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Biatlhon – Nicola Pozzi: “Ho l’obiettivo di dare agli atleti tutto ciò che serve per farli esprimere al meglio”

Dopo un anno alla guida della Squadra B è arrivata la promozione in Squadra A per Nicola Pozzi, sempre in coppia con il suo compagno di viaggio Klaus Höllrigl. I due allenatori sono molto affiatati, tanto che la loro collaborazione ha portato degli ottimi risultati come il rilancio di Nicole Gontier, dopo alcune stagioni complicate, e la qualificazione olimpica di Thierry Chenal. Quest’anno avranno una prova molto importante visto che dirigeranno atleti con già grande esperienza in Coppa del Mondo, come Alexia Runggaldier, Federica Sanfilippo, Giuseppe Montello, Thomas Bormolini e la stessa Nicole Gontier, insieme ai giovani emergenti Thierry Chenal e Saverio Zini. Di questa nuova responsabilità alla guida della squadra A della nazionale abbiamo parlato con l’allenatore lombardo.  
Buon pomeriggio Pozzi. Cosa ha provato quando le è stato comunicato che insieme a Klaus Hollrigl avreste guidato la Squadra A della nazionale?
«È stata per me un’emozione essere chiamato a rivestire un ruolo del genere. Devo ammettere che io e Klaus avremmo aspirato a fare questo passo forti di un’altra stagione di collaborazione ed esperienze, ma abbiamo accettato questa stimolante proposta per fare quadrato attorno allo sport che amiamo, alla luce anche di addii di alcuni tecnici di provate capacità. Non nascondo che ci ha fatto piacere perché l’abbiamo visto come un attestato di stima da parte del direttore tecnico Curtaz, dopo una stagione nella quale con la Squadra B siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati, riuscendo a portare, come ci era stato richiesto, due atleti alle Olimpiadi, Gontier e Chenal. Senza dimenticare la crescita di atleti come Rodigari e Rocchia, migliorati moltissimo nel corso dell’anno, tanto che il ritiro di quest’ultima ancora spiace. Avevamo un gruppo molto eterogeneo, con obiettivi ben diversi, quindi non era facile da guidare. Curtaz evidentemente ha deciso di far leva sulla nostra coesione perché questa giovane collaborazione tra me e Klaus sta funzionando, è nato un rapporto di grande rispetto umano e tecnico, una chiave per diventare un’entità unica nella scelta della federazione. Ovviamente guidare la Squadra A è per noi un onere e una responsabilità importante, perché il biathlon italiano è in grande crescita, ci sono aspettative comprensibilmente alte, ma soprattutto alleniamo atleti che si affidano a noi per raggiungere i loro sogni e aspirazioni».

Quest’anno si è deciso di dividere il gruppo della passata Coppa del Mondo in Squadra élite e A; qual è stata la reazione?
«In realtà non si può parlare di divisione ma semplicemente di un percorso parallelo. I due gruppi inizialmente sono partiti come due fiumi separati da dieci metri, per un po’ sono andati avanti così, e ora i due affluenti si sono uniti e non si separeranno più. I due gruppi sono stati lontani soltanto per pochi giorni, una scelta lungimirante secondo me da parte del direttore tecnico, che ha voluto in questa maniera dare la possibilità agli atleti di allenarsi al meglio. A noi queste prime settimane da soli sono servite per creare il giusto contesto di squadra e approfondire la conoscenza con gli atleti che non avevamo avuto ancora l’occasione di allenare. È giusto programmare l’allenamento anche a seconda delle caratteristiche e le capacità dei singoli. Non dimentichiamoci che i nostri atleti élite sono di livello internazionale, tra i migliori al mondo, quindi trovare il giusto mix tra confronto fra atleti e personalizzazione dell’allenamento risulta fondamentale».

