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Sci di fondo

Conosciamo François Ronc Cella, lo skiman di De Fabiani, Pellegrino e Laurent

Una delle figure più stimate dai fondisti è quella dello skiman, colui che lavora per permettere loro di gareggiare nelle migliori condizioni possibili. Il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, con viaggi lunghi ed estenuanti in furgone per raggiungere le località che ospitano le gare della Coppa del Mondo, per scegliere lo sci migliore da mettere sotto gli scarponi dei propri atleti. Nel team degli skiman della nazionale italiana, guidato da Marco Brocard, responsabile anche per i materiali di tecnica classica, insieme al responsabile per la tecnica libera Ronald Carrara e i tecnici Pietro Valorz, Maurizio Borbery e Christian Zorzi, c’è anche François Ronc Cella.
Valdostano, classe 1991, ha un passato da atleta, nel quale ha partecipato anche allo European Youth Olympic Festival. Entrato nel Centro Sportivo Esercito, ha lasciato la carriera da fondista, iniziando a lavorare come tecnico per il suo corpo sportivo e nella passata stagione, grazie alla collaborazione tra l’Esercito e la FISI, è entrato a far parte dello staff della nazionale, occupandosi nello specifico dei valdostani Federico Pellegrino, Francesco De Fabiani e Greta Laurent. L’abbiamo intervistato per conoscere più a fondo il suo lavoro.

Buongiorno François. Puoi descriverci il weekend di gara di uno skiman?
«Più che un weekend, soprattutto quando si disputano gara in Scandinavia, è una settimana (ride, ndr), perché partiamo in pulmino e raggiungiamo la località dopo tre o quattro giorni. Una volta arrivati sul luogo, montiamo lo ski room nei container o le strutture che ci vengono messe a disposizione dagli organizzatori. Solitamente prepariamo due diversi ski room, uno per la tecnica classica e un altro per la libera. Il giovedì iniziamo la schermatura dei prodotti per il sabato e gli sci per gli atleti. Il venerdì solitamente vengono provati gli sci per la gara e noi continuiamo a lavorare sui prodotti. A volte lavoriamo sugli sci anche il giorno stesso della gara, soprattutto sulla scorrevolezza, se il clima è variato. Solitamente siamo in sei, guidati da Brocard per la tecnica classica e Carrara per la libera. Siamo disposti tre per gruppo e ognuno di noi ha anche degli atleti di riferimento, due o tre a testa».
    
Per quanto ti riguarda lavori con Pellegrino, De Fabiani e Greta Laurent.
«Si, anche perché abitiamo a Gressoney, quindi posso pure seguirli a casa, se hanno bisogno di aiuto, anche in estate. Per questo devo dire grazie all’Esercito, che attraverso il distaccamento mi ha permesso di lavorare per la nazionale. Sono anche il tramite di questi atleti quando devono trattare con le ditte che gli forniscono gli sci, ovviamente per quanto riguarda la parte tecnica. Lavoro molto a contatto con il service della Rossignol per Pellegrino e Salomon per De Fabiani, mentre per esempio Zorzi tratta più con la Fischer».

Come sei arrivato nel team degli skiman della nazionale?
«Ho avuto una discreta carriera da atleta, ho anche fatto parte della squadra Junior della nazionale, quindi sono entrato nel Centro Sportivo Esercito. Sono arrivato però a un punto in cui non ho fatto il salto di qualità, così mi è stato proposto di entrare nel team degli skiman dell’Esercito, visto che il precedente responsabile aveva smesso per motivi familiari. Oltre a seguire la squadra di sede, ho iniziato a lavorare con De Fabiani quando era a casa e aveva bisogno. Le porte della nazionale, invece, mi sono state aperte nel 2016, quando ha lasciato lo skiman di Pellegrino. La Federazione ha pensato a me, visto anche l’ottimo rapporto che ho con Chicco, che conosco ormai da anni, oltre che con De Fabiani, del quale mi occupo in nazionale anche per conto del CS Esercito».

Che rapporto hai con gli atleti che segui?

«Ottimo, di amicizia, anche perché con Chicco, Francesco e Greta siamo cresciuti insieme nel Comitato Asiva, quindi abbiamo un ottimo rapporto. Nei week end di gara cerco di lasciarli il più tranquilli possibile, provo a togliergli la pressione della scelta dei materiali, soltanto in alcuni casi gli faccio qualche domanda, ma il minimo indispensabile. Meno energie dedicano a questo, più ne hanno da mettere in gara».

Quindi c’è un rapporto di grande fiducia tra lo skiman e gli atleti.
«La maggior parte degli atleti si fida al cento per cento del proprio team di skiman e da questo ne traggono un vantaggio, perché possono affrontare la gara con maggiore serenità. Se ti fidi, infatti, ti presenti al cancelletto di partenza con meno pensieri e riesci a rendere meglio. Noi abbiamo piena fiducia dai nostri atleti, collaboriamo bene con loro. Poi, ovviamente, possono esserci degli errori anche da parte nostra, fanno parte del gioco, e loro li capiscono».

Personalmente come vivi il giorno della gara?
«Sento tanta pressione addosso, in particolare durante i Mondiali, perché nella sprint sapevamo di giocarci l’oro, dal momento che Pellegrino era il favorito. La notte precedente è stata stressante per tutti noi, perché può venirti sempre qualche piccolo dubbio, di poter rovinare con un niente il giorno più importante nella vita dell’atleta. Per questo motivo bisogna vivere quel momento con serenità, mostrare all’atleta di essere sicuro della scelta fatta, anche se in alcune occasioni, ma capita molto raramente, si arriva alla gara ancora con qualche dubbio. Magari, a volte, può accadere che si discuta anche tra noi dello staff per la scelta di uno sci, pur avendo un rapporto splendido tra noi, ma mai lo facciamo davanti all’atleta, che teniamo all’oscuro dei nostri eventuali dubbi, perché deve arrivare al cancelletto tranquillo. Per me è una cosa fondamentale. Il nostro, comunque, è uno splendido team, collaboriamo bene e c’è sempre piena sintonia, poi ci sta ogni tanto che si abbiano delle idee diverse. Lavoriamo come gruppo, poi ognuno di noi ha i suoi atleti, conosce bene i loro materiali e sa quale sci prendere dalla sacca se le condizioni cambiano all’ultimo momento. Sappiamo già in partenza quale materiale ogni atleta preferisce su un determinato tipo di neve o condizione, ci sono mille variabili».

