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Anterselva 2020 – Patrick Oberegger: “La mia scelta di vita ha fatto bene a me e alla squadra italiana”

Ha fatto una scelta di vita importante lasciando la nazionale italiana di biathlon, gli atleti che seguiva da anni, il CS Esercito, gli amici, la sua Anterselva, la sua nazione e tutte le certezze, per accettare la proposta della Norvegia e trasferirsi "su al Nord" per allenare la squadra femminile norvegese. Il coraggio non è mancato a Patrick Oberegger, che due anni dopo vede il bilancio certamente positivo, considerata la crescita avuta complessivamente dalle sue atlete, ma anche il bellissimo legame di amicizia con la squadra e tutto lo staff.
L’abbiamo incontrato alla vigilia della staffetta, dopo che aveva dato le ultime indicazioni mattutine a un’attentissima Tiril Eckhoff, che come le altre atlete della squadra, ha più volte mostrato la propria gratitudine nei confronti dell’allenatore italiano.
Ciao Patrick. Soddisfatto del vostro Mondiale? Røiseland sta facendo qualcosa di straordinario, mentre, per quanto mostrato a dicembre e gennaio, ci si aspettava qualcosa di più da Tiril Eckhoff.
«Ho la fortuna di avere tre ragazze veramente forti, così se una di loro non sta rendendo al meglio, sicuramente c’è una compagna pronta a fare bene. Adesso che Tiril ha avuto qualche problema, sta facendo benissimo Marte. A inizio stagione è partita ottimamente Ingrid (Tandrevold, ndr), poi Marte, quindi Tiril, insomma una delle nostre atlete è lì. Certo, c’è un po’ di rammarico fin qui per il Mondiale di Eckhoff, ma dobbiamo accettarlo e soprattutto non è ancora finita. L’importante è restare concentrati, poi vedremo cosa accadrà nei prossimi due giorni».
Torniamo all’estate di due anni fa. È stata una scelta complicata lasciare l’Italia per trasferirti in Norvegia?
«Sicuramente è stato difficile. Ho fatto una scelta di vita, ho lasciato il mio posto di lavoro fisso nel CS Esercito, avevo una nazionale fortissima come l’Italia con tanti atleti qui di casa, che allenavo ogni giorno, ma non ero riuscito a fargli fare quel passo in più che serviva per raggiungere un altissimo livello, cosa che senza di me hanno fatto. Quindi, se oggi vedo la situazione dell’Italia, sono ancora più convinto della mia scelta, perché gli azzurri stanno facendo delle stagioni straordinarie e io mi trovo benissimo con la mia attuale squadra, con la quale stiamo facendo molto bene. Sono ancora più contento della mia decisione».
Com’è stato l’impatto con la squadra norvegese e quella che per te era una nuova realtà? Come hai conquistato la squadra?
«Quando ho ricevuto l’offerta norvegese, mi sono subito detto che se avessi accettato, avrei passato più tempo possibile con loro, quindi allenamento giornaliero. Per questo motivo ho deciso di trasferirmi lì. Inoltre non mi convinceva il fatto che, se fossi stato in Norvegia solo per brevi periodi, sarei venuto spesso qui incontrando i miei ex atleti e non sarebbe stato giusto, perché anche in segno di rispetto nei confronti di chi ha preso il mio posto, bisognava mantenere una certa distanza, visto che si è formata negli anni anche un’amicizia con alcuni degli atleti. Ho pensato che questo passo andava fatto al cento per cento. Anche in questo caso sono contento della decisione presa. Quando siamo in giro sono responsabile delle donne, su in Norvegia ho il mio gruppo di lavoro formato da quattro uomini e quattro donne, come avevo anche ad Anterselva. Mi hanno accolto benissimo, sono partito dal primo giorno parlando norvegese, ancora adesso ovviamente lo sto migliorando, non sempre capisco tutto, a volte ho giornate meno buone, ma loro mi aiutano e magari ripetono le cose. I norvegesi sono contenti se qualcuno prova ad integrarsi nella loro cultura. Non cambierei questa squadra per nessun’altra».
Insomma ti trovi veramente bene.
«Si, a volte si prendono anche del tempo per me e non è scontato in un mondo così veloce. Anche con i maschi è la stessa cosa, sono dei signori. Pure con gli altri allenatori si è creato un rapporto di amicizia, in particolare con Siegfried Mazet, che conoscevo già prima ma non così bene. La nostra storia è simile ed abbiamo molte cose in comune. Sono contento ci sia anche lui. Poi abbiamo due skiman italiani e il fisioterapista, ma non parliamo mai la nostra lingua, nemmeno a tavola, perché vogliamo che tutti ci capiscano».
Dopo Le Grand Bornand, che effetto ti hanno fatto i complimenti di Tiril Eckhoff nei tuoi confronti?
«Dopo la tappa francese ero contento. Lei è una ragazza che lavora moltissimo. Quando vedi che un’atleta, attraverso l’allenamento, riesce ad arrivare dove vuole, che i suoi sforzi sono stati ripagati, sei felice. Alla fine più di quanto ho letto, a farmi piacere è soprattutto ciò che vedo, una ragazza che sta vivendo un bel momento della sua vita. La cosa più bella è avere la certezza che il tanto lavoro svolto abbia portato dei risultati. Anche perché io ricevo dei complimenti per i loro miglioramenti, ma in realtà non sono solo io a rendere migliori gli atleti, sono anche loro che formano me quotidianamente, attraverso i propri feedback, le sensazioni. È la collaborazione la cosa più preziosa, perché un buon atleta forma un allenatore».
Com’è nata l’idea del Natale ad Anterselva?
«Stavamo cercando una soluzione alla problematica della quota, in quanto da loro vivono tutti sui duecento metri. Abbiamo pensato cosa fare, qualcuno ha deciso di fermarsi qui a Natale, altri dopo Pokljuka. Non abbiamo lasciato nulla al caso per preparare al meglio questi Mondiali. I risultati, come gruppo, si stanno vedendo. Marte sta facendo qualcosa di eccezionale, ma anche come gruppo le cose stanno andando bene, sia uomini che donne, una cosa importante per il nostro movimento. Se fai dei bei risultati di squadra è un bel biglietto da visita».
Ultima domanda: conoscendola da anni, sei stato felice per le due medaglie d’oro di Wierer?
«Sono onesto: il cuore è sempre italiano. Se alla fine non vince una delle ragazze che alleno o un atleta della squadra norvegese, mi auguro lo faccia qualcuno dell’Italia. Oppure se una delle mie ragazze è sul gradino più alto del podio, sono felice se è presente in seconda o terza posizione anche un’azzurra. Mi tolgo il cappello di fronte ai risultati ottenuti dalla squadra italiana. Disputare un Mondiale del genere proprio ad Anterselva, davanti al pubblico di casa, significa che qualcuno è riuscito a dargli quel pelino in più, che forse io negli ultimi anni non riuscivo più a dare. Quando vedo la squadra italiana, gli skiman, lì a festeggiare quando c’è la cerimonia, vado di cuore a stringergli la mano per fare i complimenti, perché stanno facendo un grandissimo lavoro con una squadra che è più piccola rispetto, per esempio, alla mia»

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