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Biathlon

Fabrizio Curtaz spiega: “Puntiamo sui giovani per non farci trovare impreparati in vista del prossimo quadriennio olimpico”

Tanti cambiamenti nelle squadre nazionali di biathlon per la prossima stagione. La squadra A maschile è stata confermata in toto, mentre quella femminile è scesa da sei a quattro atlete, con Karin Oberhofer fuori perché in gravidanza e Nicole Gontier che ripartirà dalla Squadra B, nella quale è stata inserita la giovane Ginevra Rocchia, che stando fuori dai gruppi sportivi, avrebbe anche rischiato di doversi fermare nonostante due titoli italiani appena vinti. Grande spazio ai giovani, perché oltre alla Squadra Juniores/Giovani è stata anche formata la squadra Progetto Giovani. Di questo abbiamo parlato con l’Allenatore Responsabile della nazionale italiana, Fabrizio Curtaz.

Buongiorno Fabrizio. Vedendo le squadre nazionali, si nota che avete puntato molto sui giovani.
«Fino al livello juniores abbiamo lasciato le squadre che avevamo introdotto lo scorso anno, perché abbiamo un progetto di due-tre stagioni da portare avanti. A queste squadre abbiamo poi aggiunto quelle del “Progetto Giovani”, perché non cambiando gli elementi della squadra “junior”, rischiavamo di non poter introdurre nuovi atleti e lasciarne fuori alcuni che meritano invece spazio. Abbiamo quindi deciso di allargare il contingente nazionale per poter lavorare subito con loro e avere una base della piramide più ampia. Essendo anno olimpico, abbiamo scelto di stringere il numero di atleti della Squadra A, concentrandoci soltanto su coloro che nell’ultimo periodo hanno ottenuto risultati di rilievo e di lavorare sui giovani per non farci trovare impreparati in vista del prossimo quadriennio».
    
Gli otto atleti che sono in Squadra A oggi, sono anche coloro che probabilmente andranno ai Giochi.
«Abbiamo scelto di inserire in Squadra A soltanto coloro che hanno raccolto risultati di alto livello. Poi le porte della nazionale saranno aperte a tutti, gli atleti della Squadra B e anche quelli che sono fuori dalle squadre nazionali possono qualificarsi per i Giochi, dove porteremo, ovviamente, i migliori. Sicuramente con questi otto svolgeremo un lavoro atto a prepararli al meglio per l’evento olimpico».

Nicole Gontier è stata, invece inserita in Squadra B, dove si allenerà con Ginevra Rocchia, una new entry.
«Per Ginevra Rocchia era un po’ un bivio, perché è diventata senior e non è inserita in alcun corpo sportivo. La squadra B è stata impostata già lo scorso anno con l’ottica di lavorare a medio-lungo termine e sviluppare gli atleti nati dal ’92 al ’96 in vista del prossimo quadriennio, perché oggi ci manca un ricambio. Abbiamo inserito due donne agli antipodi in Squadra B. Da una parte Gontier, che ha già fatto vedere di poter gareggiare ad alto livello, dall’altra una ragazzina che ha bisogno ancora di un paio di stagioni per far vedere se ha il potenziale giusto per proseguire il suo cammino. Ognuna farà il bene dell’altra. Per Ginevra Rocchia sarà importante avere Nicole, atleta di alto livello e più esperta, che può essere un bel punto di riferimento. Dall’altra parte, per Nicole, sarà altrettanto importante avere una giovane come Ginevra, che può essere per lei uno stimolo. Abbiamo pensato che Nicole Gontier avesse bisogno di staccarsi un attimo dalla squadra nazionale, perché il confronto quotidiano con le sue compagne, oggi, l’avrebbe messa moralmente un po’ in difficoltà. In questo momento deve concentrarsi su un altro tipo di lavoro, migliorare sulla tecnica, senza doversi confrontare con le altre. Poi, se a novembre dovesse dimostrare di essere in ottime condizioni, allora potrebbe anche gareggiare in Coppa del Mondo».

Dalle squadre nazionali è fuori, in questo momento, Karin Oberhofer. Le porte delle Coppa del Mondo per lei potrebbero riaprirsi dopo il parto?
«In questo momento, infatti, non può far parte della squadra nazionale, perché a luglio partorirà. Poi dipenderà da tante situazioni, ma sicuramente se riuscisse a ritrovare la giusta condizione, potrebbe tornare in Coppa del Mondo e giocarsi un posto per le Olimpiadi, dove, ripeto, porteremo i migliori. Io spero tanto che Karin riesca a rientrare, come vorrebbe anche lei, ma oggi è una cosa difficile da prevedere, bisogna soltanto aspettare».