Quanti sci portate con voi ogni week end?
«Pellegrino e De Fabiani girano con una trentina di paia di sci, poi, a seconda delle condizioni della neve, scegliamo quelli che riteniamo i più adatti, chiedendo anche l’opinione del service delle ditte che forniscono loro gli sci. Proviamo quello che viene ritenuto il migliore in quella giornata. Chicco e Francesco, per fortuna, sono considerati atleti di punta e questo è un bel vantaggio con le ditte che forniscono i materiali».

Torniamo a Lahti, quando Pellegrino ha vinto la medaglia d’oro mondiale. Come hai vissuto quella giornata?
«Già il giorno precedente sentivo tanta tensione e pressione. Ho fatto il solito lavoro di scrematura e c’erano stati alcuni problemi meteo, che avevano provocato un cambio di orario nell’apertura delle piste. Continuava a nevicare e, anche se le previsioni dicevano che avrebbe smesso, non mollava. Per fortuna poi ha smesso e ci siamo dedicati al nostro solito lavoro. La mattina della gara ho lavorato insieme al service Rossignol sugli sci di Pellegrino e siamo riusciti a far funzionare tutto perfettamente, come si è visto dai risultati. Chicco aveva dei materiali ottimi. Diciamo che dal punto di vista lavorativo, è stata la solita giornata di gara, soltanto con più tensione. Come sempre non ho visto la qualificazione, perché lavoro sullo sci per il turno successivo, ma so in base ai tempi se gli sci sono buoni o meno, perché se Pellegrino non è tra i primi cinque, massimo dieci, nella qualificazione in skating, significa che qualcosa non va. Se è tra i migliori sappiamo allora di essere sulla strada giusta. Solitamente per le batterie abbiamo due paia di sci, scegliamo quello che riteniamo il migliore per i quarti di finale, utilizziamo l’altro per la semifinale e nel frattempo risistemiamo quello migliore per l’eventuale finale»
Nel momento della finale, però, non dovevi più lavorare.
«La verità? Non l’ho vista (ride, ndr). Sono rimasto chiuso nello ski room, ero troppo emozionato, così l’ho sentita attraverso la radio degli allenatori. Quando è finita e ha tagliato il traguardo da vincitore, ho lasciato tutta la tensione accumulata in quei giorni, sono prevalse le emozioni e la gioia. Quando ho abbracciato Chicco non ci siamo detti nulla, è stato un momento di euforia, quindi abbiamo fatto festa. La sera, in camera, finalmente ho visto la gara».

Cosa ti aspetti da De Fabiani e Pellegrino nell’anno olimpico?
«Se saranno in forma, come ci aspettiamo, le ambizioni devono essere per forza alte, perché sappiamo che andranno a PyeongChang per giocarsi qualcosa di importante. Noi dovremo essere bravi nel metterli nelle migliori condizioni possibili, arrivare sereni a quella giornata e trasmettere loro serenità, liberandoli da ogni forma di pressione. In un’Olimpiade può sempre succedere di tutto, non è la Coppa del Mondo, dove al termine dell’anno vince il più forte, ma in questo caso la medaglia d’oro va al migliore di quella giornata, a chi ha fatto tutto perfettamente».

De Fabiani ha vissuto una stagione difficile e ha grande voglia di riscatto.
«Lui è sempre molto motivato. Quella passata è stata comunque una stagione molto importante per Francesco, ha aumentato il suo bagaglio personale, perché si imparano tante cose soprattutto dalle esperienze negative. Secondo me quanto accaduto nella passata stagione gli tornerà molto utile, risulterà importante per la sua carriera. Ora si è già ripreso psicologicamente, non ha accusato alcun contraccolpo dalle difficoltà dell’ultimo anno e ha imparato a gestirsi nel migliore dei modi. Secondo me, poi, non è stata nemmeno una stagione così deludente la sua, ha fatto comunque parecchi punti. Purtroppo c’erano tante aspettative nei suoi confronti, ma Francesco è un ragazzo intelligente e saprà come utilizzare anche questa esperienza»
   
Quello dello skiman è un lavoro faticoso e importante.
«A me non pesa fare questo lavoro, anche se è faticoso, perché ti dà tante gratificazione. Per noi quella più importante è figlia dell’ottimo risultato, sapere di aver messo l’atleta in condizioni pari rispetto agli avversari. Poi non siamo noi a fare differenza, ma le gambe dell’atleta, perché non sono gli sci a far andare un fondista, ma è il contrario. Se noi non commettiamo degli errori clamorosi, gli atleti possono comunque fare la differenza e vincere».

Quando non sei impegnato in Coppa del Mondo, ti occupi degli sci degli atleti del Centro Sportivo Esercito.
«Torno sempre volentieri a lavorare per gli altri atleti del mio centro sportivo, oltre a Francesco De Fabiani. Devo tanto all’Esercito ed è un piacere preparare gli sci per gare di Coppa Italia o Campionati Italiani da affrontare con il Gruppo Sportivo, perché tutto è partito da lì e in ogni gara si impara sempre tanto». 

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