono rispetto a un altro meno performante crescerebbe addirittura del 4% senza la lavorazione con i prodotti fluorurati.

Insomma la Maflon Spa è determinata nell’andare avanti con la propria iniziativa: «Dopo che tu hai investito per 5 anni per seguire normativa europea – ha sottolineato Elena Mostoniuna decisione arbitraria modifica tutto attraverso una legge che viene applicata in una tempistica troppo breve, senza lasciare il tempo necessario per adeguarsi. La proprietà ha quindi deciso di agire a propria tutela perché il provvedimento della FIS non prevede una tempistica di applicazione corretta. Se avessero dato due o tre anni di tempo, avremmo potuto organizzarci, invece così abbiamo buttato via tutto l’investimento fatto in ricerca e sviluppo negli ultimi quattro o cinque anni. Quando l’Unione Europea ha deciso di vietare il PFOA, non l’ha fatto da un giorno all’altro, ma con anni di anticipo, per dare a tutte le aziende il tempo di adeguarsi».

In un articolo uscito sul sito finlandese Yle alcune settimane fa, nel quale era già stata data notizia dell’azione legale di Maflon, l’avvocato dello sport, Olli Rauste, aveva suggerito il modo secondo lui più efficace per le aziende produttrici di chiedere un risarcimento: lamentarsi della decisione della FIS presso la Commissione Europea. «Un’organizzazione con una posizione di monopolio, come questa, non deve cambiare i requisiti tecnici così rapidamente da non permettere alle aziende di avere abbastanza tempo per prepararsi e adattarsi al cambiamento. Se la Commissione Europea o la Corte di Giustizia Europea dovessero constatare che il periodo di transizione concesso dalla FIS è stato troppo breve – aveva spiegato Rauste –  ciò costituirebbe un abuso di posizione dominante e un obbligo di risarcimento danni. L’unica condizione in cui un cambiamento potrebbe essere ritenuto possibile, senza il necessario periodo di transizione, si verificherebbe se esso fosse necessario per un rischio di salute. La FIS dovrebbe quindi dimostrare che il fluoro comporta un rischio così grande per la salute da doverlo vietare immediatamente. Al momento non sono a conoscenza che ci sia un tale pericolo».
Rauste aveva quindi concluso: «Se l’azione legale venisse portata avanti contemporaneamente da più aziende, essa avrebbe un maggiore peso in commissione e possibilità di vittoria».

Proprio le dichiarazioni dell’avvocato non sono passate inosservate alle aziende di scioline, quelle maggiormente toccate dal provvedimento, visto che il fluoro contenuto negli sci sarà consentito, che hanno presto contattato Maflon per muoversi tutte assieme in un’unica azione legale. Ci sono già stati diversi incontri, attraverso meeting video, e presto potrebbe quindi nascere addirittura una class action. Ovviamente, in quel caso, la cifra richiesta alla FIS crescerebbe non poco, in quanto ogni azienda inserirebbe l’ammontare dei danni subiti, legato in alcuni casi solo alle mancate vendite dei prodotti, mentre in altri, come Maplus/Maflon, anche ai soldi investiti nella ricerca di un prodotto fluorurato altamente innovativo. Insomma il livello della contesa si sta alzando.

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