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Dallo Sci Nordico agli US Open di Tennis: la storia di Massimo Tosello

È dietro le grandi vittorie del tennis femminile italiano, essendo stato per molti anni osteopata al seguito di Francesca Schiavone e Flavia Pennetta nel tour WTA, le regine del tennis italiano. Oggi ricopre questo ruolo al seguito di Fabio Fognini e Dusan Lajovic nell’ATP Tour, oltre che per la giovane promessa azzurra Camilla Rosatello nel circuito WTA. Socio fondatore e sostenitore dell’AIFERS (Associazione Italiana Fisioterapisti e Riabilitatori Sport Professionistico), in pochi sanno che Massimo Tosello è anche tecnico nazionale di fondo e biathlon, tanto da essere stato cercato da Fauner in occasione delle Olimpiadi di Vancouver. Ex atleta di fondo, è uno sportivo nato. Conosciamo la sua storia e con essa raccogliamo anche informazioni su quanto il fisico degli atleti sia messo alla prova negli sport nordici moderni.

Buongiorno. Lei ha da molti anni un ruolo importante nel mondo del tennis, eppure ha cominciato dagli sport nordici, vero?
«Si, sono di Limone Piemonte, per forza di cose ho iniziato con lo sci e grazie alla passione di mio Padre Matteo e di alcuni suoi amici proprio dalle discipline nordiche. Tra il 2000 e il 2006 ho lavorato anche nella nostra realta’ provinciale, essendo tecnico di biathlon e fondo. Ho frequentato il primo corso per allenatori di biathlon tenuto in Italia e come esaminatore ho avuto Curtaz. È stato il caso ad allontanarmi dagli sport invernali, mi trovavo sull’altipiano di Folgaria a fare il Maestro di sci e la BMW Motorsport fece un raduno proprio lì per preparare la 24 ore di Le Mans. Il loro preparatore si infortunò scendendo dal pullman, così chiesero alla struttura se c’era qualcuno che potesse ricoprire quel ruolo e proposero me. Evidentemente seppi approfittare della fortuna, visto che la BMW mi portò in Germania e mi assunse. Dopo alcuni anni nei motori sono arrivato al tennis».

È stato anche un atleta?
«Si ma a livello agonistico ho raggiunto dei risultati mediocri. Successivamente ho frequentato la Scuola Militare Alpina di Aosta. Ottenuto il grado di Sottotenente, venni distaccato per il periodo invernale a Courmayeur e a La Thuile con incarichi sportivi: tenere corsi alle truppe anche straniere che venivano a prendere il brevetto da noi. Chiamarono me in quanto avevo un minimo curriculum da atleta. Nel periodo in cui ero lì, c’era anche un mito dello sci il Maresciallo Marco Albarello».

Insomma come atleta le cose non andarono bene.

«No, anche se fisicamente ero dotato, dal punto di vista mentale ero veramente carente, la competizione mi massacrava. Non ero in grado di gestire le mie emozioni e il rendimento in gara era decisamente mediocre. Amando lo sport decisi così di intraprendere la carriera di tecnico, feci tutti i corsi della FISI diventando allenatore e tecnico nazionale di biathlon e fondo».

La sua breve carriera di atleta nel fondo le è stata utile successivamente?
«Certamente. Lo sci di fondo ti insegna a soffrire, non arrenderti e trovare delle soluzioni quando sei in difficoltà, una cosa che devi saper fare quando sei da solo. Essere stato cosi’ emotivo mi aiuta a capire perfettemante cosa si prova sotto pressione e il non essere stato in grado di trovare una strada da atleta mi agevola nel comprendere ed aiutare questi campioni nei momenti duri. Questa è stata una delle carte vincenti per me nell’ambito tennistico, perché in fin dei conti sotto questo punto di vista fondo e tennis sono molto simili. Se non entri in contatto con la sofferenza, non sai interpretare certe situazioni nello sport. Avendole vissute in prima persona, ho tentato di trasferire queste mie esperienze a Pennetta, Schiavone e tutti gli altri atleti con cui sono stato o sono tutt’ora a contatto. Anche se sono solo il loro osteopata, in un team tutti devono lavorare psicologicamente in modo corretto sull’atleta per non creare danni».

Sport a parte, ritiene che il fondo sia importante per una persona nella vita di tutti i giorni?
«È fondamentale per la formazione della persona, perché la rende capace di affrontare qualsiasi difficoltà nella vita. Ci rende “resilienti” come lo era la gente delle nostre montagne una qualita’ fondamentale e sempre troppo poco allenata dallo stile di vita moderno. Il percorso che fa un atleta che ha praticato per anni sport di fatica aiuta a costruire un uomo o una donna con maggiori risorse per affrontare le difficoltà quotidiane. Stimolerei certamente  mio figlio alla pratica di questi sport».

Tornando al suo corso per diventare tecnico di biathlon, può dirci come va preparato un atleta in uno sport così particolare?
«Ricordo quel corso, nel 2003 tra gli altri c’erano Curtaz e Zingerle, era il primo corso nazionale e si svolgeva ad Anterselva. Eravamo una trentina di persone, una decina di altoatesini ma anche tanti piemontesi come me. Fu un’esperienza molto interessante. Il biathlon è uno degli sport più completi al mondo, include qualità come la resistenza, che è importantissima nel fondo, la concentrazione decisiva per il poligono. Inoltre bisogna avere la capacità di andare forte sugli sci ma gestire bene le proprie risorse senza andare comunque fuori soglia per rendere al meglio anche al poligono. L’atleta deve avere grande forza mentale, saper eliminare ogni pensiero e ogni sensazione negativa per concentrarsi solo sul bersaglio».

Come deve lavorare a livello fisioterapico un fondista?
«La fisioterapia nello sport sta facendo grandi passi avanti, gli aspetti principali sono sempre la prevenzione di infortuni tipici della pratica sportiva e il recupero rapido dagli sforzi quotidiani per trarre il massimo beneficio da ogni singola seduta di allenamento e da ogni competizione. Se gli allenatori vanno a lavorare sulla tecnica e a stimolare il fisico nelle sue capacita’ condizionali per ottenere un miglioramento della performance noi dobbiamo cercare di favorire una coordinazione neuromuscolare per consentire alla macchina atleta di tollerare gli sforzi senza incorrere in infortuni, dobbiamo ripristinare il corretto funzionamento della struttura e dobbiamo agevolare il recupero».

A proposito di fondo: cosa deve fare un fondista nel corso del Tour de Ski per recuperare al meglio?
«Parte fondamentale saranno il buon riposo e l’ottimale alimentazione che devono consentire di ristabilire le riserve energetiche, poi sicuramente si sottoporra’ ad una breve seduta pre-gara per attivare e mobilizzare tutti i distretti, dopodiche’ a fine gara sicuramente passera’ almeno una buona ora sul lettino del terapista per un massaggio e le manipolazioni articolari opportune».

Se un giorno dovessero chiamarla nuovamente nel mondo dello sci, accetterebbe?
«Nello sci ci sono tecnici e terapisti di altissimo livello, i risultati parlano per loro, sicuramente ci sarebbero molte cose che potrei imparare».

Un’ultima domanda: come duello l’emoziona di più Federer-Nadal, Bjoerndalen-Fourcade o Daehlie-Smirnov?
«Diciamo Belmondo-Di Centa e Schiavone-Pennetta, ma lo sci ha un posto speciale nel mio cuore».

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