Negli ultimi anni la Thailandia è una delle mete turistiche più apprezzate al mondo. Chi vi ha messo piede anche soltanto una volta vi ha lasciato il cuore e al suo ritorno racconterà della moderna Bangkok, tra templi, palazzi e mercati galleggianti, dell’antica cittadella di Sukhothai, di Chiang mai e dei suoi templi, delle tante splendide isole e spiagge, ma anche di una cucina tra le migliori al mondo. Sicuramente, però, tra le mille attività fatte in Thailandia, nessuno potrà mai raccontarvi di essere andato a sciare e sarà rimasto anche un po’ sorpreso nel vedere la bandiera thailandese sfilare durante la cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici Invernali di PyeongChang.
Eppure c’è chi rappresenta questo splendido paese anche nel mondo degli sport invernali, in particolare nello sci di fondo. Sono i fratelli Karen e Mark Chanloung, thailandesi di Gressoney. Figli di papà thailandese e mamma valdostana, infatti, sono cresciuti negli stessi luoghi di Pellegrino, De Fabiani, Laurent e Brocard, per citare alcuni atleti valdostani della nazionale azzurra, e da grandi appassionati di sci di fondo hanno realizzato il loro sogno di rappresentare la Thailandia ai Giochi Olimpici. Una storia particolare la loro, che unisce le tradizioni dell’oriente alla passione per la montagna tipica dei gressonari. Per saperne di più abbiamo intervistato Karen Chanloung, che ci ha raccontato la sua storia.
Classe 1996, legata sentimentalmente al nazionale Under 23 azzurro Mikael Abram, la fondista thailandese ha appena gareggiato in Coppa del Mondo a Davos e sarà al Tour de Ski, prima di prepararsi per i Mondiali Under 23 di Lahti e quelli senior di Seefeld.
Ciao Karen. Sei reduce dall’esordio stagionale in Coppa del Mondo; com’è andata a Davos?
«Diciamo che posso fare di meglio (ride, ndr). Quest’anno purtroppo siamo partiti in ritardo con la preparazione, perché in Thailandia è stato riorganizzato un po’ il tutto dopo i Giochi Olimpici e ci sono stati diversi cambiamenti dal punto di vista politico. Comunque sono contenta di aver gareggiato a Davos e in gara mi sono sentita bene. Da quel punto di vista, quindi, è stato un weekend positivo».
Hai qualche obiettivo particolare per la stagione?
«Non c’è qualcosa di specifico. Sicuramente voglio fare bene ai Mondiali Under 23. Nell’immediato parteciperemo al Tour de Ski, anche se abbiamo in programma di gareggiare soltanto nelle prime tappe, senza arrivare fino in fondo. Quindi puntiamo a prendere parte ai Mondiali Assoluti di Seefeld e successivamente anche alle Universiadi, visto che siamo entrambi studenti universitari. Ah, poi non potremo mancare, ovviamente, alla tappa di Coppa del Mondo in quel di Cogne».
Da Gressoney ai Giochi Olimpici di PyeongChang con i colori della Thailandia; la vostra è una storia interessante: puoi parlarcene?
«Certo. Nostra mamma è gressonara, durante un viaggio in Thailandia ha conosciuto nostro papà e si sono innamorati. Hanno quindi deciso di vivere in Valle d’Aosta, dove io e mio fratello siamo nati e cresciuti. Da buoni valdostani abbiamo sempre sciato, prima facendo discesa, poi siamo passati allo snowboard, quindi abbiamo virato sullo sci di fondo che è diventato la nostra passione. Da lì le prime gare, l’ingresso nel Comitato Asiva, poi non facendo parte di alcun corpo sportivo né della nazionale italiana, stava diventando difficile per noi andare avanti perché la nostra famiglia non avrebbe certo potuto sostenerci all’infinito. Da lì abbiamo pensato di provare a proseguire iniziando a gareggiare per l’altra metà di noi, la Thailandia. Così abbiamo contattato il Comitato Olimpico Thailandese e abbiamo scoperto che proprio in quel momento stavano creando la federazione degli sport invernali, che è praticamente nata contemporaneamente al nostro arrivo. Siamo quindi entrati nella Ski & Snowboard Association of Thailand, della quale inizialmente eravamo cinque atleti. Alle olimpiadi eravamo in quattro, perché oltre a noi c’erano anche due discesisti, di cui un altro come noi, metà italiano e metà thailandese, mentre l’altra atleta era svizzera-thailandese. Non ha invece partecipato alle Olimpiadi l’altro ragazzo, un atleta franco-thailandese, di freestyle, che si era qualificato per i Giochi ma li ha saltati a causa di un brutto infortunio».
In Thailandia si è parlato di voi?
