Partiamo da una premessa fondamentale. Nonostante il momento drammatico, noi di Fondo Italia abbiamo pensato di andare avanti e continuare a scrivere di sport, facendolo anche con la giusta spensieratezza. Anche noi, come tutti voi, siamo preoccupati per quanto sta accadendo e ogni giorno siamo attaccati ai bollettini della protezione civile o al telefono per restare in contatto con amici e parenti, sapere come stanno. Riteniamo però giusto anche distrarci scrivendo di sport, creando una piccola isola dove poter ogni tanto dimenticare per due minuti quanto sta accadendo e respirare un po’. L’augurio è che anche voi possiate in qualche modo distrarvi con noi, restando ovviamente consapevoli che nella vita ci sono cose ben più importante dello sport. (LA REDAZIONE DI FONDO ITALIA)
È stato un finale di stagione certamente molto particolare per gli sport invernali, perché a causa del diffondersi del nuovo coronavirus le competizioni si sono fermate anticipatamente, gli atleti sono tornati a casa e come tutti non possono uscire nemmeno per allenarsi.
Abbiamo contattato Dominik Windisch, per sapere come sta passando questo particolare periodo, approfittandone anche per tracciare con lui un bilancio della sua stagione.
Ciao Dominik. Come tutti, di ritorno dalla Finlandia, ti sei rinchiuso in casa. Cosa stai facendo?
«In realtà non sono nemmeno a casa ma in albergo con la mia fidanzata Julia. Appena tornato dalla Finlandia, ho preso i vestiti e sono andato con lei nel suo albergo di famiglia. Siamo solo noi due e la sorella. Sto vedendo tanti film, lei studia e io ne approfitto per disegnare e giocare con Nintendo Switch sfidando alcuni miei amici. Non mi sto allenando in questo momento, come comunque accade ogni anno quando chiudiamo la stagione. Cerco di prendermi un momento per staccare completamente, anche se solitamente ciò accade in aprile. Non ho nemmeno i soliti impegni extra biathlon. Poi vedremo quanto durerà questa brutta situazione, l’augurio è che passi il prima possibile. Nel caso debba allenarmi a casa, allora potrò fare esercizi di forza e un po’ di bicicletta sui rulli. Ma aspettiamo, l’augurio è che possiamo uscirne presto e soprattutto bene».
Quindi giochi anche online con i tuoi amici? Sfidi i compagni della nazionale?
«Gioco soprattutto a Mario Kart, ma non con i miei compagni di squadra perché nessuno di loro purtroppo ha Nintento Switch. Sto però organizzando un torneo dove l’Italia sarà rappresentata da me e i miei amici, e affronteremo i biatleti canadesi. Ho scoperto proprio durante il volo per Monaco che anche loro amano questo gioco. Poi non so, pensavo anche di lanciare delle sfide via instagram».
Parlaci un po’ della tua passione per il disegno.
«È una cosa che mi piace tantissimo, faccio soprattutto ritratti e caricature. Ho tanti amici che mi chiedono di disegnare qualcosa per i loro matrimoni o altri eventi, mi mandano foto e io disegno».
Hai fatto anche qualche ritratto ai tuoi compagni di squadra?
«Certo. Ho sempre pensato che una volta mi piacerebbe tanto fare un ritratto della squadra al completo. Ovviamente sono spesso cambiati in questi anni, quindi non è facile, ma pensavo che potrei anche fare un mega poster, stile Simpson, con tutti i compagni che ho avuto nelle mia carriera, per poi aggiungere pian piano ogni nuovo arrivato. Forse è arrivato il momento giusto per iniziare».
Passiamo al biathlon. L’ultimo weekend di gara deve essere stato molto particolare per voi; è stato difficile concentrarsi sulle competizioni quando dall’Italia arrivavano notizie così tristi?
«Una volta indossato il pettorale riuscivo a concentrarmi sul lavoro da fare in gara, ma ovviamente non appena tornato dalla pista correvo a sentire ogni novità che arrivava dal nostro paese. Poi eravamo tutti un po’ preoccupati anche per il nostro cuoco, Arturo, che vive proprio nelle zone più colpite del nostro paese e non era con noi a Kontiolahti. Inoltre pensavamo anche a noi, non soltanto alla nostra salute, ma pure alla questione logistica in quanto ogni giorno la situazione cambiava e chiudevano nuovi confini. Più volte mi sono anche chiesto cosa sarebbe accaduto se qualcuno di noi fosse risultato positivo. Non ti nascondo che ho fatto un grande sospiro di sollievo una volta arrivato a casa».
Cambiando decisamente argomento: che voto dai alla tua stagione?
«Sono sincero, mi do un sette e vi spiego perché. A dicembre stavo bene e avevo iniziato ad ingranare, poi è arrivata quella maledetta caduta a Oberhof che mi ha causato numerosi problemi alle costole. Al tiro sentivo molto dolore e ho perso tante energie mentali, oltre che fisiche. Questo mi è costato tutto il mese di gennaio. Non è stato un momento facile, ma ho tenuto duro e non ho mollato, Poi al Mondiale ho vinto la medaglia nella staffetta mista partendo con il piede giusto, purtroppo non sono andato bene nelle prime gare individuali ma ho chiuso positivamente con la mass start. Questo mi ha dato fiducia e ho fatto bene nelle ultime due tappe della stagione a Nove Mesto e Kontiolahti. Nella mass start in Repubblica Ceca avrei anche potuto chiudere sul podio. Insomma, magari non è stata una stagione top, ma se considero le difficoltà di gennaio posso essere soddisfatto».
Dopo la caduta di Oberhof, mentre tornavi in albergo, hai temuto anche solo per un attimo di aver messo a rischio il Mondiale?
