Il passaggio di Stina Nilsson dallo sci di fondo al biathlon sta facendo molto discutete in questi giorni. Se nell’ambiente dello sport con fondo e carabina si sta parlando tanto su quante possibilità la svedese abbia di riuscire a raggiungere il top anche in questa disciplina, in quello dello sci di fondo si discute giustamente di altro.
In Svezia ci si chiede se la crisi dirigenziale e tecnica della passata stagione possa essere stata decisiva nella sua scelta (e anche di questo stiamo parlando tanto, ndr). Argomenti ben più interessante sono invece il presente e soprattutto il futuro dello sci di fondo, le motivazioni – al di là di quelle legate alla voglia personale dell’atleta di affrontare una nuova sfida – che possono spingere un/a fondista di alto livello ad abbandonare il proprio sport in giovane età, il contemporaneo calo di interesse del pubblico e dei media. Insomma uno sport, lo sci di fondo, in crisi verticale, soprattutto se confrontato al biathlon, oggi fiore all’occhiello delle discipline invernali sulla neve per organizzazione e capacità di attrarre nuovi appassionati.
Proviamo a fare un’analisi della situazione, partendo dal presupposto che l’abbandono di Stina Nilsson è solo l’evento da cui traiamo spunto per affrontare l’argomento, ben sapendo che dietro la sua scelta possono esserci tante motivazioni personali che vanno al di là delle problematiche dello sci di fondo attuale.
LE DIFFICOLTÁ DELLO SCI DI FONDO: I PROBLEMI SONO TANTI, LA DIRIGENZA ATTUALE HA LE CAPACITÁ E LA VOLONTÁ DI RISOLVERLI? ALCUNE SOLUZIONI…
I problemi, secondo noi, sono così tanti che preferiamo dividerli per punti, non in ordine di importanza, perché è difficile anche stabilirlo.
Dirigenti. L’impressione è che nello sci di fondo ogni nazione guardi al proprio orticello, a difendere la sua piccola famiglia, senza ragionare con un’idea collettiva di bene del movimento, cosa che, per esempio, sta facendo l’IBU nel biathlon. Un problema che si riscontra nei regolamenti, ma anche nel calendario, perché nessuno vuole rinunciare ad avere determinate tappe di Coppa del Mondo. La dirigenza attuale sembra troppo legata ad alcune federazioni, ma soprattutto incapace e confusa, non in grado di rilanciare uno sport dal grande potenziale come lo sci di fondo. Bisognerebbe probabilmente iniziare a ragionare sulla possibilità di affidarsi a dei manager, persone che sappiano valorizzare il prodotto, ancora meglio se esterne al mondo dello sci di fondo e delle federazioni nazionali, per non cedere a compromessi. Si deve ringiovanire, stare al passo con i tempi, affidarsi a persone nuove, ma soprattutto preparate.
Spettacolo. Negli anni si è cercato di modificare format di gara per rendere la disciplina più spettacolare, ma a volte si è ottenuto l’esito opposto. Sono state introdotte ad esempio troppe mass start, gare noiose, spesso disputate su piste inadeguate (vedi Lenzerheide), dove si crea anche traffico, autentici ingorghi come se fossimo a Milano o Roma nell’ora di punta. Si deve fare in modo che il pubblico sia attaccato alla tv, valorizzare le gesta degli atleti, come accaduto per esempio negli inseguimenti di Dobbiaco, nel bellissimo skiathlon maschile di Oberstdorf, nella gara femminile di Meraker o nelle due gare di Holmenkollen.
Comprensibilità. Troppi format di gara diversi, poca chiarezza nei punteggi e nei regolamenti. Uno sport semplice come il fondo, è stato reso complicato per lo spettatore, l’appassionato che uscendo di casa potrebbe tranquillamente infilare gli sci ed andare a sciare (un grande vantaggio, per esempio, rispetto al biathlon). Invece ci sono tanti format diversi, gare dove la vittoria vale 100 punti, altre dove invece ne porta appena 50. Regolamenti poco chiari anche ad atleti, allenatori e gli stessi dirigenti, come dimostra la questione legata al punteggio dello sprint tour, che soltanto dopo la sprint di Konnerud si è scoperto portare punti anche alla coppa di specialità. Poi ci sono il Tour da 400 punti, quelli da 300 o da 200, i bonus point durante le gare. Veramente troppo, tanta confusione. Il fondo è uno sport semplice e chiaro, perché complicarlo?