Il suo rientro ti provocherebbe, paradossalmente, un problema di abbondanza.
«Ad avercene di problemi così (ride ndr)».

Avete sei pettorali per la Coppa del Mondo femminile: l’idea è di far salire qualcuna delle giovani, magari la Rocchia, oppure altre ragazze che hanno fatto molto bene?
«In molti mi chiedono di lanciare, per esempio la Carrara in IBU Cup o anche in Coppa del Mondo. Non è però una cosa semplice, perché si corre il rischio di farle del male, perché un atleta che sta crescendo può prendere una bastonata e perdere fiducia. Meglio far salire i giovani un gradino alla volta, piuttosto che rischiare di farli inciampare. L’obiettivo non è avere sei pettorali, ma portare in Coppa del Mondo persone pronte, in grado di poter ottenere risultati di livello. Inoltre è anche meglio non disperdere energie, ma concentrarsi su coloro in grado di lottare per ottimi risultati e invece per i più giovani restare nelle competizioni “minori” dove possono crescere ed essere seguiti con maggior attenzione».

Lo scorso anno il quinto pettorale maschile, ad Anterselva, è stato dato a Rudy Zini, che è andato anche ai Mondiali. Come mai non è però presente nella Squadra B?
«Rudy Zini si era guadagnato quel posto da riserva ai Mondiali, che era importante per la staffetta, così abbiamo deciso anche di lanciarlo ad Anterselva, per non buttarlo nella mischia d’improvviso. È un ragazzo bravissimo, che però va per i trenta e sul quale non possiamo lavorare pensando al prossimo quadriennio. Lui, come Pietro Dutto, li tengo d’occhio, partiranno dalla Coppa Italia e se si dimostreranno pronti, come già accaduto lo scorso anno, li porteremo in IBU Cup. Se poi dovessero dimostrarsi da prime quindici posizioni anche qui, allora potrebbero pure essere portati in Coppa del Mondo e andando a punti, lottare per una qualificazione olimpica. Le porte non sono assolutamente chiuse. In Squadra B, però, preferiamo lasciare ragazzi dal ’92 al ’96, per lavorarci pensando al prossimo quadriennio».

Qual è la situazione della Squadra A maschile?
«In campo maschile abbiamo due atleti come Windisch e Hofer che possono fare risultati di alto livello, poi dietro di loro facciamo più fatica. Abbiamo quindi deciso di impostare un lavoro particolare con Bormolini e Montello, partendo dalla staffetta, che ha portato a risultati importanti, come si è visto in stagione. Abbiamo imboccato la strada giusta, perché, come abbiamo visto già con le donne, si può far crescere un atleta individualmente partendo però dalla squadra. Mi auguro che questi risultati ottenuti con i compagni, possano dare coraggio e motivazioni a questi due ragazzi per fare un nuovo salto».

Si parlava di ricambio generazionale, ma guardando le età degli otto componenti delle squadre A, l’Italia è messa bene anche in vista dei Giochi del 2022.
«Si, siamo messi molto bene anche in vista del prossimo quadriennio, almeno sulla carta. Però, prima si inizia a lavorare sul cambio generazionale e meglio è. Avere un gruppo più folto di atleti in grado di partecipare alla Coppa del Mondo sarebbe molto importante, perché ci sarebbe più competizione in squadra, si alzerebbe l’asticella e potremmo anche permetterci che un atleta si ammali o non viva una stagione di alto livello. Invece, oggi, se un atleta zoppica, soprattutto nella squadra maschile, diventa dura. Sono però fiducioso in vista futura, perché vedo degli atleti in Squadra B che hanno grandi motivazioni e voglia di lavorare sodo. Devono crescere, ma siamo contenti per il loro atteggiamento».

Da giovedì tornerete ad allenarvi: cosa dirai a Dorothea Wierer, che sembrava un po’ delusa al termine dell’ultima stagione, nonostante si fosse confermata nella top five della Coppa del Mondo?
«Sicuramente si aspettava molto di più e in un certo senso anche noi, conoscendo le sue qualità. Le dirò che deve concentrarsi sulle cose positive che ha fatto e ripartire dal pensiero che una stagione come l’ultima è stata meglio farla un anno prima delle Olimpiadi. Deve ricominciare con la consapevolezza – e in questo ragionamento coinvolgo anche il resto della squadra, perché è stata una stagione difficile un po’ per tutti – che avrà imparato molto da questa esperienza. È importante che l’abbia vissuta un anno prima dei Giochi»

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