Quando si intervista Stefan Zelger quasi ci si dimentica di avere di fronte un ragazzo appena ventiduenne. La sua maturità, la capacità di fare autocritica e non farsi prendere da facili entusiasmi, la fiducia in sé stesso, il modo in cui ha chiari i suoi obiettivi e come raggiungerli, sono le prime cose che si notano di lui. Nel momento in cui si parla della sua esperienza olimpica, però, esce finalmente l’emozione del giovane che ha appena realizzato un sogno, quello di partecipare alle Olimpiadi. Da poco tornato da PyeongChang gli abbiamo chiesto di raccontarci questa sua prima avventura a cinque cerchi.
Ciao Stefan. Partiamo dalla parte agonistica: sei soddisfatto per come sono andate le due gare a cui hai partecipato?
«Purtroppo sono arrivato alle Olimpiadi fuori forma e le mie prestazioni non sono state positive. Mi aspettavo di più nella sprint, volevo qualificarmi per le batterie dei quarti di finale ma, come ho detto, per tutto il periodo olimpico mi sono sentito fuori condizione e se non sei al massimo a questi livelli finisci in basso in classifica. Ho chiuso 41°, mi aspettavo di più. Per quanto riguarda la 15km in tecnica libera, non è la mia gara, ho sentito subito le gambe durissime, ero stanco e a fine corsa non volevo neanche guardare la classifica. Puntavo ad andare meglio ma un anno fa non avrei mai immaginato di partecipare alle Olimpiadi mentre nel corso di questa stagione gara dopo gara ho iniziato a crederci e a Seefeld sono anche arrivati i miei primi punti in Coppa del Mondo. Sono riuscito a qualificarmi per le Olimpiadi realizzando il sogno che avevo fin da bambino, quindi devo dire che fin qui la stagione è stata molto positiva al di là del risultato ottenuto in Corea. Spero di proseguire su questa strada anche nei prossimi anni, se riuscirò a migliorare ogni anno come ho fatto negli ultimi dodici mesi, potrò affrontare il futuro con molta fiducia e giocarmi al meglio le mie carte tra quattro anni».
Ha impressionato la tua intervista a Eurosport nella quale sei stato molto critico con te stesso. Non sembravi certo il giovane alla prima Olimpiade.
«Forse in quel momento avevo delle aspettative molto alte ma non era impossibile entrare nei trenta della sprint. Per un attimo mi sono dimenticato tutto il percorso fatto in questa stagione ma ho ragionato soltanto sulla gara appena conclusa ed ero deluso da me stesso per il risultato. Nei giorni successivi ci ho riflettuto e ho smaltito un po’ la delusione, ragionando su tutto il percorso fatto in questa stagione. In estate mi ero posto l’obiettivo di qualificarmi alle Olimpiadi e l’ho raggiunto, quindi devo essere soddisfatto di quanto ho fatto. In quel momento, però, ho pensato soltanto alla gara appena terminata. Sono determinato ora a concludere bene questa stagione».
Magari alle prossime Olimpiadi potrai arrivare con altre prospettive.
«Se continuerò a migliorare come ho fatto nell’ultimo anno, avrò tanti motivi per essere fiducioso».
Hai avuto l’occasione di preparare una gara olimpica insieme a Federico Pellegrino; cosa hai imparato da lui?
«Riesce a essere sempre concentrato soprattutto quando ci sono eventi importanti. Ho visto il suo modo di ragionare nella sprint, pensando un turno alla volta: non dà nulla per scontato, si concentra prima sulla qualificazione, poi sui quarti, la semifinale e la finale. Quando l’ho visto entrare in finale, ero certo che avrebbe conquistato la medaglia. È un grandissimo professionista, lavora sodo su ogni particolare nei giorni precedenti la gara, è sempre molto concentrato. Dal punto di vista professionale può essere soltanto un esempio a cui ispirarsi. Da lui si impara il modo in cui bisogna preparare una gara».
Per te è stata la prima Olimpiade; al di là delle gare, cosa ti ha colpito di più?
«Tutto quello che hanno messo in piedi gli organizzatori per queste tre settimane. Hanno investito tanti soldi, costruito dei nuovi impianti, i condomini del villaggio olimpico, i trampolini, lo stadio e i palazzetti. È stata una cosa enorme quanto hanno messo in piedi, perché in una località dove non mi sembra ci sia tanto turismo per gli sport invernali, hanno creato dal nulla tantissimi impianti. È stato molto bello quando sono arrivato mi sono sentito subito importante».
Qual è stato il tuo primo contatto con il villaggio olimpico?
«Sono rimasto quasi a bocca aperta, perché mi immaginavo di trovare qualche casetta e una mensa, invece era enorme, c’era un condominio dopo l’altro con le bandiere delle diverse nazionali. La mensa poi era enorme e aperta ventiquattro ore. Non ho avuto molti contatti, invece, con gli altri atleti, giusto a mensa o in palestra».
A proposito: cosa hai mangiato?
«Anch’io mi sono innamorato del cibo asiatico. Ho mangiato tantissimo i loro ravioli e mi sono piaciuti moltissimo gli spaghetti di soia, non so nemmeno quante volte li avrò presi (ride, ndr). Al di là del cibo asiatico era tutto buonissimo, anche le cose italiane mi sono piaciute».
Com’è stata la Cerimonia d’Apertura?
«Quello è stato forse uno dei momenti più belli tra quelli vissuti a PyeongChang. È difficile descrivere cosa ho provato quando sono entrato in quello stadio enorme con tantissima gente sugli spalti. Era tutto stupendo, le coreografie, i balli, l’accensione del braciere olimpico. È stata una manifestazione bellissima che ricorderò per sempre. Sono stato contento di essere stato lì e viverla, è valsa tutti gli allenamenti che ho fatto per esserci».
Hai fatto amicizia anche con altri atleti?
«Ero in camera insieme a Sergio Rigoni e nel nostro condominio erano presenti anche Eisath e De Aliprandini, che nonostante siano atleti di spicco della nazionale di sci alpino e molto conosciuti, si sono dimostrati molto disponibili con noi e assai simpatici».
Tornando alle gare: chi ti ha impressionato di più?
«Sarò scontato, ma dico Klaebo. È un classe ’96, è giovanissimo, ha già vinto moltissimo in Coppa del Mondo ed è arrivato ai Giochi con tanta pressione soprattutto nella sprint, dove tutti pronosticavano una sua vittoria. La medaglia, però, doveva conquistarsela ed è stato bravissimo perché è stato più forte non soltanto dei suoi avversari ma anche della pressione. È riuscito a restare concentrato e ha gestito bene la situazione, nonostante per lui fosse la prima volta. Confermarsi nell’evento più importante della stagione non era certo facile. È un atleta dal quale si può soltanto prendere spunto».
Guardiamo al futuro: cosa dovrai fare per essere protagonista tra quattro anni in Cina?
«Penso di dover continuare a lavorare così. Negli ultimi anni mi sono sempre allenato con Luciano Cardini e ho visto che ho sempre fatto un salto di qualità da una stagione all’altra. Sono migliorato moltissimo nelle sprint, soprattutto nella qualificazione e voglio continuare a farlo. Inoltre sto maturando maggiore esperienza, conosco meglio il mio corpo e so cosa fare quando sono stanco o non riesco a rendere al meglio. Anche questo contribuisce a migliorare ulteriormente».