Nello scorso Febbraio 2017 dopo aver vinto due medaglie di bronzo nello skiathlon ed in staffetta ai Mondiali Junior di Soldier Hollow, la carriera sciistica di Katharine Ogden sembrava destinata a raggiungere grandi traguardi e ripercorrere le orme dell’attuale numero uno del movimento statunitense, Jessie Diggins.
Alcuni media nordamericani specializzati, in quel periodo la indicavano come talento emergente "Made in USA" tendendo addirittura a paragonare Katharine alla fondista del Minnesota in quanto prima ragazza americana ad andare a medaglia in un mondiale junior, storico evento che Jessie non aveva mai raggiunto in precedenza. Il proseguo di quella stagione e i suoi primi due anni da senior, per la fondista del Vermont si sono però poi rivelati piuttosto problematici con solo sporadiche apparizioni nel circuito universitario statunitense seppur di buon livello.
Questo fino al Tour de Ski dello scorso gennaio, nel quale Ogden ha concluso al ventottesimo posto della classifica finale con l’highlight conclusivo del ventunesimo posto nella mass start con scalata finale del Cermis in cui si sono di nuovo intravisti sprazzi del talento da lei mostrato nello Utah e nel circuito US Super Tour fin dalla giovane età.
In un podcast realizzato dal sito on line "Cross-Country Skier", Katharine si è aperta al pubblico rivelando le ragioni di questi suoi problemi che ne hanno frenato la carriera internazionale, la successiva iscrizione al Dartmouth College, la partecipazione al suo primo Tour de Ski e il suo desiderio di combinare con successo sci di fondo e scuola.
Le due medaglie di Park City le avevano regalato grande gioia, aveva realizzato il sogno per cui aveva lavorato tanto da quando a soli cinque anni era entrata nel locale programma sciistico dello sci club di Landgrove. Ma nella località dello Utah i semi della sua malattia erano già insiti in lei a quel tempo.
Ogden con una commovente lettera ha cosi spiegato la genesi del suo disturbo nato tre anni or sono: ”Durante l’anno che mi ha condotta ai Mondiali Junior e prima della definitiva diagnosi, ho avvertito quasi costantemente sintomi di ansietà che mi hanno reso difficile avere un sonno regolare e persino mangiare con ordinarietà. Queste nuove ed estreme sensazioni di paura e mancanza di controllo hanno reso anche molto difficile per me il solo viaggiare o il gareggiare. Ho attraversato quel periodo gareggiando nel circuito nord-americano, nei Nazionali statunitensi e nei Mondiali Junior, ma alcune volte nascondendomi nella mia stanza e sciando solo se io assolutamente dovevo farlo. Non stavo mangiando a sufficenza perchè l’ansietà mi provocava nausea e conseguentemente avevo poche energie. Una volta finiti i Mondiali mi sono sentita esausta. Dalla fine di gennaio non ho più gareggiato e nemmeno svolto nessun allenamento. Ho declinato tutti i viaggi che avevo in programma completamente succube del mio problema. Nella primavera del 2017 mi fu diagnosticata un disturbo di ansietà, una conclusione che però decisamente cambiò la mia vita per il meglio. Passai settimane nelle quali raramente lasciavo il mio letto finchè finalmente trovai la combinazione di coraggio e disperazione che mi fece prendere il primo appuntamento con una psichiatra. La Dottoressa Stanger mi ha subito spiegato che potevo imparare a controllare le sensazioni di terrore che avevo. Lei mi diede delle prescrizioni e utili indicazioni per il mio disturbo che quasi immediatamente cambiarono in meglio la mia vita. Prima di incontrare la Dottoressa Stanger non credevo che le cose potessero migliorare per me. Non pensavo che io potessi tornare forte abbastanza per andare all’università o continuare a sciare. A quel tempo era piuttosto utopistico anche il vedermi scalare il Cermis nell’ultimo giorno del Tour de Ski. ”
Ora a distanza di tre anni Katharine si dice orgogliosa di come ha superato quei brutti momenti e di essere ben inserita al Dartmouth College nel vicino New Hampshire: “Ho passato gli ultimi tre anni da quella primavera a guarire e ad imparare a fidarmi nuovamente di me stessa. Sciando per la Dartmouth Ski Team University ho potuto tornare ad imparare di nuovo ad amare lo sci e le competizioni iniziando a separare nella mia mente il concetto di viaggiare e competere liberandomi dall’ansietà che essa mi induceva nel passato. Sciare nei college è una perfetta combinazione di divertimento e di rilassatezza seppur rimanendo competitiva. Mi ha permesso di prendermi il mio tempo che avevo bisogno per guarire ed imparare a vincere la battaglia contro la mia malattia. Ho potuto fare un passo indietro dalle gare internazionali semplicemente divertendomi nel sciare e gareggiare lungo i bellissimi tracciati del New England dove avevo imparato da bambina ad amare lo sport. “
Fu papà Sam Ogden a trasmettere a Katharine la passione per lo sci di fondo fin dai tre anni dato che era anche coach nel West Fairlee ski club. Passione per il nordico che trasmise anche agli altri due figli, Ben recente medaglia d’oro nei Mondiali Junior in staffetta e Charlotte di quattro anni più giovane e già a podio lo scorso anno nei nazionali USA.
