Da atleta ha vinto tanto, conquistando un oro mondiale in coppia con Zorzi nella team sprint di Sapporo 2007, ma anche due vittorie individuali in Coppa del Mondo, entrambe in sprint a tecnica libera disputate a Rybinsk, in Russia. Ex Forestale, oggi con il CS Carabinieri, Renato Pasini è diventato allenatore, una volta terminata la sua carriera. Fino a pochi mesi fa era il responsabile del settore fondo nel Comitato Alpi Centrali, crescendo tanti giovani interessanti, ora, però, è nel team dei tecnici del CS Carabinieri insieme a Tullio Grandelis e Stauder, occupandosi nello specifico della squadra femminile e del settore giovanile. Non male come responsabilità, proprio nell’anno in cui, per le scelte tecniche della FISI, atlete del calibro di Gaia Vuerich e Virginia De Martin Topranin prepareranno la stagione olimpica allenandosi con il Centro Sportivo. Di questo grande impegno, ma anche di tanto altro, compreso un pensiero su Federico Pellegrino, abbiamo parlato con il diretto interessato, Renato Pasini.
Ciao Renato, da questa stagione sei tecnico nel Centro Sportivo Carabinieri. Di cosa ti occupi?
«Mi occupo principalmente della squadra femminile e dei giovani, mentre Tullio Grandelis nello specifico allena la squadra maschile e i biatleti, i quali nel tiro sono allenati da Wilfried Pallhuber. A parte questo, però, siamo un vero e proprio team, lavoriamo molto insieme. Anche negli allenamenti, uniamo spesso i gruppi. Abbiamo appena svolto un raduno a Dobbiaco nel quale avevamo tre giovani biatleti che si allenavano al tiro, mentre i i fondisti, sia uomini e donne senior sia i junior, facevano delle ripetute. Personalmente alleno, oltre De Martin e Vuerich, anche Debora Roncari e Debora Agreiter, determinate entrambe a riavvicinarsi alle big, per quanto riguarda la squadra femminile. Con loro è aggregata anche una biatleta, la giovane Rebecca Passler, nipote del medagliato di biathlon, Johann. Poi ho con me i giovani Luca Compagnoni e Michele Gasperi, che ho allenato anche con le Alpi Centrali, e Giona Barbacetto. Sarebbero con noi anche Martina Bellini, Alessia e Chiara De Zolt, Martin Coradazzi e Giovanni Caola, che sono però in nazionale, anche se quando non sono in raduno passano qui. Per loro però ci relazioniamo sempre con Semenzato».
Avrai una grande responsabilità, dovendo allenare atlete importanti come De Martin e Vuerich.
«Innanzitutto, voglio sottolineare quanto io sia contento di avere al mio fianco, nell’affrontare questo lavoro, un tecnico come Grandelis, che ha molta più esperienza di me con gli atleti senior, mentre io fino a questo momento ne ho fatta tanta con i junior, grazie al lavoro svolto con il Comitato. Appena arrivato mi sono ritrovato atlete come Gaia (Vuerich ndr) e Virginia (De Martin Topranin ndr), che erano addirittura in squadra con me prima che mi ritirassi. Con loro ho sempre avuto un buon rapporto e ciò sta aiutando, anche se, ovviamente, ora devo tenere un comportamento diverso con loro rispetto al passato. Sarò sempre io, saremo anche amici, ma dovrò a volte dire loro quelle cose che non vorrebbero sentire e in altre occasioni tenere maggiori distanze. Il primo approccio è stato comunque molto positivo, perché loro hanno dimostrato subito di essere felici della mia presenza e della possibilità di allenarsi con me, nonostante la situazione in cui si sono trovate. Ovviamente, da parte loro c’era un po’ di delusione per l’esclusione dalla nazionale, ma sono state brave nel trasformarla subito in voglia di dimostrare il proprio valore e impegnarsi al massimo. Per quanto mi riguarda sono contento di avere subito una sfida così importante e non ho paura, perché al mio fianco avrò gente esperta come Grandelis e Stauder, i quali sapranno darmi i giusti consigli. Cercherò di dare il mio meglio».
Il fatto di aver smesso da poco, può essere per te un vantaggio nel rapporto con le atlete?
«Si, perché la realtà è ancora quella, molto vicina ai tempi in cui gareggiavo io. Ma, al di là di questo, la cosa più evidente è che avrò una grande responsabilità, perché dovrò preparare al meglio queste ragazze per consentire loro di essere poi selezionate in squadra, tornare in Coppa del Mondo e qualificarsi per le Olimpiadi. Se le cose non dovessero andare bene in Coppa del Mondo, giustamente, non sarebbe colpa degli allenatori della nazionale, ma mia avendole preparate io. Anche questo però rappresenta uno stimolo in più, perché un allenatore deve sentire di avere le giuste responsabilità per lavorare bene e raggiungere un determinato obiettivo».
Cosa hai detto a Virginia De Martin Topranin e Gaia Vuerich per caricarle?