«Si, avevo tantissima paura di non andare al Mondiale, era la mia preoccupazione più grande dopo la caduta. Fortunatamente, dopo avermi visitato, il dottore mi ha subito detto che in un mese sarei stato al meglio e mi ha calmato».
Certo visti i precedenti, ti converrebbe quasi saltare la tappa di Oberhof.
«Ah si (ride, ndr), se potessi scegliere una tappa da evitare probabilmente sarebbe quella. Anche Julia scherzando mi ha detto che non mi ci manda più. A questo punto se un giorno dovessi diventare papà, programmerei la nascita per il weekend di Oberhof, così avrei una scusa per non andare (ride, ndr)».
Fortunatamente sei andato al Mondiale e lì hai vinto l’argento in staffetta insieme a Lisa, Dorothea e Lukas; cosa hai provato quando ti sei trovato sul podio alla medal plaza di Anterselva di Mezzo?
«Emozioni difficili da descrivere, sicuramente è stato il momento più bello della stagione. Con tutte le difficoltà avute soltanto un mese prima, la sofferenza fisica, ho sentito che in quel momento ero stato ripagato di tutto. È stata proprio una bella emozione, perché lì erano presenti anche i miei genitori».
Quel giorno tu e Hofer avete dato quasi l’impressione di non sentire la pressione.
«Lukas effettivamente non l’ha sentita, era veramente tranquillo. Io invece ero agitato e teso, sentivo tanta pressione che arrivava proprio da me stesso. Ci tenevo tanto a fare bene quella gara. Essere ultimo frazionista non è mai facile, soprattutto in quel contesto, un Mondiale in casa ad Anterselva. Sono però riuscito a gestire bene la situazione e ho tirato fuori il meglio di me. Probabilmente l’esperienza maturata in questi anni mi ha aiutato. Forse avere un po’ di tensione in questi casi mi aiuta anche a tenere alta la concentrazione».
Nel 2026 avrai 36 anni: dopo aver gareggiato nella tua Anterselva in un Mondiale, sogni di farlo anche alle Olimpiadi?
«Sicuramente ci sarò, se non da atleta almeno da spettatore. Il mio finale di carriera ideale sarebbe proprio chiudere ad Anterselva nel 2026. Vorrei che quella fosse la mia ultima gara, perché addirittura terminerei lì la mia stagione. Quello sarebbe il massimo per me, è dove vorrei arrivare. La strada però è ancora lunga, ogni anno dovrò vedere come starò, i risultati ottenuti e soprattutto le motivazioni. Senza dimenticare poi che alle spalle ci sono tanti giovani bravi che proveranno giustamente a inserirsi. Vedremo, però chiudere con Anterselva 2026 sarebbe il massimo».
A proposito di addii: che effetto ti ha fatto la notizia del ritiro di Martin Fourcade?
«È una sensazione stranissima, perché lui è sempre stato presente da quando io sono in Coppa del Mondo. Quindi non riesco ancora a pensare a un biathlon senza di lui in pista. Mi dispiace, ma sono però convinto che come sempre accade, quando smette un atleta fortissimo, ne arriva subito un altro. È accaduto con Poiree e Bjørndalen, sicuramente succederà lo stesso anche con Fourcade».
Effettivamente forse un grande già c’è: Johannes Bø.
«Si abbiamo già lui, ma scommetto anche che arriverà presto qualcun altro a sfidarlo, un atleta super forte che gli darà battaglia. Non so chi possa essere, magari uno tra Fillon Maillet o Jacquelin, che già sono lì. Forse sarà qualcun altro, ma sono convinto che nei prossimi due anni arriverà un altro fuoriclasse».
A Kontiolathi in cinque vi siete qualificati per l’inseguimento, una cosa che non accadeva da tanto tempo; sembra che l’arrivo dei giovani Giacomel e Bionaz abbia dato una carica in più a tutti.
«Questi due giovani mi piacciono tanto, perché vedo che sono motivati, hanno un potenziale molto alto, ci mettono impegno e testa. Poi vedremo dove arriveranno, perché sono ancora giovani e nei prossimi anni dovranno formarsi. Ma sono fiducioso, sono convinto che in futuro, oltre a loro, vedremo arrivare anche altri giovani, perché guardo i risultati delle categorie giovanili e noto che il livello in Italia sta crescendo».
Un’ultima domanda prima di salutarti: una campionessa del fondo come Stina Nilsson ha deciso di passare al biathlon; cosa ne pensi? Credi che possa diventare una big anche in questo sport?
«Secondo me passare dal fondo al biathlon non è così facile come a molti sembra, a meno che non sei un grande talento. Ecco, per esempio Denise Herrmann ha mostrato di esserlo perché ha imparato veramente tanto velocemente ed è stata impressionante, io stesso in vent’anni non ho ancora imparato tutto (ride, ndr). Forse un vantaggio nel passare al biathlon alla sua età è l’aver acquisito la maturità giusta per capire che questo sport è composto da tanti piccoli dettagli da curare alla perfezione. Se impari subito a fare le cose nel modo giusto, riesci a portarti dietro meno errori nel tiro rispetto a noi che abbiamo iniziato da bambini. Quando cominci da giovane, infatti, spari senza pensare e commetti degli errori che poi diventano abitudinari, quindi più difficili da correggere. Lei può sfruttare questo vantaggio, ma dovrà avere un ottimo allenatore e impegnarsi molto più degli altri. Sicuramente può fare bene, ma non sarà facile, perché non è scontato diventare un ottimo biatleta».
Biathlon – Dominik Windisch: “Disputare l’ultima gara ad Anterselva nel 2026 sarebbe il finale da sogno della mia carriera”
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