Dopo la puntata speciale della scorsa settimana, direttamente da Anterselva dove stava commentando il Mondiale di biathlon per la RAI, la rubrica di Pietro Dutto torna scritta. Nell’appuntamento di questa settimana, ovviamente, focus sul Mondiale che si è appena concluso. Nel suo “Punto”, l’ex biatleta ha parlato dei protagonisti dello splendido evento iridato, dato il proprio giudizio sull’Italia e parlato in particolare di Lisa Vittozzi e del futuro azzurro.
Ciao Pietro. Si è concluso il Mondiale di Anterselva, che sarà ricordato come uno di quelli più belli per organizzazione e per spettacolarità delle gare.
«Direi che è stato un Mondiale assolutamente positivo, il Comitato Organizzatore di Anterselva si è confermato molto rodato, come si sapeva già dalla vigilia. Abbiamo visto tutti soddisfatti, non soltanto i tifosi e gli atleti, ma anche i giornalisti e tutti gli altri addetti ai lavori, che hanno avuto tutte le comodità possibili. Inoltre possiamo dire che abbiamo assistito a delle gare avvincenti. Certo, ci sono stati dei dominatori, come Wierer e Røiseland, ma alla fine tutte le gare sono state combattute fino alla fine. Sicuramente è stato uno spettacolo più bello rispetto ad alcuni anni fa quando magari a volte c’era l’atleta che ammazzava le gare. È stato uno spettacolo».
Partiamo dalle donne: credo ci siano pochi dubbi sulle protagoniste del Mondiale.
«Ovviamente Wierer e Røiseland. Doro è stata davvero grande, è riuscita a gestire al meglio le pressioni e non farsi condizionare da quanto accaduto alla vigilia, confermando il proprio valore e andando anche ben oltre le aspettative. La Norvegia si aspettata Eckhoff, che ha sparato male, ma come sempre ha trovato l’alternativa. Røiseland è stata davvero bravissima, fredda, ha saputo gestire le gare alle perfezioni, sia quelle individuali sia le staffette. La mass start dell’ultimo giorno è stato il giusto riassunto di quanto visto nelle gare femminile. Doro purtroppo ha pagato quell’errore in più nel finale e aveva anche speso tanto fisicamente. Røiseland ha gestito ancora una volta la competizione al meglio e alla fine con l’ottimo ultimo poligono si è presa la vittoria. Giusto siano state loro sui primi due gradini del podio all’ultima giornata».
Wierer ha ancora una volta fatto la storia del biathlon italiano: due ori e un argento individuali, più la medaglia d’argento vinta con la staffetta mista. Ti ha sorpreso?
«Beh, una come Dorothea non mi sorprende mai perché è un’atleta straordinaria e ha grande carattere. Però ammetto che questa volta è andata oltre le previsioni. Da lei mi aspettavo delle belle gare, sapevo che avrebbe fatto molto bene nelle prove sui quattro poligoni, lo dissi nella puntata pre Mondiale, ma che tornasse da queste due settimane con un bottino così pieno è qualcosa di straordinario, soprattutto se consideriamo tutte le pressioni. È stata bravissima anche quando non è salita sul podio come nella staffetta femminile o nella sprint. Forse non era stata perfetta nella staffetta mista, ma quella medaglia le è servita a sbloccarsi. Peccato solo la single mixed relay, forse l’unica gara in cui non è riuscita a dare il meglio. Vero, il pettorale alto l’ha penalizzata, ma all’ultimo poligono era arrivata in zona podio. Comunque più di così era quasi impossibile. Chapeau».
Alla fine la mossa di Røiseland di saltare la tappa di Le Grand Bornand si è rivelata azzeccata; in fin dei conti già allora avevi affermato che le avrebbe dato un bel vantaggio.
«In ottica Mondiale, staccare una settimana d’anticipo e riprendere ad allenarti prima, è un’arma in più da utilizzare. È sempre molto difficile allenarsi durante le varie tappe della Coppa del Mondo, non c’è lo spazio per tornare sul lavoro estivo, quindi per alcuni atleti può essere strategico staccare, soprattutto in determinate stagioni. Certo, rispetto a noi, la Norvegia può permetterselo, perché ha la fortuna, al femminile e al maschile, di avere gli atleti per sostituirli e salire ugualmente sul podio. Così, assente Røiseland, era esplosa Eckhoff, mentre nelle prime tappe avevano avuto Tandrevold. Pensate anche al Mondiale maschile, Bjoentegaard avrebbe avuto il diritto di fare la mass start, è undicesimo in classifica generale, ma potevano schierarne solo quattro ed è rimasto fuori. La Francia ha potuto lasciare Jacquelin out nell’individuale, mentre Guigonnat non ha avuto alcuno spazio. Beati loro, noi non potremmo mai permettercelo».
