Nonostante il numero di praticanti sia ovviamente inferiore rispetto ai luoghi storici dello sci nordico italiano, l’Emilia Romagna negli ultimi anni sta crescendo moltissimo, sfornando diversi talenti che hanno vinto numerose gare a livello giovanile e si stanno affacciando anche nelle squadre nazionali. Merito di un progetto, chiamato “Scivoliamo”, con cui il Comitato Appennino Emiliano, ha deciso di investire nello sci nordico, ispirando le nuove modifiche al Progetto FuturFisi. Di questo abbiamo parlato con Sandro Sala, tecnico responsabile del fondo per il CAE del presidente Giulio Campani.
Buongiorno Sala, che giudizio dà all’ultima stagione del fondo emiliano?
«Lo dico a bassa voce, ma se dovessi dare un giudizio da uno a dieci, direi che siamo a un nove alto. Il nostro livello è cresciuto moltissimo perché siamo riusciti, anche con un pizzico di fortuna, a partire nel 2012 con il progetto “Scivoliamo”, importante per reclutare nuovi bambini, che sta portando risultati importanti, perché con esso abbiamo introdotto un unico programma di lavoro per tutti gli atleti che fanno parte del Comitato e degli Sci Club. Scivoliamo è nato da una collaborazione con Chenetti e Zorzi e ha coinvolto moltissimi bambini, alzando il livello tecnico dei ragazzi della nostra regione, ma anche il numero di praticanti, perché il CAE è in controtendenza rispetto ad altri comitati, che hanno meno tesserati rispetto al passato e problemi di partecipazione. Insomma, ora stiamo raccogliendo i frutti del lavoro che è stato fatto in questi anni, anche nei risultati, come dimostra la vittoria del titolo Under 14 di Matteo Biondini, un ragazzo che è l’espressione di tutto ciò che è stato fatto nel nostro comitato. Puntiamo tanto su di lui, come su Anna Tazzioli, che è diventata atleta di interesse nazionale. Dietro di loro abbiamo altri ragazzi molto interessanti come Daniel Cavalletti, sesto agli italiani nella sprint Under 16, ma anche Marco Manfredini e Valentina Barbieri si sta dimostrando molto competitiva. Abbiamo tutto un movimento che ci ha dato tante soddisfazioni, perché oltre ai risultati dei nostri giovani atleti, ci sono anche quelli organizzativi, visto che lo scorso anno si sono disputati gli Italiani Under 14 a Frassinoro e la Coppa Italia a Piane di Mocogno».
Da quanto tempo lavora per il CAE? Com’è nato il progetto Scivoliamo?
«Ho cominciato nel ’95 insieme a Gianluca Marcolini, che poi è andato prima ad allenare la nazionale di fondo spagnola ed oggi invece lavora con quella norvegese di biathlon. Dopo il suo addio, ho proseguito da tecnico responsabile e da quando è stato ideato il progetto “Scivoliamo” sono coadiuvato da mio figlio Marco. È nato tutto nel 2012, grazie alla disponibilità del presidente Giulio Campani, il quale, visti alcuni risultati positivi che avevamo ottenuto nel fondo, decise di investire una quota importante delle disponibilità economiche del comitato sul fondo. Mi chiese se avessi un progetto, promettendomi che l’avrebbe appoggiato per quattro anni, così ho chiamato Chenetti, che aveva già in mente qualcosa, e insieme a lui, oltre che a Christian Zorzi, abbiamo dato vita a Scivoliamo. Loro venivano spesso a controllare tutto il discorso dei test e degli allenamenti, la presenza di Zorro, poi, ha rappresentato anche un bello stimolo per questi ragazzi. Abbiamo un programma di lavoro unico per i ragazzi, che vengono valutati attraverso test periodici e tutti i dati vengono registrati in un database, che riporta tutte le loro qualità. Poi organizziamo raduni e stage con una partecipazione numerosa di ragazzi, anche perché abbiamo una collaborazione attiva con i tecnici degli Sci Club, proprio per permettere ai ragazzi di avere un unico programma di lavoro. Con il nuovo FuturFisi questo progetto è diventato nazionale, tanto che la direzione agonistica della nazionale, oggi, ci dà un importante supporto tecnico, con persone illustri del mondo del fondo italiano, come Marco Selle. Lo scorso anno, proprio quest’ultimo era presente in un bellissimo raduno che abbiamo svolto al Lago di Tesero. Ci tengo, infine, a sottolineare che se siamo riusciti a svolgere questo lavoro e ottenere dei risultati così importanti, è grazie anche al contributo di mio figlio, Marco Sala, laureato in scienze motorie, che è preparatore atletico e coordinatore del gruppo dei più giovani. Lui, da responsabile del progetto “Scivoliamo” raccoglie tutti i dati dei test effettuati, anche a livello nazionale, collaborando con la direzione agonistica e docente per la scuola tecnici Federali FISI».
Prima di questo progetto, l’Emilia Romagna otteneva risultati di rilievo?