«Si, siamo apparsi sui quotidiani e nei telegiornali. Addirittura è stato prodotto un mini-documentario di dodici puntate sulla nostra partecipazione alle Olimpiadi. Le autorità sportive thailandesi ci hanno accolto molto bene, erano felici di avere atleti a rappresentarli anche ai Giochi Olimpici Invernali. Ovviamente gli sport invernali lì non sono molto conosciuti, non c’è una cultura legata agli sport sulla neve. Sta nascendo qualcosa, magari, legata più al ghiaccio, ci sono pattinatrici e hanno formato anche una squadra di hockey. Ecco, diciamo che a Bangkok, almeno, hanno appena fatto un pistino con un tappeto di plastica per sciare, ma solo discesa».
Gli esponenti politici thailandesi vi seguono?
«Siamo stati accolti bene anche da loro e ci stanno seguendo abbastanza, in particolare il Ministero dello Sport. Per esempio in occasione dei Giochi Invernali Asiatici sono venuti a vederci in quel di Sapporo anche alcuni ministri».
Puoi raccontarci del tuo esordio in Coppa del Mondo?
«È avvenuto due anni fa a Dobbiaco, in occasione della sprint. Ero un mix tra agitazione ed emozione. Ovviamente ero contentissima ma mi faceva anche un po’ strano, perché avevamo sempre gareggiato per l’Italia e lì invece avevamo cambiato federazione e nazionalità. Quando gli altri vedevano le nostre tute con scritto Thailand erano sorpresi. Comunque in quell’occasione andò anche discretamente bene. Fu un bell’esordio».
Quindi lo scorso anno è arrivata l’emozione olimpica.
«Si, anche se già all’inizio della stagione avevamo la certezza di poter partecipare, sapevamo di non dover fare selezioni o qualifiche, essendo gli unici fondisti thailandesi (ride, ndr). È stato bellissimo perché abbiamo realizzato il sogno di ogni sportivo. Inoltre i nostri genitori erano lì con noi, anche perché mamma è la nostra fisioterapista e papà il manager. Eravamo tutti e quattro lì per vivere insieme questa esperienza olimpica».
In Corea del Sud il portabandiera è stato tuo fratello Mark.
«Si, perché il caso ha voluto che la Cerimonia d’Apertura cadesse proprio nel giorno del suo compleanno. Credo non potessimo festeggiarlo in un modo più bello».
Vostro padre cosa pensa del fatto che rappresentate la sua Thailandia?
«È contentissimo, ma soprattutto è tanto orgoglioso di noi. Anche quando in passato abbiamo rappresentato l’Italia, la cultura thailandese ha sempre fatto parte della nostra quotidianità, nostro papà ci ha insegnato tante cose sulla Thailandia e le sue tradizioni. Comunque anche mamma è molto contenta».
Insomma ti senti sia gressonara sia thailandese.
«Si. Da una parte sono orgogliosamente gressonara e dall’altra mi sento tanto thailandese. Fin da bambini siamo sempre andati in Thailandia e io me ne sono innamorata, anche perché lì c’è un bel clima caldo (ride, ndr). Per me nella vita esistevano solo Gressoney e la Thailandia. Mi piace tutto di quel paese, fa parte di me, appena atterriamo lì sono contenta e mi sento a casa. Ora che abbiamo cambiato nazionalità, poi, andiamo lì ancora più spesso e questo mi rende particolarmente felice».
Conosci la lingua thailandese?
«A casa nostra si è sempre parlato italiano e raramente nostro padre ci ha detto qualcosa in thailandese. Ora però abbiamo deciso di imparare e stiamo seguendo delle lezioni. È una lingua difficilissima. Comunque conosciamo l’inno nazionale».
Ora affrontiamo un argomento importante, la cucina: a casa preferisci mangiare valdostano o thailandese?
«È difficilissimo (ride, ndr). Papà cucina benissimo i piatti thailandesi, così a casa nostra mangiamo entrambe le cucine. No, non posso scegliere. Facciamo una sera l’una e quella successiva l’altra».
Hai qualche obiettivo particolare?
«Arrivare fino ai prossimi Giochi Olimpici. Abbiamo impostato un lavoro sui quattro anni proprio per questo. Nel frattempo proseguo anche i miei studi di Economia».
Nel vostro staff tecnico c’è tanta Italia.
«Si, da quest’anno abbiamo Erik Benedetto come allenatore e preparatore atletico, che si è aggiunto ad Andrea Dufour, nostro tecnico e skiman, a nostro papà Boonchan Chanloung nella figura di manager e a nostra mamma Maria Vittoria Comune come fisioterapista. Ci tengo però tantissimo a ringraziare la federazione thailandese e tutti gli sponsor per il prezioso supporto, senza di loro non potremmo andare avanti».