Il Mondiale di Lisa Vittozzi è stato invece molto deludente. Forse ha pagato tutta la polemica esplosa a pochi giorni dall’evento di Anterselva, in quanto il secondo poligono della mass start sembra il manifesto del suo attuale momento a livello mentale?
«Voglio però essere positivo e partire dal bicchiere mezzo pieno: ha portato a casa una medaglia da protagonista con la staffetta mista, ha disputato un’ottima staffetta femminile e una bella sprint. Insomma, a tratti ha mostrato il suo grande talento. Purtroppo ha mancato completamente le altre tre gare. Era chiaro che non fosse serena per tutto quanto accaduto, non è certo normale fare cinque errori in una serie. Ora deve assolutamente cercare di risolvere i suoi problemi, anche se secondo me sarà più facile farlo in primavera che nelle prossime tre tappe, anche se sarei felicissimo se lo facesse subito».
Secondo te come può uscire da questo periodo difficile? Cosa devono fare lei e anche gli allenatori?
«Io credo che oggi soltanto lei possa sapere bene quale sia l’origine di tutti i suoi problemi. Bisogna capire se è soltanto un suo problema mentale e se questo possa derivare da un rapporto incrinato all’interno del gruppo. Una volta capito ciò bisognerà poi trovare la soluzione. Non escluderei anche la possibilità di allenarsi con un suo team».
Chi ti ha deluso in questo Mondiale?
«Sicuramente è stato un Mondiale negativo per la squadra femminile francese. Nessuna delle atlete transalpine è riuscita a interpretare bene il poligono. Nei primi giorni hanno faticato con quelle condizioni difficili, poi si sono completamente perse. Ovviamente al di sotto delle aspettative ha reso Eckhoff, attesa come la grande dominatrice del Mondiale. A livello individuale non ha vinto nulla, andando sempre in difficoltà al poligono. Ad Anterselva è tornata quella di sempre con tutta la sua incostanza al tiro. Infine l’altra delusione è stata la Svezia, maschile e femminile, salvata in calcio d’angolo da Öberg con il bronzo nella mass start. Un po’ pochino per le aspettative iniziali, anche dell’atleta stessa».
Se tra le donne è facile trovare i nomi delle protagoniste, tra gli uomini appare più complicato.
«Vero, è molto difficile trovarlo. Se dovessi sceglierne uno, però, opterei per Jacquelin, che è stato il volto nuovo del Mondiale, dando spettacolo con i suoi finali. Questo ragazzo deve ancora trovare costanza al tiro, perché ha un atteggiamento un po’ aggressivo al poligono, ma può crescere molto. Lo considero l’uomo copertina del Mondiale maschile, anche perché gli altri hanno un palmares ben diverso da lui. Alla fine, anziché il duello Johannes Bø – Martin Fourcade, che tutti ci aspettavamo, è stata una lotta tra tanti. Peccato per Fillon Maillet, al quale è mancata costanza al poligono, ma ormai è lì con loro. Comunque la lotta tra Francia e Norvegia è stata spettacolare. La mass start, in una certa fase, è sembrata quasi una gara di ciclismo, con un team in testa a scappare e l’altro compatto a inseguire. Bellissimo, un livello altissimo».
Fourcade è stato bravo a vincere forse l’unica gara che era davvero nelle sue corde per la forma attuale.
«Ma proprio questo conferma che è un grandissimo campione, perché quel giorno ha disputato una gara quasi perfetta. Sapeva che quel contesto era quello ideale per cercare l’assalto all’oro e alla fine l’ha conquistato. In quella gara, poi, le condizioni erano piuttosto complicate».
Proprio all’ultima gara Johannes Bø ha vinto il suo oro individuale, dopo i due a squadre.
