Nella passata stagione proprio in occasione del ritiro che chiuse la preparazione accusò dei problemi fisici, che lo costrinsero a saltare tutta la prima parte della Coppa del Mondo e partire addirittura dall’IBU Cup, per poi prendersi con caparbietà e coraggio un posto alle Olimpiadi proprio per il rotto della cuffia all’ultima tappa prima dei Giochi di PyeongChang. Le cose sembrano molto diverse però quest’anno per Giuseppe Montello, che dopo Sjusjoen si sente in buone condizioni fisiche e si prepara ad affrontare con fiducia, a Pokljuka, la tappa di apertura della Coppa del Mondo 2018/19.
Delle sue sensazioni a pochi giorni dal via e dei suoi obiettivi stagionali abbiamo parlato nella seguente intervista, trovandolo come sempre di buon umore.
Ciao Giuseppe, com’è andato il lungo raduno in Norvegia?
«Come speravo, fisicamente mi sento bene. Negli ultimi due o tre anni ho sempre pagato molto il raduno norvegese, tornando a casa molto stanco e non riuscendo mai a recuperare in tempo per presentarmi in condizione alle prime gare stagionali. Quest’anno, invece, ho l’impressione che il mio fisico abbia reagito bene ai carichi di lavoro. Mi sento bene, anche se ovviamente la risposta definitiva potrà darmela solo la pista, perché fino alle prime gare non si può mai avere la certezza di essere nella giusta condizione rispetto agli avversari».
Dalla passata stagione hai imparato anche a conoscere i limiti del tuo corpo e fino dove spingerti con i carichi?
«Le batoste, come quella da me subita lo scorso anno, insegnano molto, anzi sono più utili per imparare rispetto alle stagioni in cui va tutto bene. È sempre difficile, però, comprendere fino a che punto spingersi perché durante la preparazione dobbiamo raggiungere il limite. Io lo scorso anno ho spinto troppo, quindi so come non oltrepassarlo, ma è altrettanto importante non fermarsi prima. Insomma, spero di aver trovato quest’anno il giusto mix».
Quanto è importante avere la possibilità di confrontarsi con Hofer e Windisch, due atleti di livello internazionale, per capire a che punto sei?
«Sicuramente allenarmi con loro è molto stimolante ed è una grande opportunità, perché in ogni veloce che faccio, anche se siamo soltanto noi italiani, ho l’occasione di confrontarmi con due atleti di altissimo livello. Ho visto che riesco a difendermi bene, anche se ovviamente qualche volta fatico di più. Però in allenamento le cose sono andate molto bene anche in confronto a loro, però dovrò essere bravo a fare come Luki (Hofer, ndr) e Domi (Windisch, ndr) riuscendo a dare quel qualcosa in più quando si indossa il pettorale di gara».
Hai lavorato su qualcosa in particolare?
«Ho cercato soprattutto di trovare una maggiore stabilità al tiro ed evitare quei passaggi a vuoto che spesso hanno caratterizzato fin qui la mia carriera. Dal punto di vista fisico, invece, non ho cambiato quasi nulla, lavorando tanto come sempre».
Quest’anno, almeno per la prima parte della preparazione, vi siete allenati separati rispetto ai quattro big della staffetta mista; com’è andata?
«Mi sono trovato bene, perché ho presto avuto un buon rapporto con i tecnici per me nuovi. Con Klaus Hollrigl e Nicola Pozzi abbiamo svolto un ottimo lavoro nel corso della preparazione. Ovviamente i conti si potranno fare soltanto a fine stagione ma credo proprio che sia stata la scelta giusta e che alla fine pagherà. Si è creato un ottimo rapporto umano e professionale, una cosa mai scontata quando si cambia».
Quali sono le tue aspettative per le prima gare stagionali?
«Come sempre l’inizio di stagione è molto complicato. Mi aspetto di riportare in gara quanto faccio in allenamento. Se ci riuscissi già in queste prime gare sarebbe un’ottima cosa. In estate abbiamo lavorato tanto sulla tecnica e su come affrontare determinate situazioni di gara. Sono curioso di mettermi alla prova».
Qual è il tuo obiettivo stagionale?
«Quest’anno ci sono i Mondiali e ovviamente catturano la nostra attenzione. Personalmente, però, voglio ancora crescere e migliorare il mio biathlon sia nel tiro sia sugli sci. Speriamo di comportarci bene nelle staffette e vedremo poi se arriveranno anche dei buoni piazzamenti individuali. Un obiettivo ambizioso, che mi piacerebbe ottenere, è di riuscire ad entrare ogni tanto nei venticinque per gareggiare anche nella mass start».
Un’ultima domanda: per la classifica finale sarà ancora Martin Fourcade?
«Diciamo che Martin è come una macchina, ha una costanza che gli altri non hanno. Se lui va bene, automaticamente vince, ma anche quando non disputa una gara al meglio delle sue possibilità, riesce comunque ad arrivare nei cinque o nei tre. È impressionante. Il mio augurio è che Luki (Hofer, ndr) riuscendo a fare poco meglio dello scorso anno possa giocarsi le sue carte per arrivare ancora più avanti nella generale. Per la vittoria finale, in realtà, non me ne voglia Martin, non mi dispiacerebbe poi se Johannes Bø riuscisse a battagliare fino alla fine con il francese perché più c’è battaglia e più ci si diverte. Altrimenti finisce come nel calcio, dove in Serie A vince sempre la Juventus. E per me, interista, non è bello (ride, ndr)».
Biathlon – Giuseppe Montello: “Il mio fisico ha reagito bene ai carichi di lavoro”
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