Home > Notizie
Biathlon , Interviste

BERSAGLIO MOBILE Puntata 8 – “Vittozzi ha le stigmate della campionessa”

La lunga e tormentata trasferta nordamericana è passata agli archivi. Ora per i biathleti scatta il percorso di avvicinamento ai Mondiali di Östersund, che prenderanno il via il 7 marzo.
Le gare di Canmore e Soldier Hollow hanno però lanciato molti spunti di riflessione che andiamo ad analizzare in compagnia di Renè Laurent Vuillermoz nel consueto appuntamento con la rubrica “Bersaglio Mobile”.

Cominciamo come sempre dalle donne, dove c’è stato il cambio della guardia in vetta alla classifica generale. Lisa Vittozzi ha scavalcato Dorothea Wierer. Cosa pensi di quanto visto tra Canmore e Soldier Hollow?
“Sinceramente mi è sembrato di vedere Lisa in difficoltà sugli sci, però lei dal punto di vista mentale è una ragazza d’acciaio. Credo sia il prototipo dell’atleta ideale, perché non solo è conscia del fatto che quando deve giocare in difesa è necessario fare affidamento sulla precisione, ma riesce anche a mettere in pratica il proposito di coprire quanti più bersagli possibili. Qualcuno mi dirà che ha chiuso con un 2 nell’inseguimento di Soldier Hollow. Vero, però sono stati i primi errori in piedi dopo sette poligoni consecutivi puliti! Prima o poi si sbaglia, è la legge delle probabilità. Non mi focalizzerei su quella doppia penalità, bensì sul fatto che nonostante non sia al top della condizione sia riuscita ad arrivare a sparare per giocarsi la vittoria. Questo significa avere le stigmate della campionessa”.
Siamo d’accordo su Lisa. Però Renè, consentimi di dirlo fuori dai denti, negli ultimi due anni il trend di Dorothea è stato chiaro. Nel 2017 e nel 2018 da febbraio in poi il suo rendimento è calato. Le gare nordamericane sono state un indizio in tal senso? Succederà anche nel 2019? Oppure riuscirà a reggere fino alla fine come nel 2016, altro inverno con i Mondiali a marzo?
“Quanto dici secondo me è vero, cioè Dorothea ha la tendenza a partire forte per poi calare da metà stagione in poi. Infatti pronti-via e a dicembre era in formissima. Però sinceramente non capisco se adesso stia patendo un affaticamento atletico, oppure psicologico. A Canmore mi è sembrata in difficoltà fisicamente, ma a Soldier Hollow no. Non ci sono dubbi sul fatto che l’inseguimento sia stata una gara disgraziata. Però un passaggio a vuoto può capitare a tutti e soprattutto se con 8 errori arrivi comunque nelle prime venti, allora significa che hai viaggiato sugli sci. Quindi secondo me la parabola non è in discesa irreversibile. Adesso ci sono due settimane per tirare il fiato, soprattutto dal punto di vista mentale, per poi provare a finire fortissimo”.
Ti faccio una domanda secca. Sei sempre convinto che la Coppa del Mondo arriverà in Italia?
“Sì. La corsa non è ancora finita, però sul lungo periodo io continuo a vedere Lisa e Dorothea più forti di Olsbu e Kuzmina. Poco importa se la Sfera di cristallo prenderà la strada di Sappada o di Castello di Fiemme, chiunque delle due la vincerà sarà un successo e un evento stupendo per il biathlon italiano. Spero che la federazione o chi per lei sarà in grado di cavalcare l’onda di questa affermazione. Mi dirai che non bisogna vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso e sono d’accordo. Il verdetto verrà emesso solo il 24 marzo, però ripeto, io resto convinto che la Coppa del Mondo 2019 arriverà da noi".
Allarghiamo lo sguardo alle altre azzurre. Rispetto a un mese fa Nicole Gontier e Federica Sanfilippo sembrano essersi scambiate di ruolo. La valdostana ora è una solida numero tre, mentre l’altoatesina appare persa. In tutto questo Alexia Runggaldier è stazionaria. Le tue impressioni?