Calendario. Troppe gare, troppi viaggi, poche settimane di pausa. Ne avevamo parlato tanto nel corso dello scorso autunno. In questa stagione erano in programma 40 gare, che avrebbero coinvolto la bellezza di 21 località, con una sola settimana di pausa in stagione. Il prossimo anno, se non si cambia nei prossimi meeting, le gare di Coppa del Mondo saranno 33 in 15 località diverse, a queste si aggiungeranno le sei del Mondiale di Oberstdorf. Saranno due le settimane di pausa, una prima del Tour de Ski e l’altra nel primo weekend di febbraio. Ancora una volta però si svolgerà la tappa kermesse di Dresda (perché ci rifiutiamo di considerarla una gara di fondo) a fine Tour de Ski e una tappa di Coppa del Mondo è in programma a pochi giorni dal via del Mondiale, portando ovviamente a diversi forfait. Nel biathlon, invece, si gareggia con un calendario strutturato diversamente. Appena dieci località (il prossimo anno saranno undici) e ben cinque settimane di pausa, due nel periodo natalizio e altrettante prima del Mondiale, che porta punti anche in Coppa del Mondo.
Presenza dei big. Questo tipo di calendario porta molti atleti a saltare diverse competizioni nel corso della stagione. Impossibile partecipare a tutte le gare, quindi ognuno sceglie di partecipare solo a quelle che più gli si addicono per arrivarci in condizioni fisiche migliori. E qui torniamo allo spettacolo. Cosa offri allo spettatore a bordopista o a casa, quando i big sono assenti? A Dresda negli ultimi due anni non abbiamo visto Klæbo né Bolshunov. Il norvegese aveva saltato anche Cogne due anni fa, oppure quest’anno Planica, per citarne alcune. Pellegrino non è mai arrivato al termine del Tour de Ski, visto che la settimana successiva è sempre presente la gara di Dresda, che porta ben 100 punti nella coppa di specialità. Ridurre il numero di eventi, ma soprattutto di località ospitanti, con i weekend di gara organizzati anche in modo diverso, dare la stessa importanza in termini di punteggio a ogni competizione, potrebbero essere buone motivazioni per spingere i big ad essere sempre presenti.
I format di gara. Sono troppi e non sempre comprensibili. Quest’anno abbiamo visto sprint, individuali a cronometro, inseguimenti, skiathlon, mass start da 10/15km, mass start in salita, mass start da 30km, mass start da 50km, team sprint, staffetta, sprint in salita, sprint in piano in mezzo alla città. Troppo: quante di queste gare sono poi presenti a Mondiali od Olimpiadi? Perché gettare troppa carne al fuoco e confondere il tifoso/appassionato? Ridurre il numero dei format, magari standardizzare i weekend di gara con una regolarità stile biathlon: sprint, pursuit, individuale, mass start, staffetta, staffetta mista e single mixed relay. Format chiari. A cosa servono le mass start di 15km se alle Olimpiadi e i Mondiali non le vediamo? Gare per altro spesso disputate su piste inadeguate al format e quindi poco spettacolari? Lo skiathlon così com’è concepito funziona? Se si, allora va proposto più spesso, essendo gara olimpica e mondiale, altrimenti bisogna pensare a un format diverso, magari proporlo a cronometro, oppure ridurre il cronometraggio o magari toglierlo e tornare alle vecchie pursuit (nota personale dell’autore: le preferisco). Sicuri che le gare a cronometro non attraggano il pubblico? Forse basterebbe utilizzare una grafica più accattivante, aggiornare in tempo reale lo spettatore sul distacco per tenerlo più attaccato alla tv. Un weekend di gara standard, per esempio, potrebbe essere strutturato con sprint, individuale a cronometro e inseguimento, magari in alcuni weekend si potrebbero fare delle staffette o inserire delle lunghe distanze da 30 o 50km. Non siamo dirigenti, ovviamente, sono nostre idee, magari altri dell’ambiente ne avranno certamente di migliori. Ma che vengano fatte proposte!
Tradizione. Il fondo ha questo grande vantaggio rispetto al biathlon, il peso della tradizione e la presenza della tecnica classica che andrebbe valorizzata. Non dimentichiamo che proprio in classico l’uomo ha iniziato a muoversi sugli sci, è la storia del fondo. Allora perché non creare una coppa di specialità ad hoc? Oltre a ciò, sarebbe anche il momento di finirla con gli esperimenti e le kermesse trasformate in gare di Coppa del Mondo, sprint come quella di Dresda non hanno nulla a che fare con il fondo. Si vuole portare il fondo nelle città? Che si usino super sprint, extra Coppa del Mondo, oppure gare come quella di Dresda ma fuori calendario, stile Biathlon Auf Schalke.
