Molte volte, nel corso della sua infanzia trascorsa nella piccola Koppom, Mona Brorsson si era immaginata nei suoi sogni ad occhi aperti all’ultimo poligono in lotta con le big del circuito mondiale per riuscire a conquistare una medaglia, vuoi olimpica o iridata che fosse, per realizzare il desiderio da sempre conservato da quando a dieci anni ha imbracciato per la prima volta una carabina.
Il 10 Marzo scorso, giorno dell’inseguimento dei Mondiali svedesi 2019, quel desiderio era davvero prossimo alla realizzazione proprio nel suo giardino di casa, il Biathlon Centrum di Östersund stracolmo di tifosi ”trekroner” , amici e soprattutto con tutta la sua famiglia a guardarla e ad incitarla dalla tribuna.
In gara tutto stava andando al di là delle sue più rosee aspettative. Dopo il terzo poligono Brorsson era ancora esente da errori al tiro ed era uscita con trenta secondi di vantaggio su tutte le altre. Aveva preparato la sua stagione a puntino per essere al top della forma proprio a marzo nei Mondiali di casa e mai in carriera prima aveva raggiunto questo altissimo livello di competitività sugli sci.
Mona stava volando sul suo tracciato preferito.
Ma arrivata all’ultimo poligono in perfetta solitudine e con i propri tifosi che incitavano solo lei, mille pensieri le sono entrati nella testa impedendole di completare il suo desiderio: “Ho sempre avuto il sogno di vincere medaglie nei mondiali di casa, ma mai nella mia mente avevo pensato di poter essere sola in testa con 30” di vantaggio sulle altre ragazze. Pensavo di dover combattere con altre tre o quattro atlete a quel punto e dividere la pressione. Non ero preparata a questo. In quel quarto poligono la mia mente era ovunque. Stavo pensando ad ogni cosa, la mia famiglia, i miei amici, come sarà l’ultimo giro. Non ero concentrata. Stavo sparando senza però pensare a come colpire i bersagli nel modo in cui io lo faccio sempre. E quando il danno era oramai fatto, il mio pensiero fu “Sono stata davvero una stupida". Poi però superando la linea d’arrivo con la mia famiglia e il pubblico ad applaudirmi nonostante i quattro errori ed il settimo posto finale, la delusione è stata quasi subito scalzata dalla voglia di rivincita.”Ok, non ce l’ho fatta questa volta, ma ci riuscirò la prossima. Ero delusa ma già volevo la rivincita e ho capito che in futuro potevo essere davvero con tutte le big del circuito e conquistare qualcosa di importante“.
Per arrivare alla tanto agognata condizione di essere finalmente al comando di una competizione, la ventinovenne Brorsson ha dovuto faticare parecchio, partendo dal piccolo borgo di Koppom, deliziosa comunità di circa settecento abitanti nella regione del Värmland svedese situata cento chilometri a sud della più famosa Torsby, il cui Skidgymnasium Mona frequenterà in età da teenager, ma ad una manciata di chilometri dal confine con l’Østlandet norvegese.
Proprio ad Östersund, nel Centro Federale Svedese del Biathlon – teatro della sua piccola personale tragedia nel pursuit Mondiale dello scorso marzo, ma anche amato palcoscenico nel quale ha conquistato l’argento con la staffetta "trekroner" bissando il risultato di un anno prima a Pyeongchang e sede abituale della sua preparazione estiva – una cordiale e sempre affabile Mona Brorsson ci raggiunge a bordo poligono per raccontarci i suoi primi approcci col biathlon e lo sci di fondo: ”A Koppom sono cresciuta fin da piccola con gli sci ai miei piedi, in quanto mia mamma e mia nonna praticavano il fondo ad un buon livello. Così il fondo era una parte naturale delle nostre vite in inverno. Una nostra giornata normale prevedeva lunghe passeggiate sugli sci, non per allenarci, solo per divertirci e goderci le giornate all’aria aperta. Cosi sono cresciuta nella natura che circonda Koppom. Ciò mi ha dato molta energia, armonia e molto divertimento. Poi ho provato il biathlon quando avevo dieci anni. Mi sono immediatamente innamorata della disciplina. Ho subito pensato che il biathlon fosse davvero ”figo”. Avere una carabina era una grossa responsabilità e mi faceva sentire importante. In quel periodo ho gareggiato sia nel fondo che nel biathlon ma ho sempre pensato che il biathlon fosse più divertente. Così ho sempre dato la mia priorità alle gare di biathlon sapendo fin da subito che io volevo avere una carriera sportiva nel biathlon. Volevo diventare la migliore del mondo. Poi ho voluto andare a Torsby e frequentare il locale Skidgymnasium, quindi mi sono spostata a Östersund dove vi è il Centro federale svedese. E poi volevo andare alle Olimpiadi! Avevo grandi sogni da bambina e ho provato con tutte le mie forze di raggiungerli".