«A tutte le atlete, soprattuttto a loro due, ho detto di non vedere questa esclusione come una bocciatura o una delusione, ma cogliere i suoi lati positivi, perché hanno l’occasione di cambiare ambiente e trovare stimoli nuovi, che possono avvantaggiarle per prepararsi al meglio. Torneranno in nazionale a ottobre con una testa diversa e pronte a dimostrare il proprio valore, a far capire che meritano il posto in nazionale. La delusione ormai è lontana, si guarda avanti verso l’obiettivo olimpico. Ora starà anche a me impegnarmi per far si che ciò accada davvero».
Parliamo delle tue atlete, cominciando da Virginia De Martin.
«Nel suo caso il nostro scopo è quello di farla concentrare al massimo sull’obiettivo da raggiungere, senza perdere energie, come a volte le capita, nel pensare troppo durante la gara ad altri dettagli che non sono decisivi. Lei vale le prime dieci posizioni, soprattutto in classico, è una grande atleta, una vera lavoratrice, perché si allena sempre moltissimo, è metodica, a volte forse tende addirittura a fare anche troppo in allenamento, non si risparmia mai. Ripeto, deve solo imparare a focalizzare il suo pensiero su quello che serve per raggiungere il risultato, senza pensare troppo alla sciata, ma concentrandosi soprattutto sulla gestione di gara. Lo scorso anno ha perso anche un po’ di fiducia quando ha visto che i risultati non arrivavano, anche perché è una ragazza intelligente ed era consapevole di essersi allenata benissimo, aver fatto tanto. Sono convinto che il mancato inserimento nella Squadra A le farà bene, perché per esperienza so che quando per tanti anni fai la preparazione in un certo modo, hai bisogno di staccare e cambiare qualcosa, perché puoi migliorare ancora. Alla vigilia della mia ultima stagione agonistica, dopo 15 anni in cui mi allenavo sempre allo stesso modo, cambiai metodologia e questo mi permise di trovare nuove energie e margini di miglioramento che non credevo di avere, portandomi a battagliare con un giovane Pellegrino. Fossi rimasto attaccato alla mia routine, sarei andato verso il declino, che prima o poi arriva per tutti. Se cambi qualcosa nel modo di vivere lo sport, hai quel pizzico di brillantezza per lottare con i più giovani. Sia chiaro, Virginia è ancora molto giovane, ma sa anche di non avere tante altre Olimpiadi davanti a sé e dopo molti anni, cambiare qualcosa nella preparazione le farà bene».
Passiamo a Gaia Vuerich, sprinter come te.
«Sicuramente questo è un bel vantaggio e ci sta aiutando a trovare subito un bel feeling. Per me lei ha i mezzi per andare bene anche in una breve distance, visto che da giovane ha ottenuto buoni risultati anche in questo format e ancora oggi nelle gare estive di corsa dice spesso la sua. Lei si identifica nella sprinter pura, ma nei suoi muscoli potrebbe fare belle cose anche in un format diverso. Chiaro che il suo obiettivo, soprattutto nell’anno olimpico, è la sprint, ma dovremo lavorare anche sull’aspetto della resistenza per farle fare un passo in avanti in questo format. Lei è grintosa e ha un carattere particolare che a me piace, perché non parla mai a vanvera, dice le cose in faccia. Una cosa che un allenatore può soltanto apprezzare, anche se a volte dire le cose in faccia all’interno di una squadra può portare problemi. Non con me, io preferisco le persone così, lei è come “Zorro” Zorzi, un altro che ha sempre detto le cose in faccia e, non a caso, ho sempre avuto uno splendido rapporto con lui, perché non ha peli sulla lingua. Gli stessi comportamenti deve averli in gara, perché lei è determinata, sa quello che vuole. Deve trovare un’ottima condizione, non soltanto dal punto di vista fisico ma soprattutto da quello mentale. Quest’ultimo, secondo me, è un aspetto fondamentale nello sport, è un moltiplicatore di energie, può farti rendere al massimo delle tue possibilità».
Un’altra sprinter è Debora Roncari, che sogna di vivere una stagione da protagonista.
«La conoscevo già come atleta, ma non come persona. Ho scoperto una ragazza molto sensibile, con delle enormi potenzialità, soprattutto fisiche, perché è molto potente. Secondo me ha fin qui sfruttato il suo potenziale soltanto in minima parte. Questo è lo stesso pensiero anche di Tullio Grandelis, il quale mi ha detto che abbiamo di fronte un’atleta con un super motore, una forza impressionante. Il nostro compito sarà quello di far esprimere al meglio queste sue caratteristiche sulla neve. Può fare delle belle cose nelle sprint, perché ha sempre l’atteggiamento giusto e cercheremo di prepararla al meglio. Sicuramente gioverà della presenza di Gaia e Virginia, perché fino allo scorso anno si allenava sola con i maschi, mentre oggi trova due atlete di Coppa del Mondo che possono darle tanti consigli, dall’alto della loro esperienza».
