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Biathlon

Conosciamo Christian Favre, lo skiman valdostano dietro le vittorie di Fourcade

Non tutti lo sanno, ma dietro le vittorie dei grandi campioni del biathlon francese, come Martin Fourcade e Marie Dorin Habert, c’è anche lo splendido lavoro di un valdostano, Christian Favre, uno dei tecnici per i materiali della nazionale francese, che si occupa nello specifico proprio di questi due grandi campioni. L’abbiamo intervistato per scoprire il dietro le quinte della nazionale francese, dei suoi due grandi campioni al maschile e al femminile, ma anche di tutto il team transalpino, nel quale lavora anche un altro valdostano, Julien Baudin, fratello della fondista azzurra Francesca Baudin.

Ciao Christian. Da undici anni sei nel settore tecnico nella nazionale francese, com’è nata questa avventura?
«Ho chiuso presto la mia carriera da atleta e successivamente sono diventato tecnico dei materiali per la nazionale italiana di biathlon e dell’Esercito. Ho iniziato con gli junior, poi sono passato alla Squadra A e successivamente mi era stato proposto il ruolo addirittura di allenatore della Squadra B. Qualcosa nella gestione non mi era piaciuto, così avevo deciso di lasciare, restando per un po’ con l’Esercito, prima di allontanarmi dall’ambiente. Dopo le Olimpiadi di Torino 2006, però, la Francia stava cercando un nuovo tecnico dei materiali e mi agganciarono tramite Sylvie Becaert, che conoscevo grazie al marito René-Laurent Vuillermoz, per chiedermi se volevo riprendere. Non ho avuto dubbi, mi hanno subito convinto e ho accettato».

Come ti trovi?
«Mi sono ambientato subito e costruito dei bellissimi rapporti di amicizia sia con gli atleti sia con il resto dello staff tecnico. A volte ci troviamo anche al di fuori delle gare, anche con gli atleti, ma con loro solo nel periodo primaverile, perché in inverno sono concentrati sulle gare. Ho scoperto la grande capacità francese di lavorare tutti insieme, ci sentiamo una squadra unità, allenatori e tecnici. È una cosa che viene fuori soprattutto nei grandi appuntamenti e, a parte la classe di Martin o Marie, i risultati sono frutto proprio dello splendido lavoro di tutti. Non a caso teniamo particolarmente alle staffette e a PyeongChang sogniamo di fare bene proprio in questo particolare format. Poi, ovviamente, ho anche il mio obiettivo personale, vincere l’oro olimpico sia con Martin (Fourcade ndr) sia con Marie (Dorin-Habert ndr), perché mi occupo in particolare dei loro sci».

Come si svolge nel particolare il tuo lavoro?
«Di base lavoriamo di squadra, siamo cinque tecnici dei materiali, non è un lavoro da singoli tecnici, perché da soli non riusciremmo a fare niente. Per quanto mi riguarda sto per vivere la terza Olimpiade con la nazionale francese e siamo rimasti solo in due da Vancouver a oggi. Nel corso degli anni si sono aggiunti nuovi tecnici, che si sono subito uniti al gruppo, perché qui si è sempre messo l’accento sulla formazione di un team affiatato. Da poco è arrivato anche un altro valdostano, Julien Baudin, che si è subito ambientato nel team, ha immediatamente instaurato un ottimo rapporto con tutti e sta facendo un grande lavoro. Lui si occupa in particolare di Simon Fourcade. Ognuno di noi mette del suo, chi si occupa delle strutture, chi dei prodotti, ognuno ha il suo spazio. La grande forza di questo team è sempre stata la squadra. Non solo tra noi skiman, ma anche con gli allenatori si forma un vero e proprio team che nei grandi appuntamenti riesce a essere unito. Ciò fa la differenza. Ognuno di noi, poi, nel particolare, lavora con due singoli atleti, un uomo e una donna. Io lo faccio con Martin Fourcade e Marie Dorin-Habert. Lavoro in coppia con un tecnico della Rossignol, che ci fornisce i materiali. Decido quali sci far testare agli atleti, la strutture da mettere sotto ogni paio e, in certe gare, quando ci sono dubbi, scelgo anche quali sci usare. Ovviamente gli atleti provano gli sci, ma raramente lo fanno il giorno della gara, perché preferiscono restare più tempo in albergo e concentrarsi, ci danno piena fiducia. Prima di inizio stagione e dei grandi appuntamenti lavoro molto da casa o vado in Francia per far testare agli atleti diversi sci, li proviamo insieme e in questo modo capisco cosa ricercano e si aspettano di trovare dai materiali. So quindi cosa vogliono nel giorno della gara, a seconda delle diverse condizioni meteo».

