Tra gli italiani che faranno a Cogne il loro esordio in Coppa del Mondo, non è certo passato inosservato il nome di Gilberto Panisi. Milanese, classe 1994, per seguire la sua passione per il fondo e contemporaneamente non lasciare lo studio, Panisi ha prima girato l’Italia, passando per Tarvisio e Trento, finendo quindi in Svezia, a Falun dove da alcuni anni studia all’università e si allena con il Falun Borlänge SK, insieme all’attuale tecnico della nazionale svedese Mattias Nilsson.
Quest’anno tutti questi sacrifici hanno portato diversi risultati di rilievo, con un buon risultato agli Italiani, il primo podio in OPA Cup e infine la convocazione per la 15km in classico di Coppa del Mondo a Cogne. Tanti quindi gli argomenti con lui affrontati in questa lunga intervista.
Ciao Gilberto. Come hai reagito quando ti è stato comunicato che avresti esordito in Coppa del Mondo?
«Sono stato soddisfatto, era un mio obiettivo, ho fatto tanto per raggiungere questa convocazione e ho fatto diverse buone prestazioni in stagione. Sarò però contento soltanto domenica se avrò fatto una bella gara, perché al momento sono concentrato solo su quella. Infatti vedo questa convocazione come un’opportunità da cogliere, che mi sono conquistato e ora va sfruttata. Sono concentratissimo».
È l’ennesimo risultato di una stagione fin qui molto buona per te.
«Si, è una stagione assolutamente positiva e sono contento di questo. Ne parlavamo anche con Alberto Bucci, che da quest’anno mi allena, secondo entrambi siamo a un punto più avanzato rispetto alle nostre aspettative per questo primo anno insieme. Con lui ho iniziato ad allenarmi solo questa estate, perché quando Mattias Nilsson, l’allenatore che mi ha accolto e guidato da quando sono arrivato a Falun, è diventato responsabile della nazionale svedese, dovevo trovare un nuovo allenatore e ho deciso di ripartire con un tecnico italiano».
Quali sono le tua aspettative per la 15km in classico di Cogne?
«La vedo molto difficile anche perché conosco già la gran parte dei miei avversari sia italiani sia svedesi. Diciamo che sono consapevole delle mie potenzialità e quindi so cosa aspettarmi anche come distacco. Ecco, se sarò sotto i due minuti da De Fabiani, per esempio, potrò dire di aver fatto una buona gara. Lo stesso farò con i diversi svedesi che saranno in gara lì, mi confronterò con i loro tempi per rendermi ben conto della mia prestazione. Con la maggior parte di loro mi sono allenato negli ultimi anni».
Torniamo indietro nel tempo. Raccontaci come a un ragazzo milanese come te sia nata la passione per lo sci di fondo.
«Mi è stata trasmessa da mio papà, che è da sempre un amatore, tanto che da giovane ha partecipato a diverse edizioni della Marcialonga e non si è fermato nemmeno quando aveva già avuto me e le mie sorelle. Per questo motivo i miei genitori erano soliti portarci a fare fondo già da piccolini, anche perché con il camper era comodo per loro: aprivano la porta, ci mettevano gli sci ai piedi, ci lasciavano sfogare qualche ora e tornavamo cotti (ride, ndr). Attorno ai quattordici anni, però, iniziai prendere le cose più seriamente, quando feci delle lezioni di sci di fondo a Santa Caterina da Silvana, la mamma dei fratelli Clementi. Allora facevo atletica, ma lei mi disse che ero bravo, avevo delle qualità e avrei dovuto provare a disputare qualche gara di fondo. La ascoltai, presi contatto con il Team Brianza e feci la mia prima stagione seria gareggiando ogni weekend in Lombardia. Alla fine di quella stagione, dopo che vinsi il titolo provinciale, si aprì l’opportunità della scuola Bachmann a Tarvisio. Nel frattempo fui convocato per il Nazionale Giovani a Madonna di Campiglio, ero ancora della categoria Allievi ma a quella competizione partecipavano anche gli Aspiranti. Arrivai all’ultimo posto, perdendo anche la volata per il penultimo, ma quel giorno il mio futuro allenatore Mariano Malfitana, che stava osservando la gara, vide che c’era qualcosa su cui lavorare. Così iniziò la mia nuova avventura a Tarvisio alla scuola Bachmann, al primo anno negli Aspiranti lasciai anche la corsa per concentrarmi unicamente sul fondo».
Da Tarvisio come sei finito a Falun?
«Alla mia ultima stagione da Junior, che coincideva anche con il mio anno conclusivo alla Bachmann, vinsi un titolo italiano, tanto che la preside raccontava di avermi preso da ultimo e lasciato da primo (ride, ndr). Nel corso di quella estate provai anche a fare un concorso per entrare in un corpo sportivo, ma non venni arruolato. Nel frattempo avevo intenzione di proseguire gli studi, così ho sposato il progetto dell’Uni. Team Trento, trasferendomi lì. Le cose, però, non sono andate come mi aspettavo così ho deciso di cambiare ancora ed è nata l’idea della Svezia. Ho preso alcuni contatti e grazie a una bella prestazione alle Universiadi, sono riuscito a entrare nel gruppo di allenamento di Falun guidato da Mattias Nilsson. Già il primo maggio ero in Svezia con tutte le mie cose. Ovviamente mi è dispiaciuto lasciare l’Italia, ma le cose qui non avevano funzionato come avrei voluto, quindi ho scelto di partire».
