La tredicesima edizione del Tour de Ski è ormai andata in archivio con i trionfi di Johannes Høsflot Klæbo in campo maschile e Ingvild Flugstad Østberg nel settore femminile.
In casa Italia sono arrivati risultati di peso soprattutto grazie a Francesco De Fabiani, ma anche Federico Pellegrino ha guadagnato il podio in una delle due sprint.
È dunque giunto il momento di andare a sentire le opinioni di Fulvio Valbusa in merito alla prova multi stage per antonomasia dello sci di fondo. Puntata dunque molto succosa dell’ululato, poiché la carne al fuoco è davvero parecchia.
Partiamo dal settore maschile, dove come previsto c’è stato grande spettacolo. Avevamo annunciato il confronto generazionale, che alfine è stato stravinto dai giovani. Qual è la tua analisi?
“Tra gli uomini è stato uno dei Tour de Ski più belli che io ricordi. In quella sfida tra generazioni io parteggiavo per i veterani, un po’ per nostalgia e un po’ per affetto, però bisogna fare il conto con il passare del tempo e le nuove leve possono mettere in campo più forza e una maggiore capacità di recupero. Per di più Cologna s’è ammalato, quindi non ha potuto esprimersi appieno. Sundby invece ha patito e non poco, abbiamo visto come non riuscisse a rimanere sul pezzo quando Klæbo e Ustiugov si prodigavano nei loro violenti cambi di ritmo”.
Appunto, Klæbo e Ustiugov sono stati i grandi duellanti di questo Tour de Ski. Alfine bilancio positivo per entrambi, perché il norvegese ha dato una grande prova di maturità, mentre il russo si è ritrovato dopo un 2018 difficile per tante ragioni. Che impressione ti hanno dato?
“Si sapeva che Klæbo avrebbe potuto fare bene nelle prime tappe, ma c’era il dubbio riguardo la possibilità di arrivare fino in fondo. Probabilmente i tanti punti messi in palio dalla manifestazione gli hanno fatto gola e sono convinto che sul Cermis sia salito in controllo, anche se ha concluso devastato. Ustiugov mi ha davvero impressionato, anche per generosità, e alla fine della fiera ha pagato la “cotta” patita nella mass start della Val di Fiemme, causata credo anche dalla sua grande aggressività. Avesse gestito meglio le energie avrebbe potuto anche vincere il Tour de Ski, perché è sicuramente più forte di Klæbo in una prova scalata. In generale il russo lo vedo più competitivo a cronometro rispetto al norvegese, che però ha altri punti di forza. Senza ombra di dubbio sono due grandissimi interpreti dello sci di fondo che potranno segnare la disciplina negli anni a venire”.
“Rimandato” invece Bolshunov, salito in diverse occasioni sul podio, però mai grande protagonista. Cosa ci dici di lui?
“Sai, Bolshunov non è un gran pattinatore, o comunque non è così forte a skating come lo è in classico. Quindi è partito a handicap visto che delle prime sei tappe solo due erano in alternato. Poi questa caratteristica lo ha penalizzato molto sul Cermis, dove al contrario un atleta come Krüger ha fatto la differenza grazie a una migliore impostazione in pattinaggio. Il norvegese ha saputo far andare gli sci tenendo una posizione che ha affaticato il meno possibile i polpacci, ovvero la parte che va maggiormente in crisi in una salita. Questo è stato il segreto del suo numero nella tappa finale. Bolshunov invece è più acerbo sotto questo aspetto, ma non penso che questo Tour de Ski lo ridimensioni. Anzi, probabilmente sarà ancora più motivato a far bene nel prossimo futuro”.
Parliamo degli azzurri. Il grande protagonista in casa Italia è giocoforza Francesco De Fabiani, capace di arrivare sul podio in entrambe le mass start. Per lui possiamo parlare di prova di maturità superata?
“Sinceramente De Fabiani mi ha stupito e credo sia stato la vera rivelazione del Tour de Ski. L’ho visto impostare gare in maniera calcolata e intelligente, correndo in maniera ottimale sia a Oberstdorf che in Val di Fiemme. Potrebbe avere effettuato il salto di qualità, perché secondo me gli mancava ancora un po’ di convinzione nei propri mezzi, che invece ha trovato proprio con questi due podi in cui si è inchinato solo a un Klæbo devastante. Francesco ha dimostrato di poter ottenere grandissimi risultati e personalmente penso che l’Italia del fondo abbia riscoperto un grande talento che già si conosceva, ma ultimamente aveva un po’ faticato”.
Passiamo a Federico Pellegrino. L’obiettivo era di vincere entrambe le sprint per riavvicinarsi a Klæbo nella Coppa di specialità. Invece è stato il norvegese a imporsi in ambedue le prove, guadagnando ulteriormente terreno. Cosa possiamo dire al riguardo?
