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Dominik Windisch: “È un onore essere nella storia olimpica del biathlon italiano”

A PyeongChang ha vinto due bronzi, che sommati a quello di Sochi l’hanno fatto diventare il biatleta italiano che ha vinto più medaglie olimpiche nella storia di questo sport. Dominik Windisch è stato grande  protagonista in Corea del Sud, bravissimo nello sfruttare l’occasione che gli si è presentata nella sprint e ancora una volta capace di tirare fuori il suo fantastico ultimo giro nella staffetta mista. L’abbiamo contattato per farci descrivere le emozioni provate nel corso delle Olimpiadi appena concluse, dalla medaglia nella sprint alla splendida volata con brivido della staffetta mista.

Ciao Dominik. Come ci si sente a essere il biatleta italiano che ha vinto più medaglie olimpiche nella storia?
«L’ho scoperto pochi giorni fa, nemmeno lo sapevo. Mi sento onorato di questo perché l’Italia ha avuto e ha ancora oggi tanti atleti molto forti».

Eri partito per PyeongChang con l’obiettivo di dare il massimo per sfruttare le occasioni che eventualmente si sarebbero presentate; sei tornato a casa con due medaglie.
«Sono veramente molto soddisfatto. Sapevo che sugli sci avrei potuto far bene, perché già prima di Anterselva mi sentivo in ottima forma. Quando poi ho visto che c’era anche vento, ho capito che avrei avuto una speranza in più perché si sarebbe aperta un po’ la gara, in molti avrebbero sbagliato e avrei avuto l’occasione di approfittarne. Sono riuscito a trovare la giornata buona proprio nel momento giusto concentrandomi soltanto sul lavoro da fare senza pensare troppo al risultato. È andata bene (ride, ndr)».

Descrivici il finale della sprint; al termine della gara hai dichiarato che dopo l’errore pensavi di aver perso la medaglia, poi sei andato a tutta e te la sei presa con quel fantastico finale.
«Dopo il tiro inizi a pensare e capisci più o meno in che posizione ti trovi. A quel punto vai a tutta, incoraggiato a bordopista dal tuo staff che ti incoraggia e ti aggiorna sulla posizione. Sapevo di essere quarto e loro mi hanno stimolato tantissimo ad andare più forte urlandomi e facendo un gran tifo per me. Per fortuna avevo un materiale buonissimo che mi ha aiutato soprattutto in discesa a recuperare tanto su Eberhard. Senza non ce l’avrei fatta. Al traguardo ho visto che ero terzo anche se non ero certo della medaglia perché in quel momento non sapevo come erano messi tutti quelli che sarebbero arrivati dopo. In mixed zone tutti mi dicevano che era fatta ma io volevo aspettare l’ufficialità perché in questo sport può accadere sempre qualcosa di incredibile quando meno te l’aspetti. Poco dopo, però, quando ero in diretta su Eurosport, Ambesi mi ha detto che ormai il mio terzo posto era certezza e a quel punto mi sono convinto perché lui non sbaglia mai i calcoli (ride, ndr). È stato bellissimo».

Una curiosità: ti è capitato di pensare che senza quell’errore all’ultimo poligono avresti addirittura vinto l’oro?
«In quel momento no, ero soltanto felice per la medaglia conquistata. Successivamente, però, ho iniziato a pensarci, ho capito che con quel colpo avrei addirittura vinto l’oro. La consapevolezza di ciò un po’ mi pesa ma non mi fa male, perché sono comunque riuscito a vincere una medaglia. Diciamo che sarebbe stato molto peggio se fossi arrivato quarto, in quel caso ci sarei rimasto molto male».

Passiamo all’altra medaglia, quella vinta nella staffetta mista dopo una volata senza fiato e l’attesa per la decisione dei giudici.
«Prima della gara ero molto nervoso perché c’erano tante aspettative nei nostri confronti ed io ero l’ultimo frazionista. Non è facile essere lì ad aspettare gli altri e già nel corso del riscaldamento ho iniziato a tremare tanto che ho iniziato a chiedermi come avrei fatto a sparare se già stavo tremando prima della gara (ride, ndr). In gara però sono riuscito a restare tranquillo perché sapevo di poter fare qualcosa di buono. Sono entrato nel mio mondo, ho fatto il mio lavoro e dopo l’ultimo poligono mi sono trovato con Peiffer a battagliare per il terzo posto. Eravamo a tutta e in quei momenti vai molto di istinto, non è facile ragionare bene, non pensi troppo ma agisci. Ho cercato di sfruttare il mio vantaggio, ero davanti a lui e potevo scegliere il corridoio, ho fatto tutto di istinto. Poi riguardando le cose in televisione dall’immagine frontale sembra quasi che gli abbia tagliato la strada, tutto appare più brutto di quanto non fosse in realtà. Infatti se invece si riguardano le immagini lateralmente, si può vedere che ero nettamente davanti a lui, tanto che quando ho cambiato corsia non l’ho ostacolato, non è stato costretto a frenare. Non a caso, infatti, la giuria non ha avuto alcun dubbio nel darci ragione perché la mia azione non ha influito sulla sua sciata».

