Tanti giovani friulani che si stanno affacciando ai grandi circuiti di fondo e biathlon lo ringraziano, per averli non soltanto migliorati tecnicamente come atleti, ma anche come persone, e soprattutto per avergli trasmesso tanta passione per gli sci stretti. Mirco Romanin, ad appena 28 anni, è già un allenatore molto apprezzato da tutto l’ambiente, non soltanto per le sue capacità professionali, ma anche per quelle umane. La sua età giovane sicuramente lo agevola, permettendogli di capire le esigenze dei ragazzi di oggi, con i quali riesce a instaurare un legame che va oltre quello tra allenatore e atleta, diventando quasi un fratello con cui crescere. Anche grazie al suo ottimo lavoro, oggi il Comitato FISI FVG del settore biathlon, oltre ad aver la rappresentanza nelle squadra di Coppa del Mondo con atleti del calibro di Lisa Vittozzi e Giuseppe Montello, annovera tra le file azzurre anche gli junior e i giovani Daniele Cappellari, Eleonora Fauner, Marianna Sartor e Daniele Fauner. Ma non solo biathlon, anche nel fondo stanno emergendo altri ragazzi facenti parte del gruppo di lavoro di Romanin, quali Luca Del Fabbro ,Davide Graz, Giona Barbacetto, Cristina Pittin e Rebecca Bergagnin.
Ciao Mirco e grazie per la disponibilità. È incredibile quanti ragazzi del vostro comitato, sia biatleti sia fondisti, ti ringrazino quando li intervistiamo.
«È una cosa che fa sicuramente molto piacere e mi emoziona tanto. Quando vedi questi ragazzi crescere giorno dopo giorno, condividendo con loro fatiche, gioie, dolori e insegnamenti che lo sport sa dare, è normale che si instauri un rapporto particolare. Ricevere i loro ringraziamenti per quanto si fa sottolinea ancora di più quanto il lavoro che portiamo avanti noi tecnici sia importante per questi giovani, che sono i primi ad essere consapevoli dell’importanza che un allenatore ha per il raggiungimento dei propri obiettivi».
Hai solo 28 anni e sei già tecnico da molto tempo: come sei arrivato fin qui?
«Il mio percorso da tecnico è iniziato prestissimo, già dall’età di 19 anni, quando superai la selezione per il Corso Maestri di sci della Regione Veneto, e la dirigenza del mio sci club, l’Asd Monte Coglians, mi domandò di dar loro una mano perché c’era carenza di allenatori. Iniziai quindi quasi per gioco, con pochi ragazzi da seguire, tra i quali nella categoria Baby un certo Luca Del Fabbro. Ho cominciato fin da subito a collaborare anche col settore biathlon, molto praticato all’interno del mio sci club, di cui ai tempi conoscevo poco. Mi occupavo quindi di seguire anche in poligono le categorie dell’aria compressa, e dall’anno successivo iniziai anche a occuparmi della preparazione tecnica e atletica dei ragazzi del Comitato, lavorando assieme a Giordano Baritussio, che è stato per tanti anni il responsabile della parte tiro. Con l’andare del tempo, dopo aver perseguito il diploma di Maestro di sci, ho poi continuato la mia formazione coi corsi di allenatore sia di fondo che di biathlon, e il master per Istruttori Nazionali di fondo. Quando Baritussio ha lasciato, sono diventato direttore tecnico del biathlon e allenatore responsabile per la parte sci della squadra piccolo calibro. Con me collaborano altri tecnici ovviamente, perché nel biathlon c’è bisogno di tanta manodopera. Enrico Tach è il nuovo responsabile del settore tiro, coadiuvato da Daniele Piller Roner, mentre per l’aria compressa i due allenatori di riferimento al poligono sono Romanin Giovanni e Ivan, a cui si aggiungono i vari skiman. Con loro ci sono poi gli skiman, che sono Gianni Rupil e Riccardo Pittin. Per quanto riguarda lo sci club, mi occupo principalmente della preparazione dei settori Children e Giovani, mentre per i Cuccioli e i Baby ci sono altri due allenatori, Giuseppe Degano e Katia Del Fabbro. I numeri in questi anni sono aumentati moltissimo e ovviamente in maniera proporzionale anche il bisogno di avere allenatori a disposizione. Si è così formato questo staff, molto giovane e unito, col primario obbiettivo di far amare lo sport ai ragazzi. Collaboro in maniera proficua anche con i Camosci di Sappada, ed in particolar modo con l’allenatore Nicola Selenati, per quanto riguarda la preparazione dei ragazzi del settore biathlon, ed è stato questo uno dei motivi che ci ha permesso di raggiungere i risultati che sono arrivati in questi anni. L’unione fa la forza. Il mio unico rammarico è non esser riuscito a proseguire la mia attività da atleta nello specifico dello sci di fondo. Negli anni che contavano ho avuto un sacco di problemi di salute e non sono mai riuscito ad esprimermi. Mi sto comunque togliendo tante soddisfazioni sotto questo punto di vista, faccio infatti tante gare di corsa in montagna d’estate e quando ho tempo mi butto in pista anche d’inverno. Penso sia fondamentale testare alcune metodologie di allenamento sulla propria pelle, prima di proporle agli atleti. Inoltre vedo che ai giovani piace avere un allenatore-atleta, che lavora a stretto contatto con loro anche durante gli allenamenti più difficili».