Seppur nata a Seattle, Katharine Ogden si stabilì nella piccola Landgrove, cittadina del Vermont che conta meno di duecento anime, quando la famiglia si trasferì nel New England all’età di soli due anni. Sam fu un buon fondista a livello universitario oltre che un ciclista di discreto successo a livello nazionale. Ma la forte cultura per il nordico che caratterizza “The Green Mountain State” spinse Katharine ad iniziare col fondo fin da bambina con le prime competizioni regionali nelle quali evidenziò da subito i geni per la resistenza ereditati in famiglia. Una volta iniziate le superiori nella prestigiosa Stratton Mountain High School, la giovane Vermonter si fregiò fin da subito di notevoli successi a livello statale prima e nazionale poi che le consentirono di qualificarsi nel 2015 al suo primo Campionato Mondiale Junior ad Almaty dove ottenne all’esordio un promettente sesto posto nello skiathlon.
L’anno seguente a Rasnov, l’allora diciottenne Ogden in un contesto di gare difficile per tutte le atlete per via delle pessime condizioni della neve, non brillò particolarmente, ma fu nei Mondiali Junior di casa a Soldier Hollow dove riuscì a dimostare appieno tutto il proprio talento fondistico.
La ragazza di Landgrove ottenne il primo bronzo americano nello skiathlon, finendo a ridosso della norvegese Marthe Mæhlum Johansen e di Ebba Andersson, mentre nella staffetta Katharine col miglior tempo di frazione trascinò le compagnie a stelle e strisce ad uno storico bronzo dietro le russe ed al quartetto italiano ben condotto da Anna Comarella.
Proprio Anna, assieme alla sua migliore amica Julia Kern, ci aiutano a conoscere “Kathy KO Ogden” fuori dalle piste di sci descrivendola come una ragazza sempre molto sorridente, energica, divertente a cui piace essere impegnata in molte attività e che alla pari delle sue compagne di team, Diggins, Caldwell e Kern stessa, anche lei è una ragazza sempre molto disponibile, educata, ed amante dello sport, mountain-bike in primis.
Tecnicamente sugli sci stretti Katharine è una fondista alquanto completa, abile sia in skating e sia in classico, dotata di ottima resistenza ma capace di difendersi anche nelle sprint.
Sebbene in quella stagione 2017 si incominciarono a vedere i primi sintomi del suo disturbo, lei ricorda con piacere quelle due medaglie di bronzo: “Malgrado quello sia stato un anno difficile è stato un momento cool per me. Sono molto orgogliosa di me stessa per quei risultati. E’ qualcosa che ricorderò per sempre.” Soddisfatta per le due medaglie ma anche orgogliosa per il diploma ottenuto alla Stratton Mountain High School, Ogden sceglie di proseguire il proprio percorso di vita decidendo di iniziare i corsi universitari al Dartmouth College a dispetto di chi le consigliava di seguire le orme di Diggins, che si è dedicata al 100% al fondo trascorrendo i cinque mesi invernali in Europa seguendo totalmente il calendario di Coppa del Mondo.
La fondista americana si dice molto contenta della scelta fatta a quel tempo nonostante fosse nel pieno della sua personale battaglia contro l’anxiety disorder: “Quando tu inizi a sentirti come se non avessi il controllo su ciò che accade, la più grande cosa che puoi fare per te stessa e per gli altri è di ricordarti che tu hai il potere di prendere decisioni per te stessa ed il tuo futuro invece di sentirti impaurita dagli altri.”
