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L’Opinione di Brusadelli: Italia, perché non ti giochi una nuova carta?

Non quadrano i conti nella squadra azzurra: gli allenamenti massicci fin qui sostenuti non hanno ancora dato i risultati sperati. Lo confermano, al di là delle classifiche che si commentano da sole, le stesse dichiarazioni rilasciate da Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani a questo sito dopo le gare del fine settimana a Davos sulle quali si contava. I nostri due atleti più rappresentativi parlano entrambi delle “sensazioni” negative riscontrate nella sprint il primo e nella 30 km a tecnica libera, con partenze a cronometro, il secondo. Atleti ancora un po’ imballati, spiega l’allenatore Chenetti, poiché non sono riusciti a smaltire i carichi di lavoro fin qui effettuati. Ridotti quindi in questi giorni, per risalire dopo la trasferta francese.

Unica voce fuori dal coro quella di Ilaria Debertolis, nona nella sprint e decima nella 15 km: finalmente felice per due piazzamenti che la dicono lunga su una potenzialità ancora tutta da esprimere. Lo potrà fare nella prossima trasferta francese e, subito dopo, nel Tour de Ski che ci concluderà, secondo tradizione, sulle nevi italiane con le tappe di Dobbiaco e Val di Fiemme. Quasi una psicosi per lei: il fisico ce l’ha, e finalmente si è liberata di un incubo che non aveva ragion d’essere. Una questione psicologica più che un fatto atletico. Nella stessa situazione, in pratica, si trova Virginia De Martin: dovesse cominciare ad ingranare pure lei, si aprirebbero anche per la squadra femminile orizzonti che Pierluigi Costantin e Pietro Piller Cottrer, i due allenatori, potrebbero coltivare come fece a suo tempo Benito Moriconi quando fu affidata a Camillo Onesti la direzione tecnica del settore femminile. Quando il primo passo fu quello di recuperare Manuela Di Centa che il presidente Gattai aveva buttato fuori squadra dopo le Olimpiadi di Sarajevo, riuscendo a farla convivere senza troppi attriti con Stefania Belmondo.

A La Clusaz, come del resto a Davos, per il momento la neve scarseggia, e questo ha comportato una modifica al programma: non più skiathlon ma mass start. Fra i convocati c’è ancora Giorgio Di Centa, richiamato – a 44 anni – in nazionale dopo che, vincendo in Coppa Italia, ha fatto vedere di essere ancora il migliore fra quelli che non fanno parte della squadra. Imitato, in questo, da Elisa Brocard. Il che, ovviamente, si presta a più di un interrogativo che può trovare motivazione nella pressione che i gruppi sportivi militari sono in grado di esercitare sulla federazione.

Personalmente, riandando con la memoria ad un passato che si ricollega alla storia di Franco Nones, primo fondista italiano a vincere l’oro olimpico, mi chiedo perché, insieme agli ormai anziani Di Centa e Brocard, non si sia pensato di provare, mandandolo allo sbaraglio, qualche giovanissimo già impegnato nel circuito di Coppa Europa per testarne le potenzialità, senza responsabilità di risultato, facendogli respirare il clima di Coppa del Mondo.
In tal caso, in questo ruolo di cavia, si potrebbe sperimentare Luca Del Fabbro. E’ una promessa, ne parlano tutti bene. Carattere forte, da poter superare l’emozione e l’eventuale delusione, e tecnicamente bravo. Sicuramente un azzardo, ma che si potrebbe tentare come fece a suo tempo l’allenatore B.H. Nilsson con Franco Nones, ragazzotto che cominciava a farsi strada nelle Fiamme Gialle. Fu il col. Zadra, comandante della caserma di Predazzo, a chiedere al CT Vittorio Strumolo di fare questo esperimento alla Coppa Kurikkala, la maggior manifestazione di quei tempi, visto che si correva in Italia, a Cogne. E Nones rispose in pieno alle attese: dopo un lungo viaggio fra bus e treno arrivò tutto solo in Valle d’Aosta ed ebbe giusto il tempo di provare la pista sulla quale, il giorno successivo, avrebbe tagliato il traguardo da vincitore. Guadagnandosi sul campo, con il suo primo successo internazionale, anche il posto nella squadra azzurra. Della quale sarebbe diventato il leader.

Che fosse un ragazzo sveglio, del resto, lo aveva dimostrato fin dal momento dell’arruolamento in Finanza quando, mandato nei mesi estivi per un periodo di prova in territorio comasco, prima a Saltrio sul confine svizzero e poi a Gravedona, sul Lario, dimostrò di saperci fare anche nella lotta al contrabbando che trovava terreno favorevole della montagna sopra Garzeno. Più svelto, di gambe, rispetto a quello “spallone” che nessun finanziere riusciva a beccare quando, con una ventina di chili di bricolla carica di sigarette in spalla, scendeva dalla montagna e riusciva a scappare ai finanzieri che lo intercettavano nel suo tragitto verso il lago, facendosene poi beffe quando si ritrovavano, da amici per l’occasione rivali, in qualche bar.

Scherzetto che non gli riuscì con Nones che, per tutto il tempo che rimase nella zona di Garzeno, lo costrinse a cercarsi un’altra zona per la sua attività di contrabbando.

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