L’ultima stagione da junior è spesso decisiva nella carriera di un fondista, perché rappresenta quella in cui si deve riuscire a conquistare a suon di risultati l’arruolamento in un centro sportivo o almeno il posto nella nazionale Under 23, per poter proseguire il sogno di diventare un atleta professionista. Ne è consapevole Vittoria Zini, lombarda classe ’98, nata in una famiglia di sportivi, dal papà allo zio, passando per il cugino Rudy e il fratello Saverio, entrambi biatleti. La giovane lombarda, aggregata nell’Esercito, ha vinto il bronzo nella sprint negli ultimi Campionati Italiani Junior, ma ha disputato soltanto una tappa della Coppa Europa. Sa dove deve migliorare e ha la determinazione per farlo, consapevole che in questa stagione dovrà dare tutto.
Ciao Vittoria, come sta andando la prima parte della preparazione?
«Bene, ho svolto un raduno con il gruppo di interesse nazionale Under 20 a Predazzo, dove siamo stati ospitati dalle Fiamme Gialle. Abbiamo svolto diversi test sullo stato fisico, con camminate e corse in montagna, facendo allenamenti molto duri. Mi sono però trovata molto bene con il gruppo e gli allenatori, cosa che ha aiutato molto a far si che tutto andasse bene. Oltre a questo, ho svolto un raduno anche con il Comitato Alpi Centrali a Isolaccia, mentre per il resto mi alleno a casa con i miei allenatori dello Sporting Club Livigno».
Che tipo di lavoro stai svolgendo?
«Sto caricando tanto, perché l’obiettivo è di lavorare molto sulla forza, una cosa nella quale non eccello. Devo inoltre migliorare tecnicamente, evitare alcuni errori che ho commesso in passato, in particolare nel pattinato. Sto lavorando molto sulla spinta, imparare a fare i movimenti nel modo giusto e usare bene gli addominali. Devo e voglio migliorare ancora tanto».
Qual è il tuo obiettivo in vista della prossima stagione?
«Innanzitutto migliorare, fare bene in Coppa Italia e agli Italiani, per ricevere qualche convocazione in più per la Coppa Europa. Poi non voglio pensare ad altro e volare troppo in là con la fantasia, per non restare delusa. Diciamo che darò il massimo, su questo potete contarci».
Come giudichi la tua ultima stagione?
«Non sono delusa, ma nemmeno troppo soddisfatta, perché mi sono impegnata tantissimo, anche di più rispetto agli altri anni, e di conseguenza mi aspettavo risultati migliori. Invece sono stata un po’ troppo discontinua. Certo ho almeno esordito a Planica dove, anche se non sono andata benissimo, ho provato grandi emozioni. Sulle ali dell’entusiasmo per la convocazione, ho vinto il bronzo agli Italiani di Passo Cereda nella sprint. Sono stata tanto felice quel giorno, ho vissuto una forte emozione».
Sprint in pattinato! Ma non è lo stile in cui fatichi?
«Nelle sprint riesco a rendere bene anche in pattinato, tanto che sono pure arrivate seconda in Val di Fiemme. È una cosa strana perché mi piace il classico, con questo stile vado meglio nelle distance, ma nelle sprint, invece, ottengo risultati migliori in pattinato. Per questo motivo voglio migliorare tecnicamente in quest’ultimo stile, perché potrei fare ancora meglio sia nelle sprint sia nelle distance».
Torniamo indietro nel tempo: come hai iniziato a praticare lo sci di fondo?
«Quando ero bambina, mamma mi fece provare diversi sport, perché voleva che scegliessi quello che più mi piacesse. Ho fatto anche discesa, ma mio papà mi portava spesso con sé e mio fratello sugli sci di fondo, tenendomi nel suo zaino. Così mi sono appassionata a questo sport e all’età di otto anni, dopo aver fatto l’aggregativo, sono entrata nello sci club. Così è iniziato tutto, ho fatto le prime gare, il classico Topolino, poi quando mi sono trovata di fronte alla scelta della scuola superiore da frequentare, ho puntato su scienze umane restando a Bormio senza spostarmi, una cosa che non mi avrebbe consentito di proseguire con il fondo. Avevo appena fatto i campionati italiani, quindi la mia è stata una scelta logica».
È difficile conciliare sport e studio?
«Si soprattutto all’inizio, perché quando si prende il ritmo, le cose vengono bene con più naturalezza. Certo nel finale dell’anno scolastico bisogna studiare tanto per recuperare le ore perse. È difficile, ma si può fare. Ho avuto maggiori difficoltà quando studiavo scienze umane, ora faccio l’alberghiero».
Hai un fratello e un cugino biatleti: hai mai provato questo sport?
«Si, perché l’allenatore del fondo nel mio sci club, segue anche la squadra di biathlon, quindi mi ha messo in mano la carabina per farmi esercitare. Ci ho provato, ho anche seguito un corso, ma preferisco il fondo, il biathlon lo lascio fare ai miei familiari (ride ndr)».
Qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Per quanto riguarda il futuro immediato, spero di entrare presto in un corpo sportivo. Sarà decisiva proprio questa stagione. Se, invece, guardo a lungo termine, allora i miei sono i sogni di ogni atleta: partecipare e vincere in gare di Coppa del Mondo, Mondiali o Olimpiadi».
Il prossimo sarà il tuo ultimo anno da junior.
«Per questo motivo ho detto che per me sarà la stagione decisiva: o la va o la spacca. Sono gasatissima, mi sto preparando bene perché so che lo faranno anche le altre. Devo ottenere risultati importanti per guadagnarmi un posto».
Chi è il tuo idolo nello sport o atleta preferito?
«Non ho dei veri e propri idoli, ma non ho alcun dubbio su chi sia il mio atleta preferito: Federico Pellegrino, perché è il migliore, mi piace per la sua grinte e poi, ovviamente, è italiano».
Ti senti una sprinter?
«No, il mio obiettivo principale è migliorarmi anche nelle lunghe distanze, voglio essere un’atleta polivalente. Per questo sto lavorando su forza e tecnica».
Lo scorso anno la tua compagna di squadra nel Comitato, Martina Bellini, ha vinto una medaglia nel Mondiale Giovanile. Come hai vissuto quel fantastico momento?
«Avevo due miei compagni del comitato ai Mondiali, perché oltre a Martina c’era anche Mattia (Armellini ndr). Con gli altri membri della squadra abbiamo guardato in diretta le gare e abbiamo fatto un tifo accesso. Ho vissuto mille emozioni soltanto nel guardare Martina e le sue compagne vincere quell’argento, figuriamoci lei che l’ha vissuto in prima persona. In quel momento ho pensato che avrei voluto tanto essere lì anch’io».