Contingenti. Non si possono vedere gare con ben 15 norvegesi al via, come quelle di Lillehammer, Konnerud od Oslo. Che senso ha? La superiorità della Norvegia in questo sport è netta, lo sappiamo, quindi è probabile si abbiano 12 norvegesi nei 30 in una sprint, cosa che spingerebbe a cambiare canale un curioso che prova a guardarsi per la prima volta una gara di fondo, ma alle lunghe forse stanca anche l’appassionato (e il calo degli ascolti lo dimostra). Perché non avere contingenti di 6 atleti per i super team fino a scendere come nel biathlon? Si darebbe modo anche alle altre nazioni di crescere in visibilità, ottenere risultati e magari appassionarsi, creando un movimento. Bisogna aprirsi anche al di fuori di Scandinavia e Russia.
Circuiti minori. Riducendo i contingenti si potrebbe dare vita a una coppa stile IBU Cup, nella quale gli atleti dell’arco alpino potrebbero affrontare scandinavi e russi, misurarsi in un ambito diverso dalla Coppa del Mondo, sia a livello senior che juniores, dove l’unica occasione di affrontarsi è il Mondiale di categoria. L’OPA Cup è poco allenante se si gareggia su piste al limite della regolarità come accaduto nell’ultima stagione, nella quale soltanto a Pragelato si sono disputate delle gare all’altezza della Coppa del Mondo. Un circuito come l’OPA Cup attuale, quindi, è tutt’altro che propedeutico alla Coppa del Mondo.
Piste. Servono piste standardizzate, come nel biathlon, con salite e discese di un certo dislivello, anelli sempre della stessa lunghezza, ma soprattutto un’organizzazione e una neve all’altezza. Località come Seefeld o Pragelato, per esempio, non possono restare fuori, con anelli così belli, mentre si vedono gare disputate su piste al limite della regolarità. Per non parlare dell’OPA Cup dove per l’assenza di neve si è gareggiato in condizioni assurde e su anelli da 2,5km come a St. Ulrich, dove diversi atleti hanno anche rovinato gli sci. La FIS quindi dovrebbe preoccuparsi che le piste rispondano a determinati standard, mentre delega troppo ai comitati organizzatori.
Aspetto Mediatico. Altra nota dolente. Lo sci di fondo è in calo negli ascolti, diverse nazioni non trasmettono più le gare e gli sponsor stanno scappando. Bisogna iniziare quindi a lavorare su questo aspetto, ricreare interesse per la disciplina, riavvicinare le nazioni che si sono allontanate, irrompere in nuovi mercati, perché in sala stampa, esclusi giornalisti norvegesi, svedesi e russi, c’è ben poco. Al di là dei cambiamenti che abbiamo già proposto, aggiungiamo che si dovrebbe iniziare a trasformare gli atleti in personaggi, coinvolgerli di più sui social della FIS, farli partecipare a giochi o programmi interattivi, proprio come fa il mondo del biathlon. IBU TV per esempio coinvolge gli atleti con giochi e interviste, spesso divertenti, cerca di raccontare i protagonisti anche al di fuori dell’evento sportivo. Anche le dichiarazioni post gara degli atleti sono ridotte ad appena pochi secondi di intervista al primo classificato. Perché non trasmettere anche la conferenza stampa dei primi tre? Per non parlare della semplicità con cui ci si può muovere sul sito dell’IBU, trovare ogni tipo di statistica riguardo un atleta, c’è chiarezza sul numero di successi, mentre sul sito FIS si fa tanta confusione. Bisognerebbe innovarsi, essere al passo con tempi anche sotto questo aspetto, capire le esigenze degli appassionati di oggi. Dell’aspetto grafico e del cronometraggio abbiamo già scritto in precedenza, sarebbe fondamentale per rendere il prodotto più accattivante.
IL CONFRONTO: IL BIATHLON, UN SISTEMA CHE FUNZIONA
Sicuramente il biathlon ha una sua grande spettacolarità, è uno sport che appassiona perché al fondo unisce la suspense del tiro. È ovvio, quindi, che tanti fondisti guardino a questa disciplina con grande interesse. Ma probabilmente, a spingere alcuni fondisti a dire "basta" è la consapevolezza di sentirsi parte di un sistema che non funziona, sposandone un altro che al contrario lavora in maniera migliore.
Anche dall’esterno il biathlon dà l’impressione di un sistema che lavora di squadra, una sorta di grande famiglia che ha unito le proprie forze, consapevole in passato di essere considerata quasi un brutto anatroccolo negli sport invernali. Lavorando collettivamente e spinta da idee innovative, questa famiglia ha saputo però trasformarsi in cigno. Si guarda non agli interessi particolari di singole nazioni, ma a quello comune del movimento biathlon. Non a caso nel corso degli anni sono state diverse le nazioni che a fasi alterne hanno dominato e molte piccole realtà sono riuscite a ritagliarsi il proprio spazio.