Ora, nel suo terzo anno alla Dartmouth, "Kathy KO" non ha nessun rimpianto nell’aver abbinato con successo lo studio con il fondo: ” Sciare e studiare allo stesso tempo sta funzionando bene per me finora. E’ molto importante per me laurearmi e la Dartmouth è un college fantastico che da molte opportunità. Sto conseguendo una laurea in psicologia centralizzandomi sullo sviluppo adolescenziale e sull’educazione ed il mio futuro obiettivo e’ di lavorare anche nel campo dell’educazione. Questo è ciò che mi appassiona. Nei prossimi anni la mia priorità rimane nel gareggiare coi i miei compagni di università e di concludere la scuola. Dopo di ciò ancora non so bene quello che farò. Finita l’università certamente vorrei rimanere connessa con lo sport sia gareggiando professionalmente oppure inseguendo il certificato per l’insegnamento. Il prossimo anno mi dirà quale sarà la mia traiettoria nello sport ed io onestamente ancora non so bene ciò che il futuro porterà per me. “
La ventiduenne Vermonter nonostante i problemi avuti negli ultimi tre anni è comunque entusiasta dei programmi di studio che le hanno concesso e che lei ha ben incorporato nel suo programma personale di competizioni svolte sinora: “Vi sono certamente dei sacrifici che tu devi fare nel gestire gli impegni scolastici e le gare che disputiamo qui in America e a livello internazionale. La cosa principale è che i professori qui alla Dartmouth ci aiutano molto nell’organizzare le lezioni fra gli allenamenti e le competizioni. Io non vado a tutti i training camp con gli altri componenti del gruppo nazionale e questo è buono per le lezioni, ma anche perchè allenarsi qui nel Vermont è comunque di valore. Per me personalmente è molto importante non essere totalmente impegnata con lo sci di fondo, ma fare anche qualcosa d’altro. Credo che non avrei la stessa passione se fossi dedicata al 100% solo con lo sport. E’ molto importante per me essere qui alla Dartmouth, dove posso scaricare tutte le mie energie in differenti canali.“
Katharine è si parecchio entusiasta per la laurea che conseguirà il prossimo anno ma allo stesso tempo è molto eccitata per la nuova generazione di fondisti statunitensi che accompagneranno senza traumi nel futuro prossimo il passaggio dalla generazione Diggins/Bjornsen, alla nuova degli Ogden bros, Julia Kern, Kendall Kramer, Gus Schumacher e dei nuovi talenti "Made in USA" che da due anni dominano la staffetta ai Mondiali Junior: ”Sono anch’io molto eccitata per la nuova giovane generazione di sciatori come lo sono in tanti qui in America. Specialmente i ragazzi con Gus Schumacher, Luke Jager e mio fratello Ben sono un gruppo di grande talento che hanno vinto medaglie a livello junior e che hanno un energia incredibile. Sono sicura che molti di loro saranno presto nel team nazionale e sapranno recitare un ruolo molto importante in Coppa del Mondo. Non ho dubbi su ciò. “
Seppur ancora molto giovane e con molti obiettivi nella sua carriera sia sui tracciati dello sci nordico e sia in altri ambiti della vita, Katharine vuole condividere la sua esperienza dando un importante consiglio alle giovani generazioni che vorrebbero intraprendere l’attività di fondista:”Credo che ognuno debba avere la propria personalità, come io ho la mia. Per questo i miei consigli sono specifici alle esperienze che io ho passato e magari i ragazzi là fuori sono differenti da me. Ma io credo che sciare sia un privilegio e sia un’attività incredibilmente divertente anche se non deve prendere tutta la vita di un ragazzo. Tu puoi raggiungere il massimo livello agonistico ma alllo stesso tempo puoi raggiungere altri obiettivi nella vita e negli studi. E’ importante raggiungere il giusto bilanciamento. Vi sono persone che dedicano tutta la vita allo sci di fondo e ciò e’ grandioso. Lo sci ad alto livello richiede molte ore di allenamento al giorno, ma ti rimangono comunque altre ore libere che tu puoi impegnare per fare altro. Vi sono grandi esempi a riguardo come Julia Kern che ha ottenuto grandi risultati e podi in questa stagione di Coppa del Mondo ma simultaneamente è una studente top qui alla Dartmouth University ottenendo premi nella sua classe di ingegneria. Questo è ciò che consiglio ad un giovane fondista. “
Sci di Fondo – Dalle medaglie alla malattia e il ritorno a sorridere; Katharine Ogden: “Così ho superato i miei disturbi d’ansia. “
Ti potrebbe interessare
Il Ministro Spadafora in riunione al Coni: “Mondo dello Sport proceda in unica direzione”
Come prevedibile non sono emerse date o novità precise circa la ripresa delle attività sportive nel Paese, ancora
Granfondo – Team Robinson Trentino in Val Venosta con Alexander Panzhinskiy e di Justyna Kowalczyk
Grande rosa quella della squadra nata dalla passione di Bruno Debertolis e Gianni Casadei
Brasile, nello sci alpino c’è Braathen ma nello sci di fondo? La commovente storia del progetto “Ski Na Rua”
Brasile e sci, due mondi sulla carta diametralmente opposti ma ora un po’ più vicini. Per chi ama gli sport