Che impressioni ha avuto in questi mesi da Federica Sanfilippo, Alexia Runggaldier e Nicole Gontier?
«Le ho viste estremamente capaci di sopportare i carichi di lavoro proposti e creare in squadra un clima molto volitivo e stimolante perché sono ragazze che hanno delle grandi qualità dal punto di vista caratteriale, oltre che tecnico. Hanno compreso perfettamente le grandi possibilità che gli vengono date da questa nuova organizzazione della nazionale. Quando ci siamo ritrovati insieme alla squadra élite, hanno subito colto l’occasione per sviluppare una mole di allenamento significativa. Ognuna di loro ha una spiccata attitudine in un determinato settore del biathlon. Vorrei che potessero esprimere al cento per cento i propri punti di forza ed elevare invece quelle aree in cui hanno dei margini di miglioramento che di concerto con tutto lo staff tecnico abbiamo individuato a inizio stagione. Da parte nostra è importante farle arrivare alle gare con la giusta serenità e la consapevolezza di aver avuto un percorso di allenamento solido e concreto, sicure di avere tutte le frecce pronte nel proprio arco. Se riusciremo a sistemare determinati particolari potranno ottenere dei risultati di grande valore, anche perché hanno già dimostrato di essere atlete da podio».

Per quanto riguarda invece i quattro uomini?
«Montello viene da una stagione nella quale ha vissuto una situazione critica dal punto di vista fisico, che però è stata gestita con attenzione certosina per consentirgli di esprimersi al meglio proprio alle Olimpiadi. “Purtroppo” siamo umani e nella passata stagione il suo fisico ha risposto in maniera diversa rispetto alle aspettative date dal percorso estivo. Questo però non ha limitato la sua crescita, perché adesso disponiamo di un Montello in grado di sopportare determinati carichi di lavoro, proprio in virtù di quanto ha fatto in passato, e soprattutto di conoscere meglio il proprio corpo e i segnali che esso gli manda. Per quanto riguarda Bormolini, parliamo di un atleta in costante crescita, talentuoso nel lavoro e nella professionalità. Ha l’atteggiamento puntiglioso che gli sta consentendo di salire ogni anno uno scalino nella scala del biathlon. Nella passata stagione ha espresso il suo miglior biathlon, fatto di un’ottima fusione tra fondo e tiro. Un atleta come lui è molto importante anche in format di gara moderni con la single mixed relay, dove non dimentichiamoci che senza una caduta lo scorso anno sarebbe salito sul podio a Oestersund. Passando a Chenal, è un ragazzo che da anni non vive un’estate di allenamento costante, quindi per noi allenatori è sempre una sfida molto interessante. Per lui stabiliamo un percorso personalizzato che, come si è visto lo scorso anno, lo fa arrivare a ottimi livelli di prestazione. Qualità come la consapevolezza di sé, e la conoscenza del proprio corpo ci sono di enorme aiuto. Infine Saverio Zini, che viene da una brillante stagione in IBU Cup dove ha ottenuto con costanza risultati positivi. A lui non sarà chiesto di ottenere risultato in Coppa del Mondo, ma di fare esperienza, smaliziarsi un po’ e capire che avrà bisogno di diverse gare per adeguarsi all’habitat della Coppa del Mondo. Già nella passata stagione avevamo voglia di farlo gareggiare nella massima competizione e testarlo in un format di gara adatto a lui, ma non c’è stata la possibilità perché l’attenzione di tutta la squadra era rivolta alla ricerca del quinto per le Olimpiadi di PyeongChang. Quest’anno gli verrà data la giusta occasione».

Completi lei la frase: al termine della stagione Nicola Pozzi sarà soddisfatto se …
«Gli atleti che abbiamo allenato, guidato e accompagnato durante il periodo estivo ed invernale, a marzo diranno che in questa stagione sono stati messi nelle condizioni ottimali per esprimere il proprio cento per cento. Insomma il mio obiettivo è riuscire a proporre agli atleti, dal punto di vista tecnico, organizzativo, e non ultimo umano, tutto ciò che serve per esprimersi al meglio. Non sarò soddisfatto se anche soltanto un atleta dovesse dirci al termine della stagione, che in un singolo giorno, in un singolo allenamento non lo abbiamo messo nelle migliori condizioni per crescere. Non è il risultato che conta, perché anche con un novantesimo posto, se abbiamo lavorato bene, un atleta avrà la consapevolezza di aver espresso il proprio miglior biathlon!
A chiudere… preferiamo tutti il numero 1 al 90. Lapalissiano»
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