L’IBU, poi, ha creato dei format di gara e dei regolamenti chiari – almeno per il momento – gli esperimenti vengono fatti in IBU Cup, i contingenti sono ridotti, e tante nazioni hanno l’opportunità di vivere la giornata di gloria. Questo, e non solo, spinge tante nazionali ad iscriversi, al punto che se prendiamo la staffetta mista di Coppa del Mondo a Östersund, al via erano presenti 25 nazionali. Se invece guardiamo le staffette maschili e femminili della Coppa del Mondo di fondo, disputatesi a Lillehammer e Lahti, notiamo che il numero di nazioni partenti era ben inferiore: in Norvegia parteciparono 9 nazioni alla gara maschile e 10 a quella femminile, mentre in Finlandia 9 nazioni tra gli uomini e appena 7 tra le donne.
Non a caso l’IBU sta dando sempre maggiore importanza alle piccole nazioni come confermato da “Target 26”, il documento programmatico pubblicato pochi mesi fa. Sono tutti consapevoli che la presenza di un numero più alto di nazionali apre a mercati non ancora raggiunti e quindi fa crescere tutto il movimento, porta maggiore visibilità quindi sponsor e soldi, a vantaggio anche degli attuali atleti di punta. Insomma si guarda al futuro.
Altro aspetto fondamentale del biathlon è il fatto che ogni singola gara di Coppa del Mondo ha la stessa importanza, nel senso che il punteggio assegnato al vincitore non cambia (se non nella mass start dove al via sono in trenta), ed è quindi fondamentale per un atleta essere sempre presente pur avendo due scarti a disposizione. Ok, c’è poi quel fenomeno di Johannes Bø che può permettersi di saltare due tappe e vincere la Coppa del Mondo, ma questa è un’altra storia, perché legata a un aspetto strettamente familiare. Inoltre i format di Coppa del Mondo – single mixed relay a parte – sono gli stessi che poi vediamo alle Olimpiadi, mentre ai Mondiali abbiamo tutti i sette format.
Nel biathlon, e questo è fondamentale, funziona benissimo l’aspetto mediatico, L’IBU ha costruito una grande rete attraverso il proprio canale Youtube ed Eurovision Sport, è accattivante nella grafica e nelle proposte, fa partecipare gli atleti rendendoli personaggi. Ecco, anche quest’ultimo aspetto è fondamentale, in quanto anche biatleti di media fascia hanno spazio nei media, vengono riconosciuti dagli appassionati, a differenza di quanto accade per esempio nel fondo. Se guardiamo IBU TV, per esempio, ci accorgiamo che vengono proposte interviste e servizi dedicati ad atleti di tante nazionalità: non soltanto il norvegese Johannes Bø, il francese Fourcade o l’azzurra Wierer, oppure Svezia, Germania o Russia, ma anche Repubblica Ceca, Bulgaria (addirittura intervista alla loro skiman per festeggiare l’8 marzo), Bielorussia, Estonia, Svizzera e così via. Si fanno interviste anche ai vincitori degli Europei, oppure dei Mondiali giovanili o delle gare di IBU Cup Junior, che a volte vengono trasmesse anche sui rispettivi social di IBU, IBU Cup o IBU Cup Junior. Nel fondo qualcosina si è visto nelle ultime settimane, ma al 90% sono sempre protagoniste Norvegia, Svezia o Russia.
CONCLUSIONI
Abbiamo quindi provato a spiegare la situazione dal nostro punto di vista, ovviamente ognuno avrà le proprie idee sulle problematiche del fondo e le possibili soluzioni. Su una cosa però concordiamo tutti: così non si può andare avanti, oppure questa magnifica disciplina è destinata a diventare sempre più di nicchia. Il cambio al vertice della FIS è un’occasione da non perdere, nella speranza che da lì si generi una vera e propria rottura, un cambiamento radicale per le singole discipline sotto l’egida della federazione internazionale.
Ci auguriamo, con questo articolo, di aver creato almeno un po’ di discussione. Non tutto ciò che è stato scritto vi troverà d’accordo, ma l’importante è che ci si confronti e si cominci a lavorare, senza pensare agli interessi di una singola nazione, per il bene di tutto il movimento sci di fondo.
Prossimamente ne parleremo con diversi protagonisti dello sci di fondo, per analizzare meglio tutte le problematiche e cercheremo di coinvolgere anche voi lettori con sondaggi e idee.