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Sci di fondo

Si ritira una delle atlete più amate: Astrid Uhrenholdt Jacobsen lascia lo sci di fondo

A 33 anni ha deciso di lasciare lo sci di fondo una delle atlete più amate del circuito, Astrid Uhrenholdt Jacobsen. La fondista norvegese ha annunciato il suo addio in un’intervista rilasciata a NRK. Jacobsen ha deciso di dedicarsi alla sua grande passione, la medicina, concludere gli studi al più presto per diventare un medico. L’emergenza coronavirus ha in qualche modo reso l’atleta ancora più scelta di fare questa scelta.
    
Il suo addio era nell’aria già al termine della 30km di Holmenkollen, quando la forte atleta scoppiò in lacrime consapevole che forse quella era stata la sua ultima gara in Coppa del Mondo. Ora l’addio ufficiale.

«Oggi il sogno della mia vita è essere un operatore socio sanitario piuttosto che una fondista – ha affermato l’atleta a NRKcosì ho dovuto mettere un punto sulla mia carriera. È difficile identificare una sola ragione per questa scelta, ma in generale posso dire che sono così sazia che credo di non riuscire a ottenere nulla di costruttivo provando a competere un altro anno. Sono davvero orgogliosa della stagione ho fatto, di aver fatto quello che ho potuto, sono riuscita a crescere e svilupparmi fino alla mia ultima stagione». 

Nella stagione appena conclusa Jacobsen ha ottenuto l’ultima delle sue sei vittorie in Coppa del Mondo, imponendosi nella 10km in classico disputata in Val di Fiemme lo scorso 3 gennaio e chiudendo anche al quarto posto nella classifica generale. La sua prima vittoria tra le senior, però, la norvegese la ottenne direttamente in un Mondiale, conquistando un clamoroso oro nella sprint di Sapporo del 2007, quando era ancora juniores, davanti a Pedra Majdic. Da allora ha vinto tanto, soprattutto con la sua squadra, conquistando un oro olimpico in staffetta a PyeongChang nel 2018, ma anche due ori, un argento e un bronzo, sempre in staffetta, ai Mondiali, medaglie alle quali vanno aggiunti l’argento e i due bronzi mondiali individuali e i due bronzi nelle team sprint. «Conquistare medaglie e fare belle gare è sempre stato diventente – ha ammesso Jacobsenma la cosa per me più importante è il mondo in cui ho affrontato le gare, sono orgogliosa di aver sempre mantenuto i miei valori».

In carriera la norvegese ha avuto tanti infortuni, che l’hanno frenata, alcuni anche spaventosi. Nel 2009 una brutta caduta in bici le provocò un grave infortunio alla schiena, poi successivamente anche la frattura del gomito e della mascella. Nonostante tutto riuscì a qualificarsi per le Olimpiadi di Vancouver del 2010, dove ottenne un settimo posto nella sprint che per lei è il suo miglior risultato in carriera: «Penso che pochi sappiano quante lesioni abbia veramente avuto e quanto sia stata vicino alla possibilità di non avere una vita normale o fare sport. Appena infortunata, il focus principale era sulla possibilità di riguadagnare la piena funzionalità per avere una vita normale. Ci è mancato poco, che le cose potessero andare in modo diverso. Tanto che mia mamma mi ha sempre detto che avevo degli angeli a sorvegliare su di me».

Alla vigilia delle Olimpiadi di Sochi perse il fratellino Sten Anders, ma decise di restare in Russia per onorarlo e riuscendo a giungere quarta nella sprint. «È ancora difficile pensarci. Sento che ancora ci sono molte risposte che non ho. È senza dubbio la cosa più dura che mi sia mai accaduta, ma continuo a pensare che fosse giusto restare lì. Ciò dice molto sulle persone che sono state attorno a me, le ho apprezzate al punto che quello era il posto più sicuro per me in quel momento. Negli anni il nostro team ha dovuto attraversare una serie di esperienze e situazioni difficili, ma questo ha fatto si che ci siamo avvicinati ancora di più gli uni agli altri. C’era tanta umanità tra noi. Sicuramente questo è qualcosa di molto positivo, che non si misura con le medaglie».
Al di là dei momenti difficili, la cosa che più inorgoglisce Jacobsen è quella di non aver mai abbandonato i suoi valori nel corso di tutta la carriera: «Potrebbe essere sembrato facile per me, ma non penso sia semplice per nessuno farlo. Ma molto prima di entrare nello sport ad alto livello, scelsi di essere veramente legata ai miei valori e questa è una responsabilità che a volte può essere difficile mantenere».

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