Nel 2010 terminato il liceo, lei si è trasferita ad Östersund. E’ lì che si è resa conto che il suo desiderio di diventare una vera biathleta poteva diventare realtà ?
“Si. Ho sempre avuto quel sogno. Quando mi sono trasferita ad Östersund ho incominciato a fare grandi passi nella giusta direzione. Ho incominciato ad allenarmi molto più che in precedenza e a fare le cose più seriamente rispetto ai tempi del liceo. Qui faccio una vera vita da atleta professionista. Il tipo di vita “ mangiare – allenarsi – dormire “ che svolgono i veri atleti. Quì ad Östersund abbiamo tutto il necessario per allenarci al massimo. E’ un posto perfetto per il biathlon e sono molto grata per le risorse che abbiamo a disposizione e queste mi portano nella giusta condizione per realizzare i miei sogni. Certamente e’ anche super difficile. Alcune volte ho dubitato di me stessa chiedendomi “Posso farcela? E’ veramente dura!" . Allo stesso tempo ho sempre avuto la motivazione di crederci. Cosi ho continuato a spingere me stessa e allenarmi al massimo vedendo che i risultati stavano arrivando".
Ricordando i Campionati Mondiali casalinghi di Östersund , le hanno lasciato maggiori ricordi positivi o rimpianti ?
”Oh, certamente positivi, i Mondiali di Östersund saranno ricordi di una vita per me. Qualcosa che non dimenticherò mai. Sono stati fantastici dal primo giorno , certamente il pursuit è stato un giorno down, ma poi fino all’ultimo giorno ogni cosa è stata magnifica. Noi siamo abituati a gareggiare davanti a grandi folle, come Antholz ad esempio, ma li loro tifano maggiormente per gli italiani o i tedeschi. Essere qui e gareggiare nel nostro centro del biathlon dove tutti supportavano noi svedesi è qualcosa a cui non ero realmente abituata. Le Olimpiadi sono state speciali, ma si possono paragonare ai nostri Mondiali. Östersund era qualcosa di notevole, di un altro livello per noi. Io sono superfelice con la maggioranza delle mie gare, l’inseguimento è stato comunque qualcosa di speciale per me ”.
Parliamo appunto del pursuit dei Mondiali. Durante questa estate di preparazione ha mai ripensato a ciò che e’ successo al quarto poligono nell’inseguimento dei Campionati Mondiali di Östersund? Quell’ infelice episodio è una ragione in più per affrontare la nuova stagione con un ulteriore fame di vittoria e raggiungere una sorta di rivincita sportiva?
“Ci ho pensato molto. Quella gara rimane speciale per me ma mi porta sentimenti contrastanti. Credo principalmente positivi, e questa è anche una sorpresa, perché l’intera situazione era così fantastica. Vedere lo stadio pieno lì a tifare per me e io ricordo ogni secondo di quel giorno, il mio sciare, io che scivolavo verso lo stadio, sentivo ogni persona incitarmi, l’intera situazione era cosi “ cool “ ,wow , io sono sola in testa! Poi è accaduto quello che tutti conosciamo. Dopo la gara ho incominciato a lavorare direttamente con un mental coach, provando a capire cio’ che e’ successo al quarto poligono e noi tutti abbiamo compreso che non era relazionato al nervosismo. Io non ero per nulla nervosa in quel frangente, solo non sono riuscita a concentrarmi. Questo e’ quello su cui sto cercando di lavorare durante questa preparazione estiva. Provando a liberarmi di tutti i miei pensieri quando arrivano in quella situazione. So che non è facile, ma io realmente voglio la rivincita. Voglio mantenere questo pensiero positivo. Voglio essere in quella situazione di nuovo e questa volta voglio sparare come io so fare correttamente. So che non sarà facile , ma io ora sono più preparata. Questa è la grande differenza rispetto ad un anno fa. Ho più fiducia in me stessa, credo molto di più nei miei mezzi".