Per quanto riguarda Debora Agreiter?
«Viene da una stagione difficile, ha avuto diversi problemi fisici e si è fermata a causa di un infortunio. Anche lei ha dimostrato in passato le sue grandi potenzialità e dovremo aiutarla a tirarle fuori. Aveva quasi deciso di abbandonare, poi si è presentata qui in primavera più determinata che mai, vuole ancora provarci, sa di essere indietro e di dover lavorare molto duramente per recuperare la distanza che attualmente ha dalle altre atlete. Si sta tenendo una seconda chance di vita, ma prima di dedicarsi completamente allo studio, vorrebbe provare a fare ancora un altro anno nello sci di fondo e giocarsi le proprie possibilità. È consapevole di dover lavorare molto e avere pazienza per ritrovare la condizione persa a causa degli infortuni».
Ricapitolando, sei fiducioso in vista della prossima stagione?
«Moltissimo, più che altro sono molto stimolato, ho tanta voglia di affrontare questa sfida. Ho un gruppo di atlete vario e bello, stanno anche bene insieme; questa è una cosa molto importante, perché l’amalgama in un gruppo è fondamentale. Inoltre faccio parte di un gruppo di lavoro, del quale oltre Stauder e Grandelis, fanno parte anche Di Centa, oggi tecnico dei materiali, Gabriella Paruzzi e Silvio Fauner. Insomma ci sono tante persone di cui mi posso fidare e chiunque si sentirebbe a proprio agio al posto mio».
Ti occupi anche del Progetto Giovani Atleti di Interesse Nazionali.
«Si, sono il responsabile di questo progetto che coinvolge i migliori atleti non inseriti nelle squadre Junior Under 20, più gli Under 18. Abbiamo appena terminato un raduno insieme agli atleti che fanno parte della nazionale Under 20 e questo confronto ha rappresentato uno stimolo reciproco per i ragazzi. In questo gruppo di interesse nazionale ci sono anche i più bravi allievi dello scorso anno, che hanno così l’occasione di avere un primo approccio con la squadra junior. Oltre che per gli atleti è una grande occasione anche per i tecnici, perché ci sono gli allenatori dei diversi comitati, così tutti hanno l’opportunità di scambiare idee e metodologie, scoprendo anche le realtà degli altri territori. Per quanto mi riguarda, sono diventato responsabile di questo gruppo quando ero ancora nel Comitato Alpi Centrali e quest’anno mi è stato richiesto di proseguire. Con Silvio Fauner e il CS Carabinieri ne abbiamo parlato e abbiamo ritenuto fosse un’ottima cosa proseguire. La finalità del progetto è di valorizzare questi giovani, non inseriti nel gruppo delle nazionali e lo scorso anno si sono visti ottimi risultati, soprattutto con Francesca Franchi, arrivata addirittura a medaglia ai Mondiali. Facciamo quattro raduni e si tratta di fare un lavoro organizzativo insieme a Marco Selle, coinvolgendo i comitati per dare una direttiva comune. È un buon progetto che fa da collegamento tra la realtà dei comitati e la squadra under 20, gestito dai tecnici dei comitati con la supervisione della Federazione».
Tu e Zorzi eravate gli ultimi uomini ad aver vinto un oro mondiale, prima del successo di Pellegrino a Lahti. Cosa hai provato quando l’hai visto vincere? Credi possa ripetersi anche ai Giochi di PyeongChang?
«Ho sempre saputo che aveva nelle gambe tutto ciò che serviva per diventare campione del mondo. A Lahti però è riuscito a stupirmi per il modo in cui l’ha fatto, è sembrato quasi facile. Quando ha tagliato il traguardo sono stato contento e felice per lui, l’ho anche sentito al telefono per complimentarmi e festeggiare con lui questo successo. È stato fantastico, perché dalle qualifiche in poi, sembrava avere ben chiara nella sua testa tutta la situazione, sapeva cosa doveva fare e quando, ha dato l’impressione di essere superiore. La sua prestazione ha rafforzato la mia convinzione su quanto l’aspetto mentale sia fondamentale per raggiungere grandi traguardi. Lui sotto questo punto di vista era nettamente il più preparato. Alle Olimpiadi dovrà gareggiare in classico, stile nel quale soffre un po’, proprio per le sue caratteristiche fisiche. Però lui sa affrontare le gare importanti come pochi e può dire la sua anche in classico. Non dimentichiamoci poi della team sprint, dove si gareggerà in tecnica libera e quindi lui e Nöckler possono arrivare sul podio. In questo format, però, può accadere di tutto, come è successo anche in classico ai Mondiali, dove non gli venivano date tante speranze. Sicuramente in skating possono essere tra i favoriti, ma, come ho già detto, può succedere sempre di tutto. Certo, quando hai un Pellegrino in ultima frazione, come me con Zorzi nel 2007, sai di avere grandi opportunità di podio».