Quindi voi tecnici dovete pensare con la testa degli atleti con cui lavorate.
«È importante conoscere bene l’atleta e le sue esigenze. Non dobbiamo testare gli sci per noi, perché non saremo noi a gareggiare, ma farlo per l’atleta. Sappiamo che in certe condizioni meteo vuole degli sci che funzionino in una certa maniera e glieli prepariamo, a prescindere da cosa faremmo se noi fossimo al posto loro. Con Martin e Marie ho un grande rapporto che va al di là del lavoro, è diventato umano, tanto che con loro mi vedo in alcune occasioni anche a casa, al di fuori dello sport. Sarebbe stato difficile lavorare insieme otto anni con Martin Fourcade senza andare d’accordo».

Puoi descriverci Martin Fourcade come persona?
«È una persona molto umile, al di là di quello che si possa immaginare guardandolo in tv o leggendolo sui social. Nonostante la popolarità, è rimasto se stesso, non è cambiato di una virgola. Certo, magari con l’avvicinarsi dei grandi appuntamenti, come tutti i campioni è più teso, una cosa del tutto normale, ma è davvero una bella persona, con grandi valori. Anche nelle interviste e sui social ama essere se stesso, non si nasconde mai, è vero, dice soltanto ciò che pensa, non nasconde i propri pensieri per piacere agli altri. Non dice mai una cosa a tavola tra gli amici, per poi affermare il contrario in tv. Anche sulla questione doping ha detto la sua, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Un altro suo pregio, poi, è la grande voglia di vincere, perché soffre tantissimo nelle occasioni in cui perde. È sorprendente quanta capacità e voglia di vincere ancora abbia».

Anche in questa stagione ha compiuto delle imprese straordinarie, come in occasione della mass start di Oslo.
«Vero, anche se in quel caso ha riparato a un suo errore. Era un periodo particolare per lui, perché la compagna era incinta e stava per partorire. Aveva quindi cambiato le sue abitudini, così dopo la penultima tappa di Kontiolathi era tornato in Francia, per poi presentarsi a Oslo all’ultimo momento. Non era facile per lui, perché il figlio poteva nascere a giorni, quindi era distratto e quel giorno ha commesso un errore. È stato però bravissimo, in quel momento, a ritrovare immediatamente la concentrazione. Sapeva che per vincere non doveva più sbagliare e compiere anche una bella rimonta, così ha trovato la sua stimolante sfida anche per quella gara e l’ha vinta. In Francia, nel corso di un documentario andato in sulla tv pubblica durante la stagione, nel quale lo seguivano durante alcuni allenamenti, ha affermato che non gli piace perdere e nemmeno arrivare secondo, ma cerca sempre nuove sfide da vincere. Così ha fatto quel giorno, come, in occasione della staffetta mista ai Mondiali di Hochfilzen, quando voleva finire a tutti i costi davanti alla Russia e ce l’ha fatta. In quel caso, però, alcuni media hanno ingigantito le cose, affermando che Martin avesse cercato il contatto con Loginov durante l’ultimo cambio. Nulla di più falso, se si riguardano le immagini, Fourcade è già avanti quando Loginov cade. È competitivo, mai scorretto».

Qual è stato il momento più bello da quando sei nella squadra francese?
«La medaglia d’oro vinta da Martin alle Olimpiadi di Sochi nell’inseguimento, quando fu un trionfo di tutta la squadra, visto il bronzo di Beatrix. Ci metto, poi, anche il bellissimo oro di Dorin ai Mondiali di Kontiolathi. Per quanto riguarda la squadra, invece, sono stati indimenticabili i Mondiali di Oslo del 2016, perché ottenemmo il record di medaglie in casa dei norvegesi».

Un’ultima cosa: ti abbiamo visto con Fourcade in occasione di Juventus-Barcellona di Champions League.
«Come ho detto prima, sia con Martin sia con Marie, ci vediamo spesso in primavera. È difficile farlo nel corso dell’inverno, quando gli atleti sono concentrati moltissimo sulle gare. Anche quest’anno, quindi, terminate le gare ci siamo visti anche fuori dal mondo del biathlon, quando mi ha telefonato per dirmi che aveva i biglietti per Juventus-Barcellona e me lo avrebbe regalato. La cosa mi ha fatto molto piacere, anche perché è stato l’ennesimo attestato di stima che ho ricevuto e che non mancano mai da parte sua e di Marie. Quel giorno, alla fine, ho sorriso più io, visto com’è andata a finire la partita, ma nonostante la sconfitta del Barcellona, anche lui è stato benissimo, è rimasto impressionato dal bellissimo ambiente che avevamo trovato. Poi lo staff dell’Adidas ci aveva accolto molto bene all’interno dello Juventus Stadium»

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