Dopo parecchi anni , Wolfgang Pichler non è più il capo allenatore del biathlon svedese. Lui ha avuto una buona parte nel suo sviluppo come top biathleta. Avete qualche divertente aneddoto su Wolfgang da raccontarci?
“Su Wolfgang ci sarebbe molto, tutti voi conoscete la persona. Non ho niente di specifico da raccontare , ma lui era tutto il tempo con noi durante gli allenamenti. Allenarsi con lui era come andare sulle montagne russe, piene di alti e bassi. Lui è arrivato e subito ci ha mostrato che cosa richiedeva per diventare un biathleta al top. Con lui ci si allena parecchio e ci chiedeva di seguirlo al 100% , era parecchio esigente con noi. E’ stato difficile, ma ci ha fatto diventare una squadra molto forte e lo ringrazio per questo. Ognuno di noi ha ricordi con sessioni di allenamento durante le quali abbiamo pensato che fosse un idiota totale. “Perche’ ci fai fare questo? È davvero troppo! Non riesci a capirlo?“. Alcune volte lui era veramente arrabbiato con noi, gridava e sbraitava, ma dieci minuti più tardi ogni cosa era finita ed tornavamo ad essere amici come prima “.
Durante questa preparazione estiva in cosa state maggiormente lavorando coi nuovi allenatori ?
"Certamente stiamo mantenendo le fondazioni del lavoro di Pichler degli ultimi anni. Ma ora penso sia il momento di avanzare e portare il suo lavoro al livello successivo. Cosi , quest’anno ci stiamo maggiormente concentrando su piccoli dettagli. Ci focalizziamo di più sulla tecnica e sulla tattica. Negli allenamenti sulla forza ci concentriamo di più sull’esplosività, cercando di diventare più veloci sulle salite e di cercare di raggiungere un avversario in gara. Con Wolfgang era come vedere l’intero quadro del lavoro generale cercando di essere migliori nel totale mentre quest’anno la nostra preparazione si svolge evidenziando piccoli dettagli, piccole cose da migliorare“.
Quali considera siano i suoi punti di forza nel biathlon ?
“Io penso che posso essere positiva tutte le volte. Anche se ho delusioni o battute d’arresto, io voglio guardare al futuro con una mente brillante. So essere sempre positiva e superare le mie difficoltà. So che i miei obiettivi sono sempre possibili da raggiungere. Un ‘altra cosa e’ che io sono sempre per la nostra squadra. Mi importa molto del Team Sweden e dei miei compagno. Io veramente voglio che loro abbiamo successo come me. Portare il mio feeling positivo e’ importante per il nostro gruppo, Mi piace raggiungere lo stesso obiettivo con le altre ragazze, noi sempre combattiamo insieme per raggiungerlo“.
Come considera il biathlon in Svezia negli anni a venire e voi biathleti , sentite la concorrenza con lo sci di fondo ?
“Domanda complicata. Ma posso dire che io ho sempre pensato che il biathlon fosse una disciplina straordinaria e volevo che anche le altre persone potessero vedere ciò. Con i suoi due elementi: il tiro, dove tu devi essere super concentrata e lo sci, dove tu devi liberarti la mente e spingere te stessa al limite massimo. La combinazione di queste due opposte situazioni rende la nostra disciplina cosi difficile ma divertente allo stesso tempo. Ma in Svezia è difficile perchè la cultura del fondo è ben radicata nel passato e la popolazione ama il nostro “ långskidor ”. Penso che sarà difficile per noi superare in popolarità il fondo ma se i nostri risultati continueranno ad essere quelli da noi ottenuti negli scorsi 3 / 4 anni, forse un giorno … “