“Finalmente Nicole è riuscita a inanellare un paio di gare come si deve ed è appunto diventata la terza forza del team. Credo possa essere un buon punto d’appoggio per la staffetta e anche una bella mina vagante nelle sprint, perché se inanella due poligoni puliti consecutivi può diventare una brutta gatta da pelare per tutte. Riguardo Federica, è evidentemente in grossa difficoltà. Però sono convinto debba semplicemente ritrovare la tranquillità. Forse ultimamente ha cercato troppo il risultato, mentre l’ideale è gareggiare senza pensarci. In questo modo si lavora con più serenità e il risultato arriva in automatico, da solo. Il problema del biathlon è che se si perde il filo del discorso, durante la stagione c’è poco tempo per ritrovarlo. Questi 15 giorni di pausa sono provvidenziali e potranno servirle per ritrovare tranquillità e fiducia in sé stessa, magari rivedendo l’attitudine alla gara. Sappiamo che può valere la top ten e soprattutto essere l’arma in più in staffetta, perciò è necessario focalizzarsi sull’essenziale, dimenticando tutto il resto, per riportare in gara le buone sensazioni degli allenamenti. In realtà credo le basti riaccendere un interruttore mentale per ritrovare la sua miglior versione. Più o meno quanto fatto da Nicole poche settimane fa. Infine riguardo Alexia, non credo ci sia molto da dire. Prosegue sulla stessa falsariga ormai da due anni. Fa tanta fatica sugli sci, ma quantomeno riesce a difendersi al tiro rimanendo a galla grazie alla sua precisione”.
Esaurito il discorso femminile, ci spostiamo su quello maschile. Johannes Bø a Canmore è stato mostruoso, mentre a Soldier Hollow è tornato sulla terra, sbagliando parecchio in piedi. Abbiamo forse trovato il suo tallone d’Achille? Le sessioni di tiro con forte vento?
“Sino ad ora Johannes non ha fatto una Stagione con la S maiuscola, bensì una STAGIONE tutta maiuscola. Un passaggio a vuoto, soprattutto in condizioni particolari, fa parte del gioco. Posso però dirti che lui forse non ha una grande stabilità nella posizione di tiro in piedi, quindi quando la situazione si fa delicata tende a patire. Si sa che lui fino allo scorso anno ha sempre avuto l’errore abbastanza facile, o comunque non era per nulla continuo. Quindi in un contesto problematico le vecchie lacune possono sempre tornare a galla”.
Al riguardo Östersund è poligono dove di tanto in tanto il vento è protagonista. Certo è che Johannes sembra avere gran margine, almeno sulla sprint. Altrove la porta potrebbe essere aperta per gli altri?
“Östersund è un poligono infame. Facile in condizioni normali, ma difficilissimo se si alza il vento. Effettivamente sulla sprint Johannes è di livello superiore. A meno che qualcuno non arrivi in Svezia al 250% della forma, può permettersi un errore a prescindere e vincerla comunque. Il discorso può invece essere molto diverso sulle quattro serie. Per esempio se Fourcade ha ritrovato determinate sensazioni e velocità sugli sci, può essere addirittura il favorito per vincere l’individuale e provare a sfidare Johannes ad armi pari sia nell’inseguimento che nella mass start. Non sarei sorpreso se alla fine saranno sempre loro due a giocarsela”. 
Torniamo per un attimo sul settore femminile, hai detto del poligono di Östersund. Da come lo descrivi può essere terreno fertile anche per le punte italiane?
“Sì, le nostre lì possono fare la differenza. Dorothea si è sempre comportata bene in Svezia, mentre Lisa esordì lì ottenendo subito due piazzamenti in zona punti. Secondo me può essere terra di conquista, anche se la concorrenza sarà durissima perché in tante cercheranno di dare un senso alla propria stagione con una medaglia iridata”.
Torniamo sugli uomini, ti voglio lanciare un tema. Alla tenera età di 26 anni Vetle Sjåstad Christiansen e Quentin Fillon Maillet si sono scoperti atleti di vertice, il loro coetaneo Alexander Loginov sta disputando la miglior stagione di sempre, mentre il 27enne Simon Desthieux zitto zitto è terzo nella classifica generale dando l’impressione di avere ancora margine di crescita. Johannes Bø a parte, l’orologio biologico del biathlon maschile si è spostato più avanti?
