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Stefania Belmondo: “Le notizie su Sochi mi provocano profonda tristezza”

Il Tour de Ski è terminato con i successi di Heidi Weng in campo femminile e Ustiugov in quello maschile, dopo una serie di sette gare in nove giorni, che hanno offerto grande spettacolo. Ma a cavallo tra il 2016 e il 2017 ha fatto nuovamente irruzione nel mondo del fondo l’incubo del doping, con il Rapporto McLaren che inchioda alcuni fondisti russi e potrebbe cambiare le classifiche delle Olimpiadi di Sochi. Di questi argomenti abbiamo parlato con Stefania Belmondo.

Ciao Stefania, si è appena concluso il Tour de Ski che tra gli uomini ha incoronato Ustiugov. Ti aspettavi che il russo avrebbe resistito all’assalto di Sundby sul Cermis?
«Sinceramente si, perché nelle precedenti tappe del Tour l’avevo visto in forma e soprattutto mi sembrava molto motivato e grintoso. Quindi non avevo dubbi circa la possibilità che arrivasse in testa sul Cermis».

Tra le donne ha vinto Heidi Weng dopo sette tappe spettacolari.
«Vero, la gara femminile è stata molto bella. Heidi Weng è stata bravissima, ma non è più una sorpresa, la conosciamo da tempo e la Norvegia ha uno squadrone, se pensiamo a quello che ha fatto in queste tappe anche Oestberg. Mi è piaciuta Krista Parmakoski che si è portata al secondo posto. Però voglio nominare ancora una volta Jessica Diggins, che è stata molto brava, facendo delle grandi cose nelle gare sprint e concludendo in quinta posizione».

Per l’Italia è arrivato il secondo posto di Pellegrino nella sprint e un De Fabiani in netta ripresa.
«Sono stata contenta di rivedere De Fabiani lì davanti, ha fatto delle buone cose nel corso del Tour de Ski. Ha sofferto sul Cermis, ma bisogna ricordarsi che l’ultima gara è durissima, anche perché alla fatica della scalata finale, va sommato il fatto che ci si arriva dopo tante gare sulle spalle in pochi giorni. Anche Pellegrino è stato bravissimo nella gara sprint e questo non può che fare piacere. Credo che il loro obiettivo stagionale sia il Mondiale e punteranno tutto su quello, arrivandovi al massimo della forma».

Hai nominato il Cermis: ti piace come tipo di gara?
«Da una parte è molto affascinante, soprattutto perché è presente tanta gente che ha l’occasione di vedere gli atleti da vicino e sostenerli. Dall’altra parte mi sembra quasi un altro sport, perché si vede sciare in dei modi molto particolari. Per esempio Stina Nilsson saliva quasi alternando le braccia. Insomma, da una parte sembra più sci alpinismo che fondo».

Nell’ultimo periodo è arrivata la notizia del cosiddetto “doping di stato” della Russia ai Giochi di Sochi. Che idea ti sei fatta?
«Non dimentichiamo che già in occasioni dei Mondiali di Lahti del 2001, anche se in forma molto diversa, c’era stato una sorta di doping di stato, nel senso che vennero trovati positivi diversi atleti della nazionale ospitante. Furono squalificati, infatti, ben sei atleti finlandesi, tanto che vennero squalificate entrambe le loro staffette e a noi venne assegnato il bronzo. Fu una cosa molto brutta ai tempi e lo è ancor di più oggi, visto quello che si sta sentendo. Quando arrivano queste notizie reagisco sempre con profonda tristezza, mi dispiace, perché finisce che terminano in mezzo anche molti atleti che non c’entrano nulla. Dopo casi del genere finisce che inevitabilmente si generalizza, così se un atleta va più forte degli altri per meriti propri, c’è chi comunque si chiede se non faccia uso di qualche sostanza. È ciò che è accaduto al ciclismo. Purtroppo il doping rovina il nome di uno sport, lo rende poco credibile agli occhi della gente, che alle lunghe potrebbe allontanarsi».

Vero che nei Giochi del 2002 arrivasti addirittura alle lacrime dopo che venne alla luce la positività di Mühlegg?
«Si, in quel caso fu peggio del solito, perché lo consideravo un amico. Mi ero spesso allenata con lui, l’avevo visto anche impegnarsi tanto, faticare. La notizia della sua positività mi aveva lasciato l’amaro in bocca, arrivando anche a piangere. Ero molto delusa e questo ha anche rovinato il nostro rapporto, visto che non l’ho più visto. Il fondo è uno sport bellissimo, proprio perché si fa grande fatica e si deve sempre lavorare, ma rischia di essere rovinato da queste cose. Non deve accadere».   

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