Sei ormai all’interno del Comitato FISI FVG da tanti anni, puoi dirci cosa è cambiato in questo periodo?
«Il movimento biathlon è cresciuto tantissimo, soprattutto perché si è creata una buona organizzazione. Inizialmente non c’era una linea che prevedesse degli obiettivi a lungo termine. Oggi ogni tecnico ha il suo settore e lo segue specificatamente, tutto è più standardizzato, tutti hanno degli obiettivi specifici e in questa maniera i ragazzi sono seguiti a 360°. In passato erano presenti meno figure, i tecnici dovevano fare quasi tutto. Oggi siamo cresciuti tanto e i giovani stanno cogliendo un grande giovamento. Sicuramente si può e si deve fare ancora molto per raggiungere il top dal punto di vista organizzativo, ma siamo sulla buona strada. Oltre a questo, abbiamo avuto la fortuna che a Forni Avoltri, proprio negli anni in cui iniziai ad allenare, ci fu un rinnovamento della struttura di riferimento per il nostro lavoro quotidiano, che ha poi preso il nome di “Carnia Arena International Biathlon Center”. Un posto magico per allenarsi con una bellissima pista da skiroll di quasi 4 km, un poligono a 30 sagome, e neve a partire dagli ultimi giorni di novembre. La località è a bassa quota, ma riparata dal sole durante la parte iniziale dell’inverno, e così si produce l’innevamento artificiale in maniera molto rapida. Inoltre la Regione Friuli Venezia Giulia ci è molto vicina, e prossimamente verranno fatti dei lavori per rendere il Centro ancora più appetibile. L’obiettivo è di farlo divenire un riferimento per tutto il movimento del settore nordico italiano, e non solo. E’ da poco stato riconosciuto dalla FISI come Centro Federale, è già questo è un grosso traguardo. Ora manca solo la ciliegina sulla torta, ovvero il renderlo attivo con dei tecnici che ci lavorino quotidianamente, che consentirebbe di renderlo ufficialmente una vera e propria “fabbrica di atleti”».
Dal punto di vista dei risultati avete avuto un’annata positiva.
«Si molto buona, grazie agli ottimi risultati ottenuti a partire dagli atleti della squadra A come Montello e Vittozzi, fino ai più giovani. Abbiamo la fortuna di avere una bella collaborazione con il Centro Sportivo Carabinieri, che ha inserito nel proprio settore giovanile diverse leve provenienti dalla nostra regione. I più promettenti del nostro Comitato, così, sono seguiti direttamente da loro e questo ci semplifica il lavoro, perché non è facile seguire tutti i ragazzi, se pensate che nel settore piccolo calibro ne abbiamo venti! Attualmente ci ritroviamo due atleti in Squadra A di Coppa del Mondo, due nella nazionale Junior, due nella leva giovanile. Dietro, poi, ci sono tanti ragazzi che vogliono seguire le loro orme. Direi che ci sono tutti i presupposti per continuare a fare un ottimo lavoro».
Avere atleti del Comitato come Lisa Vittozzi e Giuseppe Montello, capaci di ottenere ottimi risultati anche in Coppa del Mondo, vi aiuta nel vostro lavoro con i giovani?
