Una stagione da rincorsa, quella a cui si sta preparando Pietro Dutto. L’atleta cuneese delle Fiamme Oro è uscito dal gruppo della Nazionale A e non prenderà inizialmente parte non soltanto alla Coppa del Mondo, ma per il momento nemmeno all’Ibu Cup. Dovrà conquistarsele con delle ottime prestazioni in Coppa Italia con la tuta delle Fiamme Oro. Le difficoltà però non lo spaventano e Dutto è pronto a vivere la stagione del riscatto, per continuare a inseguire i suoi sogni.
Ciao Pietro, come sta andando la preparazione?
«Ho delle sensazioni positive, ho appena concluso una serie di allenamenti a Livigno, nei quali mi sono concentrato sullo sci, dal momento che il poligono non era agibile essendoci poca neve e in Val Martello per prepararmi al meglio sul tiro. Ora sono a casa dove cercherò di recuperare le energie prima di iniziare la stagione».
Per te è stata un’estate particolare, in quanto dopo tempo non ti sei allenato con la nazionale.
«Non è stato facile per me, ma guardando il lato positivo, questa esclusione mi ha dato l’opportunità di guardare alla prossima stagione agonistica da un altro punto di vista. Ho cambiato allenatore e preparazione, mi sono allenato bene e mi sento già in ottima forma, anche al tiro. Il supporto delle Fiamme Oro è stato fantastico grazie al lavoro dell’allenatore Faustino Bordiga e tutto lo staff».
Qual è il tuo obiettivo per la stagione che per te prenderà il via il 3 e 4 dicembre in Val Ridanna?
«Il mio obiettivo è ritrovare delle buone sensazioni, andare forte in qualsiasi competizionea cui prenderò parte. Indipendentemente dal fatto che siano gare di Coppa Italia, Ibu Cup o Coppa del Mondo, voglio arrivare sempre al traguardo senza alcun rimpianto ed esprimere tutto il mio potenziale, come non sono riuscito a fare negli ultimi anni per vari problemi».
Ovviamente però, tra i tuoi obiettivi c’è anche il ritorno in nazionale.
«Certo, nei prossimi due anni voglio tornare a gareggiare in Coppa del Mondo e farlo anche in modo competitivo. Ho dimostrato di poter stare lì e se non dovessi riuscire a tornarci, vorrebbe dire che qualcosa in me non va. Ho fatto una preparazione differente e darò tutto me stesso, poi vedremo cosa accadrà».
Torniamo indietro nel tempo: come mai hai scelto il biathlon?
«Ho cominciato facendo fondo, come tutti, ero allenato da Alessandro Biarese, una persona fondamentale per tanti giovani del cuneese, che purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Proprio con lui ho provato il biathlon, quasi per gioco, mi è subito piaciuto e non l’ho più lasciato continuando su questa strada».
Cosa ti piace del biathlon?
«L’imprevedibilità, perché non sai mai come andrà a finire».
Il vostro è uno sport molto particolare: quanto cambiano le cose tra allenamento e gara?
«Moltissimo, soprattutto nel tiro. In gara senti addosso il peso psicologico di dover ottenere il risultato dopo aver fatto 500 ore di allenamento, hai le pressioni che ti metti addosso da solo, quelle che arrivano dalla gente attorno a te, dai media, dal pubblico. È tutto più difficile. Ecco la cosa importante da fare, è riuscire a isolarsi, mettere da parte tutte queste cose, perché ci sono già altri fattori a rendere tutto più difficile, compreso il meteo. Un conto è allenarsi da solo a 0 gradi e senza vento in Val Martello, un altro è gareggiare a Oberhof, davanti a ventimila persone, con vento e nebbia. Insomma basta questo a rendere tutto più difficile».
C’è stato un momento in cui hai capito che il biathlon sarebbe diventato il tuo lavoro?
«Si, quando dopo i 16 anni avevo raggiunto un ottimo livello di risultati in ambito nazionale. A quel punto ho capito che era giunto il momento di provarci fino alla fine, di investire su me stesso e dare tutto, per raggiungere la nazionale ed entrare in un gruppo sportivo militare. C’è l’ho fatta, sono felice e ringrazio di questo tutti coloro che mi hanno aiutato e le Fiamme Oro che hanno creduto in me».
Cosa consigli ai tuoi giovani conterranei Ghiglione e Baretto, che dal prossimo weekend saranno impegnati in Ibu Cup?
«Consiglio loro innanzitutto di divertirsi, di godersi questi momenti, perché sono i più belli, quando si gareggia ancora senza alcuna pressione».
Ci descrivi le emozioni delle tuo prime gare in Coppa del Mondo?
«Si, al mio esordio arrivai 41° ad Oestersund, in Svezia. Ricordo che prima della gara ero tesissimo, ma alla fine feci una buona prestazione. Non mi feci distrarre da quello che avevo intorno, c’era tanta gente, ma cercai di non sentirla, perché se ti guardi intorno significa che non sei abbastanza concentrato. Ricordo però una volta, nella staffetta del 2013 in Russia, quando mi ritrovai in un gruppetto con dei grandissimi campioni come Malysko e Peiffer, passando con loro davanti a un muraglione di tifosi russi prima di arrivare al poligono. Fu emozionante. Poi con il tempo uno si abitua a queste cose».
Hai un sogno nel cassetto?
«Si, voglio partecipare a un’Olimpiade. Ho un anno e mezzo per provare la rincorsa verso i Giochi del 2018. Non sarà facile, ma cercherò di avvicinarmi già nel corso di questa stagione. Sono curioso di vedere come andranno le cose, soprattutto dopo aver cambiato preparazione».