Home > Notizie
Sport&Life

Katia Tomatis: “Alle volte dovremmo copiare i maschietti!”

Il coach di atleti di livello internazionale e olimpico, Simone Maffioletti,
ha intervistato Katia Tomatis, skialper, dalla quale è emersa questa interessante intervista.
Cominciamo dal tuo di inizio: hai lavorato per anni in banca, poi hai deciso di dare una svolta netta alla tua vita. Decisione giusta?

«Tendenzialmente sono una che la voglia di fare ce l’ha, e se dovesse andar male quello che sto provando a fare non mi butterò giù: prima ho fatto un anno di aspettativa gestendo un bar a 2000 metri e dopo, in una notte, ho deciso che era assolutamente l’occasione e ho deciso molto tranquillamente.
In una sola notte ho deciso che tutto sarebbe cambiato…. alle volte non c’è bisogno di grandi ragionamenti ma di ascoltare il cuore.
Aspettare troppo tempo, rimandare a lungo, è sempre un allarme: può essere un’arma a doppio taglio, soprattutto per noi donne che,talvolta, siamo molto machiavelliche, pensiamo tanto, e pensare troppo può essere deleterio…. quindi agire di pancia e di cuore prendendosi anche tutti i rischi del caso, secondo me, è la decisione giusta!… Bisognerebbe un po’ copiare i maschietti per quanto riguarda la parte istintiva e, quindi, dopo ciò… osare di più».

Tradotto in termini facili, seguire i propri sogni e buttarsi?
«Assolutamente: seguire i propri sogni è fondamentale, soprattutto in un mondo come quello di oggi, dove la malattia più diffusa è lo stress.
Lo stress, secondo me, è portato da uno stile di vita non idoneo a quello che ci si aspetta e quindi, se c’è l’occasione, seguiamoli… qualcosa porteranno sempre a casa!
Poi anche la fortuna ha il suo ruolo nella vita, in tutto… vale sempre la pena di provare».


Quando eri un’impiegata e lavoravi come “una persona normale”, come facevi a tenerti in forma? Nei pomeriggi, weekend, aspettative? o riuscivi proprio a conciliare lavoro, impegni e allenamento?

«Conciliavo col lavoro: avevo la fortuna di lavorare a 20 minuti di auto da una pista e andavo subito ad allenarmi di sera, di notte e nei weekend ovviamente».

Dal punto di vista mentale, era più impegnativo rimanere nel programma di allenamento con l’idea del lavoro a scrivania la mattina dopo, con la tua giornata così spezzata?
«No, non era uno stress… era una liberazione!
La mattina mi svegliavo alle 5:30, prendevo la bici, prendevo tutti i miei bagagli per la giornata intera, partivo in bici e arrivavo sul posto di lavoro.
All’orario in cui tutti arrivavano, io ero già ‘rodata’, e quando tutti andavano a casa io iniziavo veramente la mia attività, stessa cosa per le vacanze estive, che ho saltato sempre.
Insomma, già andare in bici per me era una mezza vacanza, ogni giorno mi facevo 100 km in bici ma per me era bellissimo e una vera liberazione… non era mai un peso».

A chi volesse intraprendere una strada come la tua, d’atleta, soprattutto contando tutte le fatiche che hai affrontato ma senza alcuna certezza di riuscita, cosa consiglieresti?
«Consiglierei di fare solo quello che gli piace.
Una volta, in un’intervista, mi hanno chiesto se consiglierei a tutti di vivere in montagna: la mia risposta è stata subito “no”.
Ognuno ha i suoi stimoli, interessi, e deve portare quelli a maturazione, perché dovrebbero tutti seguire i miei di interessi?!
Quindi consiglio assolutamente di trovare la giusta misura e godere della propria vita e delle proprie passioni, il lavoro resta una cosa importante ma, oltre, bisogna godersi i momenti per sé stessi.
Anche oggi, che sono mamma, godo dei momenti che sto con mia figlia ma anche dei miei momenti personali: quei momenti miei, se non li sfruttassi per me stessa, mi renderebbero una mamma più tesa, una mamma con meno pazienza.
Non bisogna essere ipocriti: bisogna stare bene con sé stessi prima di tutto».


Secondo te quale valore aggiunto ti dà questa consapevolezza nel continuare a far ciò che fai nonostante tutti gli altri impegni? Nel lottare sapendo chiaramente e senza ipocrisie i vantaggi e le responsabilità delle tue scelte.