«Per arrivare dove siamo oggi dobbiamo ringraziare i risultati ottenuti da Martina Vignaroli e Francesco Ferrari, cresciuti prima che partisse questo progetto, i quali rappresentano uno stimolo importante per i nostri ragazzi».
Prevede un futuro roseo per il fondo del Comitato Appennino Emiliano?
«Non sono un indovino (ride ndr). Diciamo che, se il lavoro e l’organizzazione pagano, visto che il nostro è un progetto fatto bene, la risposta potrebbe essere soltanto affermativa. La certezza è che noi stiamo facendo lavorare bene i ragazzi, poi, ovviamente, il nostro bacino d’utenza è inferiore rispetto ad altri, lavoriamo con appena sei sci club, rispetto ad un numero di club molto più elevato che si ritrovano altri comitati. Però sono fiducioso, perché anche quest’anno siamo riusciti a far disputare tutte le gare del calendario regionale, i nostri ragazzi hanno sempre potuto allenarsi sulla neve e abbiamo un bel rapporto di collaborazione con la direzione agonistica della FISI. A questo aggiungiamoci anche l’ottimo feedback del progetto “Food for Win”, che prevede le eccellenze culinarie del nostro territorio nei ritiri delle squadre nazionali, tutte aziende e cuochi modenesi, che nutrono i nostri atleti durante le trasferte all’estero».
Può descriverci il suo lavoro?
«Lavoro a contatto con diverse realtà e devo riuscire a trovare il filo per cucire i rapporti tra comitato, società e atleti. Organizzo e coordino il rapporto tra la federazione centrale e il comitato, mi occupo della programmazione della squadra, dai raduni e i test estivi fino alle gare nel calendario federale. Sono presente a tutte le commissioni e alle riunioni nazionali che si svolgono a Milano, perché devo essere l’anello che congiunge l’attività federale con quella delle realtà “periferiche”. Inoltre, per quanto riguarda il rapporto con i ragazzi, devo avere sensibilità nel pesare bene gli obiettivi, non devo sottovalutare ma nemmeno sovrastimare gli atleti, ma essere sempre sincero con loro».
Si occupa di ragazzi che vivono un periodo piuttosto particolare della loro vita. È complicato?
«Sono d’accordo con il concetto espresso da molti tecnici anche di altre discipline, sul fatto che il lavoro effettuato con club o comitati sia più difficile rispetto a quello con gli atleti professionisti. Ti trovi di fronte un bambino che entra nel comitato e quando lo saluti è diventato un uomo. Il primo scopo, per quanto mi riguarda, è proprio questo: costruire degli uomini, far si che siano persone equilibrate, con fiducia in se stesse. Al termine del percorso fatto insieme, voglio che questi ragazzi comprendano quanto per raggiungere determinati obiettivi serva un percorso fatto di fatica e sacrifici, non soltanto nello sport, ma nella vita stessa».
Per i giovani non è mai facile conciliare scuola e sport. Come vi ponete in tal senso?
«Per quanto ci riguarda, vogliamo che i nostri ragazzi non cerchino scuse e non si pongano limiti. Noi abbiamo instaurato un ottimo rapporto con le scuole, in particolare con i professori di scienze motorie, ai quali comunichiamo i nomi dei ragazzi che sono intenzionati a praticare sci di fondo, indicando l’allenamento ideale per loro. Per il resto collaboriamo con le scuole e firmiamo anche i certificati di assenza, quando i nostri ragazzi sono fuori per le gare. Per quanto riguarda i più piccoli, le scuole ci affidano i bambini, che con dei pulmini portiamo ad allenarsi per poi riaccompagnarli a casa. Vi svelo, però, una cosa da non sottovalutare: grazie a Enrico Quadri, referente responsabile del settore fondo del comitato regionale, che ha svolto una ricerca, pubblicata anche sulla Gazzetta dello Sport, è stato dimostrato quanto sia alta la media voto dei nostri atleti. I ragazzi sanno di dover partecipare in modo attivo all’attività scolastica, anche se comporta sacrifici».
Cosa dice ai vostri atleti che passano a senior?
«In questa stagione non ne abbiamo avuto alcuno. Quando ciò accade, solitamente, percorrono una di queste due strade: alcuni proseguono come atleti a livello amatoriale, se non riescono a sfondare, e gareggiano conciliando questa passione con il lavoro; altri continuano, iscrivendosi al corso da maestro e successivamente allenatore. Molti di loro, poi, svolgono questa attività all’interno del comitato, tanto che abbiamo già alcuni nostri ex ragazzi, che stanno lavorando per noi, tramandando i nostri principi. Siamo contenti, perché abbiamo abbattuto il fenomeno dell’abbandono precoce, anche nelle categorie centrali abbiamo tenuto buoni numeri. Chi, invece, ha la fortuna di percorrere la terza via e, come Martina Vignaroli, diventa professionista entrando in un corpo militare, lo fa con grande serietà, non sentendosi assolutamente arrivata, ma ritendendo questo passaggio un trampolino di lancio per fare un salto ulteriore».