Com’è stato l’impatto con questa nuova realtà.
«Sicuramente si è rivelata un’esperienza molto bella, perché ho scoperto tante cose sia dall’ambiente esterno che da me stesso, scoprendo in me delle risorse che non pensavo di avere. Ho dovuto affrontare e imparare una nuova lingua, ambientarmi in un paese nuovo senza la certezza di restare, perché quando sono partito avevo un bagaglio pieno di speranze ma anche un progetto annuale e poche certezze. Sono contento, quindi, di quanto ho fatto, mi sono integrato e ho imparato lingua, passaggio obbligatorio per iscrivermi all’università, dove ho scelto Scienze Motorie. Il primo anno è stato di adattamento, ho imparato anche a conoscere gli svedesi, che hanno un carattere diverso dal nostro, ci vuole un po’ per entrare in confidenza con loro e conquistarne la fiducia. Una volta accaduto, però, si diventa grandi amici. Ovviamente ho trovato delle differenze anche nell’allenamento. Ho aumentato tanto il volume, ma va detto che questo passaggio l’avrei fatto anche in Italia passando da Junior a Senior, le ore di allenamento sarebbero ugualmente cresciute. Per il resto, il programma di allenamento è molto condizionato dalla morfologia del territorio, perché in Svezia c’è un dislivello inferiore rispetto all’Italia».
Hai scelto sicuramente una strada molto diversa rispetto ai tuoi coetanei.
«Si sto facendo una cosa nuova, ma devo ringraziare di cuore il Falun Borlänge che è diventata la mia seconda famiglia e mi sta aiutando tantissimo. Ho un accordo con loro per il quale partecipo ad alcune gare che gli interessano, come ad esempio i Campionati Nazionali, ai quali posso partecipare pur non essendo svedese, anche se ovviamente non potrei essere convocato in nazionale. Allo stesso tempo, però, per poter provare fino in fondo ad entrare a far parte della nazionale italiana e partecipare un giorno a Mondiali o Olimpiadi, mi sono tesserato anche con uno sci club italiano, il Team Brianza, quello con cui ho iniziato, per partecipare alle gare di Coppa Italia e ai Campionati Italiani. A vederla così sembra una cosa facile, ma mi ci sono voluti più di tre anni per ottenere finalmente i primi risultati positivi. Purtroppo nelle prime stagioni ogni volta che tornavo in Italia qualcosa andava male: un paio di volte mi sono ammalato, in altre occasioni, poi, ho avuto problemi con i materiali. Ora, grazie anche alla presenza di Alberto Bucci, ho un punto di riferimento a Predazzo, dove mi fermo e mi alleno quando sono in Italia, sto riuscendo ad allenarmi con maggior continuità».
A proposito: dalla Svezia come hanno reagito alla tua convocazione?
«Su ho la mia vita, ho tanti amici di allenamento, la scuola, il mio appartamento. In tanti mi hanno chiamato, sono contenti per me, soprattutto quelli del mio sci club, che non mi hanno fatto nemmeno storie per aver saltato i Campionati Nazionali ai quali tenevano tanto. Molti di loro li incontrerò poi domenica in pista, quando mi farà un certo effetto gareggiare da avversari in Coppa del Mondo».
A proposito: chi è un fondista che ritieni un idolo o un punto di riferimento?
«Sono cresciuto con il mito di Northug, che aumentò poi quando vinse a Falun proprio nel periodo in cui mi stavo trasferendo io. Le cose però sono cambiate, ora non ho più alcun idolo, perché mi sono abituato ad allenarmi quotidianamente con fondisti di ambito internazionale che un tempo avrei potuto vedere soltanto in tv, umanizzandoli. Per esempio mi alleno molto spesso con Halfvarsson, un ragazzo splendido, con il quale ho un ottimo rapporto. Una volta gli svelai anche che Northug era il mio idolo e gli chiesi tante cose sulla loro rivalità. Finì tra tante risate. Qui mi hanno accolto proprio bene, anche se non sono svedese mi fanno sentire parte del gruppo, anzi Nilsson ha detto più volte che sono un valore aggiunto per loro, in quanto ho sempre tanta voglia di allenarmi e sono venuto da un paese straniero per studiare e crescere nello sci di fondo. Per loro sono un elemento positivo, vado d’accordo con tutti e il mio comportamento è stato apprezzato. Per altro a Cogne mi vedrete con la tuta del Falun Borlänge».
Ora che stai per esordire in Coppa del Mondo, qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Lo tengo nel cassetto (ride, ndr)».
Fondo – Conosciamo Gilberto Panisi, il milanese giramondo, svedese d’adozione, che a Cogne esordirà in Coppa del Mondo
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