“Discorso affascinante e complesso. Diciamo che sicuramente il 1992 è una gran bella annata, ma anche il 1991 e il 1993 non scherzano. Johannes a parte sono atleti che ci hanno tutti messo del tempo ad arrivare al vertice, però non dimentichiamoci che gareggiano in Coppa del Mondo da parecchio e nel massimo circuito sono subito entrati in zona punti. Tra l’altro, quando venivano retrocessi in Ibu Cup, erano sempre nelle prime cinque posizioni. Sicuramente hanno avuto bisogno di diversi anni per arrivare al livello di eccellenza assoluta, quindi può darsi che la maturazione necessaria per vincere si sia spostata più avanti rispetto al recente passato. Però se un ragazzo ha i numeri, nel circuito cadetto li vedi subito”.
Guardiamo all’Italia. Hofer prosegue sulla stessa falsariga da inizio stagione, mentre Windisch sembra lì lì per tornare quello vero, senza però riuscire a trovare la quadra. Che ne pensi?
“Sì Lukas è stabile al suo ottimo livello. Il suo range di classifica in condizioni normali è tra il 6° e il 15° posto, però se lui esegue tutto al meglio e gli altri sbagliano può anche provare a salire sul podio. Speriamo che a Östersund ci possa essere una gara dove lui è perfetto e si verificano situazioni particolari, allora potrà anche arrivare la medaglia. Dominik secondo me sbaglia ancora troppo al poligono. Diciamo che da Anterselva in poi è cresciuto e la speranza è che possa trovare il suo picco proprio ai Mondiali. Al riguardo vorrei sottolineare che il suo bilancio iridato potrebbe risultare positivo anche senza metalli al collo. Il livello è altissimo, quindi magari anche piazzamenti nella top-six potrebbero essere un grande risultato”.
Riguardo gli altri azzurri?
“Bormolini e Chenal si sono espressi sui loro limiti e hanno fatto il possibile. Montello sta seguendo un percorso diverso e lo vedremo agli Europei. Io però vorrei sottolineare un concetto riguardo alle seconde linee. Mi è stato riferito di polemiche in merito all’utilizzo di questi ragazzi in staffetta, o addirittura riguardo la loro presenza in Coppa del Mondo. Allora, mettiamo le cose in chiaro. Bisogna prendere atto che volenti o nolenti questo è quello che passa il convento. Ora come ora, dietro ai nostri due big ci sono questi tre atleti e di conseguenza bisogna cercare di tirare fuori il massimo da questo terzetto. È inutile invocare la loro sostituzione con Cappellari e Braunhofer, perché questi due hanno già esordito in Coppa del Mondo e si è visto quanto valgono al momento, cioè meno dei tre tra virgolette ‘sotto accusa’. Daniele e Patrick sono ancora prototipi di atleti, che hanno bisogno di formarsi e di essere costruiti nella palestra dell’Ibu Cup. Magari li si potrà lanciare nel massimo circuito di tanto in tanto, ma buttarli allo sbaraglio in staffetta o farli arrivare sistematicamente ottantesimi in Coppa del Mondo non servirebbe a niente e anzi, sarebbe controproducente. Bisogna avere pazienza e accettare il fatto che oggi l’Italia non può avere quattro Hofer o quattro Windisch. Il discorso può essere applicato anche sulle donne. È già un mezzo miracolo poter contare su due come Dorothea e Lisa contemporaneamente, di conseguenza è inutile stracciarsi le vesti se Nicole o Fedy commettono un paio di errori di troppo, oppure se Alexia va piano sugli sci. Le nazioni con cinque/sei atleti in grado di vincere nello stesso momento storico si contano sulle dita di una mano monca e sono tutte superpotenze. Le seconde linee, se così vogliamo chiamarle, fanno sempre del loro meglio e da loro non si può pretendere la Luna”.

Share:

Ti potrebbe interessare

Image
Image