«Certamente, rappresentano uno stimolo in più, sono fondamentali. Capita spesso che Lisa o Giuseppe, piuttosto che mio fratello Nicola, atleta del Centro Sportivo Esercito, si allenino all’interno del Centro Federale Carnia Arena a Forni Avoltri, quando ci sono anche i nostri ragazzi. Per i più piccoli del gruppo ad aria compressa è importantissimo vederli all’opera, perché possono osservare come lavorano al poligono, la loro tecnica sugli sci, ma soprattutto quanto si impegnano, capendo così che nulla è dovuto, ma che per arrivare servono grossi sacrifici. Fino a dieci anni fa in questa regione non esistevano delle figure di riferimento, ora i ragazzi le hanno in questi atleti».
È difficile lavorare con i ragazzi in un’età tanto particolare della loro vita?
«Dal mio punto di vista non è assolutamente complicato, sono ancora abbastanza giovane e spero che, invecchiando, rimanga tutto così (ride ndr). Mi immedesimo facilmente nei loro pensieri e nelle loro problematiche, capisco quando hanno dei momenti di difficoltà e vado a parlarci, perché l’allenatore non deve essere soltanto una persona che dà loro direttive e ordini. Deve anche saper stare a stretto contatto con l’atleta e soprattutto ascoltarlo per cercare di eliminare tutte le problematiche che ovviamente nel corso di un periodo compaiono. Spesso questi ragazzi si confidano più con noi allenatori, che con i genitori. La nostra è una figura importantissima per la loro crescita tecnica, ma soprattutto umana. Per mia fortuna ho un carattere che mi aiuta a stare a contatto con questi ragazzi, e mi ritengo fortunato nell’aver trovato un lavoro che risalti questa mia caratteristica».
Si vede che hai un rapporto molto stretto con questi ragazzi.
«Nel nostro sport bisogna lavorare tantissimo, e spesso molto duramente, ed è quindi meglio farlo sempre in maniera serena. La forza sta nel gruppo, nonostante la performance sia individuale, e l’allenatore dev’essere parte attiva di tutto ciò, rendendo il tutto meno traumatico. Questi giovani sono strepitosi già solo per il fatto di aver scelto questa vita, soprattutto in un periodo nel quale il mondo offre tante alternative, non soltanto sportive. Conciliano sport e studio in maniera sublime e hanno spesso ottimi risultati in entrambi i cambi. Bisogna concedergli fiducia, dargli qualche spazio per loro, e magari ogni tanto viverlo insieme, migliorando così il rapporto».
Cosa dici ai ragazzi che lasciano il Comitato ed entrano in un Centro Sportivo?
«Dico sempre la stessa frase: deve essere un punto di partenza, non di arrivo. Ci sono casi, purtroppo, di atleti che entrano nel gruppo sportivo e perdono di motivazione, perché hanno raggiunto il loro obiettivo, hanno una sicurezza economica e si impegnano meno. Invece deve essere il contrario, devono mettersi in testa che è stato fatto un investimento su loro, quindi devono rendersi conto che gli è stata regalata un’opportunità, quella di crescere e arrivare a essere grandi atleti, perché se stanno lì significa che hanno delle potenzialità. Per questo motivo è importante continuare ad avere un rapporto diretto con loro anche quando raggiungono l’alto livello. Il primo allenatore rimane sempre un riferimento, e le sue parole sono come macigni per mantenere alta la motivazione e per continuare a crescere».
Come spieghi il fatto che dal Friuli stiano uscendo tanti giovani fondisti?
«Nelle ultime stagioni l’asticella si è alzata parecchio, perché gli sci club del Comitato hanno iniziato a lavorare con maggior criterio, avendo capito di avere tra le mani, per gli anni 98, 99 e 2000, dei grandi talenti. Così hanno iniziato a organizzarsi in una maniera più aggiornata, introducendo giornate di lavoro collettivo da cui trarre spunto per la quotidianità. Ovviamente a seguire ne hanno beneficiato anche le nuove leve, e per ogni annata ci sono sempre degli atleti molto interessanti. Adesso tutte le società lavorano in sinergia tra loro, per il bene esclusivo dei ragazzi. Questa nuova organizzazione ha subito portato degli ottimi risultati, grazie anche al carattere tipico di noi friulani, che abbiamo dentro di noi lo spirito di sacrificio, sappiamo far fatica, abbassiamo la testa e andiamo avanti sempre. Se nel comunicare non siamo troppo bravi e risultiamo a volte un po’ chiusi, nel lavorare siamo delle vere e proprie tigri».