«Secondo me è un aspetto che ho cresciuto poco alla volta, in forza di quello che ho fatto prima: nel senso caratteriale sono sempre abbastanza agitata e ho sempre “fatto! fatto! fatto!” e quando non ero in movimento era dai miei nonni in montagna e stavo tutto il giorno in giro, quindi questa libertà in costante movimento l’ho sempre avuta dentro, il maturare poi è il connubio con le altre cose senza troppe rinunce, ed è arrivato quasi da sé.
Oggi vedo tantissime persone che conosco che frequentano corsi di introspezione, di autogestione e a me, ogni tanto, certi percorsi pare di averli già fatti da sola: di questo ringrazio lo sport, l’allenamento.
Parte della mia preparazione è in totale solitudine, e allenarsi da sola ti porta a pensare tantissimo e maturare pensieri che non avevi mai avuto e, secondo me, l’equilibrio lo trovi dopo qualche anno di maturazione in tal senso, non è una cosa che ti cade addosso.
Poi, ognuno ha i suoi tempi per maturare, ma l’esperienza è necessaria».

Il valore dello Sport ti ha aiutata a crescere, mettendoti davanti a dei risultati e a delle sconfitte, senza scusanti da cercare. Come genitore, lo consigli?
«Io spero innanzitutto che mio figlio abbia un interesse, che si appassioni di qualcosa, qualsiasi cosa sia, poi se gli piacerà far fatica, allenarsi, allora lo seguirò di sicuro, ma se non sarà questo il suo percorso non sarò io a insistere.
Mi rendo conto sempre più spesso che ci sono molti genitori che riversano sui figli le cose che loro non sono riusciti a fare e vedo, in alcune gare alle quali ho assistito da spettatrice, genitori a bordo pista che incitano, urlano, bacchettano i figli che stanno passando e non sono mai contenti del risultato.
Questo comportamento fa crescere bambini che o si montano la testa, e quindi non sono più umili, o che abbandonano lo sport in breve.
Bisogna dargli il tempo di decidere, sperando che l’interesse che sceglieranno sia un vero interesse, da portare avanti per tutta la vita».

Qual è stato il momento più bello della tua carriera sportiva?
«Di momenti ce ne sono stati tanti.
La condivisione durante la trasferta con le mie compagne di squadra è sempre stata la parte migliore, quest’anno per esempio mi manca molto.
Il momento più bello in assoluto invece è stata la vincita al Grand Course con Axelle Mollaret, perché è stata una vincita sudata ogni secondo per 4 giorni, dove ho avuto una compagna di squadra strepitosa e bravissima e io so di aver dato anima e corpo per rendere felice lei (che era più sicura di me di vincere).
Mi sono venute le lacrime al traguardo per la felicità di averle regalato questa vittoria, aver raggiunto io un obiettivo che speravo arrivasse ma non era per niente certo.
Le gare individuali sono belle e danno grandi soddisfazioni, ma le gare condivise le preferisco!»

Di solito però gareggi individuale, giusto?
«Sì, di solito le mie gare sono individuali. Tuttavia c’è questo circuito di Grand Course, paragonato al Tour de Ski dello sci di fondo, in cui si gareggia a coppie e a volte in tre».

Domanda da Coach: ognuno di noi ha un potenziale e non tutti gli atleti, soprattutto quelli che hanno appena iniziato il loro percorso, riescono a trasferirlo nella performance. Talvolta è dovuto a una condizione esterna, magari nevica troppo per esempio, ma talvolta non c’è l’equilibrio e la concentrazione necessaria.
Se tu dovessi dare un consiglio, qual è il modo migliore per trasferire il massimo del potenziale nella performance?

«Secondo me l’allenamento fisico è importante e durante l’allenamento devi avere una motivazione mentale molto forte: se ti manca quella, l’esercizio non ti viene bene e di conseguenza il fattore mente è quello che poi ti porta a raggiungere i traguardi migliori.
Puoi essere la persona più forte del mondo ma se in quel momento ti manca la testa ti manca tutto.
L’eccellenza la raggiungi quando fisicamente hai fatto tutto in maniera veramente perfetta e non hai sbagliato niente, ma dall’altra parte hai la consapevolezza mentale, la tranquillità. Tutti abbiamo i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni, ma quando ti alleni dovresti riuscire a staccarti, e quando attacchi un pettorale ancora di più, perché devi staccare la spina e andare, arrivare in fondo pensando solo a fare tutto come si deve».

Prossimi impegni?
«Ci saranno gli italiani a coppie: c’è una mia ex compagna di squadra mi ha chiesto di farle con lei ma, essendo consapevole che quest’anno è il mio anno di transizione, le ho detto di andare avanti da sola con la Coppa del Mondo, poi quando arriva il momento decidiamo».

Share:

Ti potrebbe interessare

Image
Image
Image