“Voglio essere sincero, Dobbiaco è stata una delle sprint più anonime e peggio disegnate mai viste in tempi recenti. La pista era troppo stretta e il tracciato molto banale. Ci sarebbero voluti spazi diversi e un’altimetria differente per far esprimere al meglio tutti gli atleti, ma non è stato così. Pellegrino ha patito parecchio questa situazione, mentre si è ritrovato in Val Müstair, dove senza l’intoppo della papera se la sarebbe giocata con quel mostro di Klæbo. Però in questo Tour de Ski il norvegese ha ribadito di essere il numero uno anche nelle sprint a skating e che per batterlo bisogna avere tutto al 100%. Può essere superato solo con sci perfetti e senza sbagliare nulla, perché a parità di forze non lo si batte. Adesso Chicco ha 67 punti di distacco, ma lui andrà a Dresda dove invece mancherà Klæbo. Sarà una bella opportunità per conquistare la testa della classifica della Coppa di specialità”.
Sugli altri italiani cosa possiamo dire?
“Che hanno fatto una bella esperienza. Si meritano un plauso Stefano Gardener e Giandomenico Salvadori, perché portare a termine il Tour de Ski è sempre un risultato degno di nota. Quindi bravi a essere arrivati sino in cima al Cermis”.
Passiamo alle donne. Se tra gli uomini c’è stato grande spettacolo, l’edizione femminile probabilmente finirà presto nel dimenticatoio. Sono troppo cattivo?
“Si sapeva in partenza che senza Johaug, Kalla e Andersson questo Tour de Ski aveva una marcia in meno. Inoltre il numero esiguo di atlete arrivate in Val di Fiemme non ha certo rappresentato un bello spettacolo. Aggiungiamoci che è addirittura non abbiamo avuto pathos, perché non pensavo che Østberg potesse avere vita così facile contro Jessica Diggins e Krista Pärmäkoski. L’americana è proprio mancata, mentre la finlandese non si è confermata allo stesso livello di inizio stagione e di conseguenza ne è venuto fuori un Tour de Ski a senso unico in favore di Østberg”.
Alla fine le avversarie più toste sono state le russe e in particolare Natalia Neprayeva. Non dico che siamo tornati indietro di vent’anni, però questa Russia infarcita di giovani promettenti è intrigante in prospettiva.
“Assolutamente, la Russia ha una squadra fortissima e nell’ottica della staffetta di Seefeld non dormirei sonni tranquilli neppure se fossi la Norvegia. Le russe possono imbastire un quartetto competitivo in ogni segmento e provare a far saltare il banco. Per l’oro iridato non sarà una sfida ristretta alle due superpotenze scandinave”.
Un Tour de Ski a senso unico però potrebbe avere avuto il pregio di rendere interessante la lotta per la Sfera di Cristallo. Østberg adesso ha un grande vantaggio su Therese Johaug.
“L’hai detto, 552 punti sono davvero tanti. Però attenzione, non credo che Therese alzerà bandiera bianca, perché sinora ha vinto tutte le gare a cui ha partecipato mentre Ingvild dovrà fare i conti con la fatica accumulata in questi giorni. La storia ci dice che chi partecipa al Tour de Ski fatica a tenere per una stagione intera. Østberg potrebbe fare un richiamo prima dei Mondiali di Seefeld, ma l’inverno non finisce lì e di conseguenza potrebbe aprirsi un’autostrada per Johaug per recuperare punti pesanti. Insomma, speriamo venga fuori una bella sfida in rincorsa. Staremo a vedere”.
Capitolo Italia, quali sono le tue opinioni?
“Sicuramente bilancio positivo per Caterina Ganz, che ha iniziato a farsi vedere anche in Coppa del Mondo, mentre per Sara Pellegrini vale lo stesso discorso fatto per Gardener e Salvadori. In generale però è stata un’occasione persa per le azzurre perché l’influenza ha decimato la squadra e non è stato possibile cogliere al volo l’opportunità data da questa edizione. In particolare credo che Brocard avrebbe potuto fare classifica e strappare un piazzamento nelle dieci in cima al Cermis, anche perché l’esperienza sarebbe stata dalla sua. Peccato, davvero un peccato invece ci sia stata questa epidemia virale”.
Chiudiamo con delle considerazioni generali sul Tour de Ski. Tu cosa pensi della struttura della manifestazione?
“Secondo me si tratta di un evento troppo dispendioso e in tanti preferiscono non parteciparvi, soprattutto per quanto riguarda il settore femminile. Personalmente penso che al Tour de Ski, se si vuole mantenere questo format con tante gare in pochi giorni, si debba ridurre il chilometraggio delle prove, magari dimezzando la distanza. In questo modo avremmo anche distacchi più contenuti e si arriverebbe alle ultime tappe con una situazione più equilibrata, in maniera tale da aumentare la spettacolarizzazione. Magari si potrebbero anche ridurre gli abbuoni, che hanno fatto la differenza soprattutto tra gli uomini. Inoltre vorrei lanciare una provocazione riguardo il Cermis”.
Prego, esprimiti.
“Siamo sicuri sia un bello spettacolo vedere gli atleti e le atlete trascinarsi in salita? Io quasi quasi proporrei di fare un cambio sci all’attacco del Cermis, montando sci con le pelli in maniera tale da permettere agli atleti di salire in passo classico. Lì si vedrebbe davvero la forza e il motore di ognuno, poiché sarebbero tutti sullo stesso piano. Ripeto, è una provocazione, ma non mi dispiacerebbe vedere almeno un’edizione con questo finale”