Pur sapendo di aver agito correttamente, quando hai saputo del ricorso cosa hai pensato in quei minuti sembrati interminabili?
«Mi sono spaventato anche se ero convinto di aver agito correttamente. Il ricorso dei tedeschi, poi, non si riferiva alla possibilità che io avessi tagliato la strada a Peiffer, bensì al fatto che con uno sci non fossi entrato in tempo nel corridoio. Una cosa che non stava né in cielo né in terra, tanto che alla fine ci hanno dato ragione. Ovviamente in quella situazione ero comunque preoccupato perché se a sorpresa avessero deciso di penalizzarci, tutta la squadra avrebbe perso per una mia scelta, mi sarei sentito in colpa nei confronti dei miei compagni. Alla fine, però, la giuria ha preso la decisione giusta».

Dopo la gara i tedeschi non l’avevano presa molto bene; nei giorni successivi vi siete chiariti?

«Lo stesso Peiffer è venuto a dirmi che avrei vinto lo stesso anche senza spostarmi ma che non avrei dovuto farlo. Io gli ho risposto che è più facile parlare a posteriori, perché col senno di poi un atleta può anche ripensare agli errori che ha commesso al tiro e rendersi conto che facendo diversamente magari sarebbe andato a medaglia. Comunque dopo che i giudici ci hanno dato ragione l’allenatore tedesco mi ha stretto la mano dicendomi che accettava la decisione della giuria. Tutta la polemica l’ha fatta poi la stampa tedesca per fare notizia».
    
Nelle interviste pre e post gara hai sempre detto di voler vincere una medaglia per Lisa Vittozzi e Dorothea Wierer?
«Per tutta l’Olimpiade sono sempre state in zona medaglia e non ce l’hanno fatta. Sono state bravissime perché nonostante avessero tanta pressione sono riuscite a fare delle bellissime gare, non riuscendo però a salire sul podio. Meritavano questa medaglia e per questo motivo ci tenevo a vincerla con e per loro».

Si è parlato tanto del vostro stratagemma per riuscire a superare il jet lag.
«Le nostre gare erano sempre in programma alle 20.00 quindi sarebbe stato molto complicato gestire la tensione con il rischio di arrivare alla gara già scarichi. Per questo motivo abbiamo cercato di dormire a lungo fino alle 12 e nei giorni di gara anche 14 per accorciare i tempi prima della gara. In un primo momento gli effetti sono stati positivi anche se alle lunghe abbiamo avuto un po’ di difficoltà, in quanto dopo tre settimane il corpo ha iniziato a risentirne perché quando arriva l’oscurità produce maggior melatonina. Dal momento che spesso siamo tornati dagli allenamenti anche a mezzanotte dovendo sempre restare concentrati, abbiamo risentito un po’ di stanchezza. Non è stato facile ma i problemi con il jet lag e gli orari delle gare, oltre che per il vento e il freddo, li hanno avuti tutti. Sono cose che fanno parte del nostro sport e chi sa controllarle meglio riesce a vincere».

Dopo un’Olimpiade così bella quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
«Con l’impegno di oggi ad Anterselva (Windisch sarà premiato tra poco a Rasun di Sopra insieme a Wierer, Hofer e Vittozzi, ndr) terminano tutte le premiazioni e le feste avute in questi giorni, che sono state un piacevole impegno. Ora, però, voglio ritrovare tranquillità e concentrarmi sul mio lavoro perché abbiamo altre tre settimane di Coppa del Mondo che saranno dure. Voglio concentrarmi su quello, poi facciamo i conti. Sono felice per come sono andate le cose fin qui, ho avuto una stagione di alti e bassi ma nei momenti difficili non mi sono mai arreso, ho dimostrato che bisogna lavorare sempre guardando avanti e senza mai mollare perché poi riesci a ripartire. Le medaglie che ho conquistato alle Olimpiadi sono il miglior esempio di ciò»

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