Negli ultimi giorni si sono verificate due importanti novità, seppur di carattere opposto, nella corsa all’organizzazione dei Giochi olimpici invernali 2026 per i quali è candidata anche l’Italia.
In primis la stampa giapponese ha corroborato le già ricorrenti voci di un ritiro di Sapporo. L’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare all’inizio della prossima settimana. Infatti lunedì a Losanna una delegazione nipponica capitanata dal vicesindaco della città Takatoshi Mashida e dal presidente del comitato olimpico del Sol Levante Tsunekazu Kaneda incontrerà il numero uno del Cio Thomas Bach. Durante la riunione i giapponesi con ogni probabilità comunicheranno la decisione di abbandonare la contesa.
Il terremoto di magnitudo 6,7 che ha colpito l’Hokkaido lo scorso 6 settembre, provocando vittime e danni alle infrastrutture, ha rappresentato la classica goccia che fatto traboccare il vaso. D’altronde l’aleatorietà della candidatura di Sapporo era risaputa da tempo. Sia per ragioni geografiche (dopo PyeongChang 2018 e Pechino 2022 è altamente improbabile l’assegnazione di una terza edizione consecutiva all’Estremo Oriente), sia per ragioni logistiche interne (nella prefettura sono previsti importanti ammodernamenti alla rete di trasporti che però non avranno modo di essere completati entro il 2026).
Dunque niente di nuovo. Sapporo si ritirerà dalla corsa al 2026 con l’intenzione di provarci con una candidatura più forte e speranze più concrete nel 2030.
Meno scontata e di natura completamente opposta la novità proveniente dal Canada. La candidatura di Calgary prosegue infatti a spron battuto.
Nei giorni scorsi il comitato organizzatore ha presentato dettagliatamente il budget necessario per la realizzazione dell’evento. Si prevede che i costi operativi si attestino attorno ai 1,6 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 690 milioni da investire nell’eredità dei Giochi olimpici (ovvero nell’utilizzo delle strutture anche una volta terminato l’evento). Per ammortizzare l’eventuale aumento dei costi si stanzierebbe in partenza un fondo di 740 milioni di euro da cui attingere per far fronte alle spese non pianificate, con la previsione di restituire il capitale inutilizzato. Complessivamente si prevede un budget di circa 3,45 miliardi di euro, di cui solo poco più della metà provenienti dalle casse pubbliche.
Il consiglio comunale di Calgary ha approvato il piano con una maggioranza di 10 voti contro 5 e ha ratificato definitivamente il 13 novembre come data per il referendum popolare, chiamato a dare il definitivo semaforo verde o, in alternativa, a stoppare il progetto.
In tal senso un sondaggio effettuato il mese scorso è molto incoraggiante. Il 53% degli abitanti sarebbe favorevole alla candidatura, mentre i contrari sarebbero il 33% con un 14% ancora indeciso. Si vedrà quale sarà il risultato effettivo della consultazione, per le quali bisognerà attendere altri due mesi.
Dunque la situazione in ottica Giochi olimpici invernali 2026 è la seguente. Al momento le uniche candidature presentate ufficialmente al Cio sono quella italiana (Milano, Torino, Cortina d’Ampezzo) e quella turca di Erzurum. A loro potrebbe aggiungersi Calgary, mentre quella di Sapporo è ormai evaporata (sempre che sia mai esistita concretamente).
Resta infine in bilico Stoccolma, che però si indebolisce di giorno in giorno. Si attendevano le elezioni politiche per capire quale sarebbe stato il futuro della proposta, ma le urne hanno consegnato un hung parliament e al momento la Svezia è priva di un governo. Senza l’indispensabile appoggio politico, non può esistere alcuna candidatura.
Olimpiadi invernali 2026. Sapporo rinuncia, Calgary avanti tutta
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