«Sono stato veramente felice per lui, aspettavamo tutti il suo oro nella mass start e ha fatto una gara bellissima. A me ha colpito tanto dal punto di vista umano, perché uno come lui avrebbe avuto tutto il diritto di essere nervoso dopo le prime gare, invece è rimasto sempre sereno e tranquillo. Altri sarebbero stati arrabbiati al posto suo nel non vedersi dominatore, visto quanto fatto negli ultimi due anni. Il suo carattere solare è qualcosa di veramente bello da vedere in uno sportivo».
Il tuo giudizio sul Mondiale della squadra azzurra al maschile?
«Partiamo dal presupposto che è sempre complicato in campo maschile arrivare a medaglia. Credo che possiamo giudicare positivo quello di Lukas Hofer, al quale è mancato forse un colpo nella sprint ma anche nell’individuale per essere tra i migliori. Ancora una volta è stato vicino ai migliori al Mondo e se consideriamo i problemi fisici che l’hanno tormentato nel corso della stagione, quanto ha fatto non è da buttare. Windisch ha salvato in parte il suo Mondiale con la mass start. Comunque entrambi sono stati grandi protagonisti nella staffetta mista d’argento».
Dopo la staffetta femminile, ma anche già prima della gara, in molti hanno contestato la scelta della formazione azzurra; anche tu ritieni fosse sbagliato schierare le due big in apertura?
«Io credo che si poteva fare ben poco di diverso. Per la mia esperienza è più facile mantenere un vantaggio che recuperare da dietro, quindi nelle nostre condizioni ci stava una formazione d’attacco. Se Federica fosse stata al top, forse avremmo avuto un finale diverso, non da podio ma magari da top five, che poteva essere il massimo per quanto si è visto quest’anno. Quindi ci stava un azzardo, perché con una formazione diversa non avremmo avuto chance. Diciamo che ci abbiamo provato».
Ecco, possiamo affermare che il Mondiale ha confermato quanto però, dietro a Wierer, Vittozzi, Hofer e Windisch, l’Italia sia in sofferenza. Cosa bisogna fare per cambiare il corso delle cose?
«Si sapeva, purtroppo non abbiamo atleti da top quindici oltre quei quattro. Si può soltanto continuare a lavorare come si sta facendo oggi e avere pazienza, perché purtroppo abbiamo un buco generazionale tra questi atleti e coloro che sono nati negli anni duemila. Lì abbiamo alcuni giovani di talento, ma dobbiamo anche permettergli di lavorare e maturare con calma. A meno che non si è fenomeni, la maturazione arriva attorno ai 24 o 25 anni, quindi in tempo per l’appuntamento olimpico».
Pensi sia il caso di lanciare però alcuni giovani già nel finale di questa stagione per fargli fare esperienza?
«Credo che quella di Nove Mesto sia l’occasione giusta per dare la chance a Bionaz e Giacomel di esordire in Coppa del Mondo. Ritengo sia giusto lanciarli lì, perché avranno meno pressione rispetto a quella che avrebbero trovato se fossero stati convocati al Mondiale. Almeno potranno fare esperienza in tutta tranquillità e vedere dove si trovano rispetto ai big mondiali».
Un’ultima domanda te la pongo su Loginov. Eravamo insieme nel media centre dopo il successo del russo nella sprint; più che una conferenza stampa sembrava un processo. Cosa ne pensi di tutta la vicenda?
«Loginov ha semplicemente seguito il regolamento: ha scontato la squalifica e come è previsto è tornato a gareggiare. Mi pare sia stato controllato più volte ed è sempre risultato pulito. La gente dovrebbe mettersi in testa che queste sono le regole e non si può continuare ad attaccarlo di continuo, almeno fino a prova contraria. In passato ha sbagliato e questo lo sappiamo tutti, ma la regola gli ha permesso di rientrare, quindi ora deve essere lasciato in pace. Alcune nazioni dovrebbero essere un po’ meno ipocrite, perché ci sono altri atleti che sono rientrati da squalifiche, oppure ex atleti squalificati sono oggi allenatori o dirigenti, dopo aver scontato la pena. Loginov inoltre ha vinto con un doppio zero, ha fatto la differenza al poligono, non sugli sci, e non meritava tutto questo accanimento».
BIATHLON – Il Punto di Pietro Dutto: “È stato un Mondiale avvincente; Doro è stata stellare; il caso Loginov? Troppa ipocrisia”
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