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Sci di fondo

Silvano Gadin lancia la volata: “Pellegrino e De Fabiani andranno a medaglia a Lahti”

Da alcuni anni è uno dei telecronisti italiani più amati, perché con la sua voce racconta lo sci di fondo italiano sugli schermi di Eurosport, sempre con grande passione e tanta competenza. Parliamo di Silvano Gadin, che insieme al commento tecnico di Fulvio Valbusa, porta nelle case degli italiani le gare di sci di fondo, sport di cui è ovviamente grande intenditore oltre che appassionato. Anche perché, da buon valdostano, gli sci sono le sue seconde scarpe e ha visto crescere molti degli atleti dell’attuale nazionale di fondo, compreso Federico Pellegrino. L’abbiamo intervistato, per conoscere il suo parere a un mese dall’inizio della stagione.
Ciao Silvano. Alla vigilia della passata stagione, avresti immaginato di commentare la vittoria di Federico Pellegrino nella classifica della Sprint di Coppa del Mondo?
«Tutto sommato si, perché lo conosco da quando era un ragazzino, avendo commentato da speaker alcune gare di allievi in cui era protagonista. Ti assicuro: era già un fenomeno! Certo, magari non credevo che avrebbe vinto già così presto, visto che ha appena 26 anni e non è una cosa da tutti vincere già a questa età. Però che fosse un atleta forte e determinato a vincere, lo si vedeva già quando aveva 15 anni. Abito a 30km da casa sua, lo conosco molto bene, è una persona meticolosa, un grande lavoratore e so che vuole da sempre una medaglia individuale. Sono sicuro che la prenderà».
Come giudichi quindi la squadra azzurra?
«Per quanto riguarda gli uomini abbiamo pochi atleti, ma due di essi sono degli autentici fenomeni. Infatti, oltre a Pellegrino, abbiamo un altro grande atleta come De Fabiani. È incredibile come questi due ragazzi siano diversi in tutto, nel carattere, nel modo di vivere e di intendere lo sport, ma accomunati da delle doti incredibili. Secondo me De Fabiani quest’anno farà grandi cose. So che lui vuole entrare nei primi dieci della Coppa del Mondo, ma per me è in grado di entrare già nei primi cinque, perché è davvero forte e determinato ad arrivare. Questi due ragazzi sono fortissimi e hanno quella voglia di vincere, che avevano in passato campioni come Valbusa o Albarello. Hanno un ottimo rapporto tra loro, una cosa che è molto positiva, come il fatto che abbiano delle caratteristiche assai diverse».
E gli altri?
«Abbiamo Noeckler che in staffetta ha sempre fatto bene. A me piace molto Salvadori, che oltre a delle buone qualità tecniche, ha anche una grande voglia di venir fuori. Lo vedi, quando si trova nelle retrovie ed è magari in 23ª posizione, che lotta e si sbatte per arrivare 20°. Non si trovano tutti i giorni ragazzi che lottano per guadagnare due posizioni, quando si trovano dietro. In staffetta dovremo puntare su questo ragazzo, a maggior ragione ora che Clara si è fermato. Mi dispiace per il ritiro di Roland, ma credo che abbia fatto la scelta giusta e sia stato anche onesto. Lui aveva il posto in squadra assicurato, ma sentiva di non avere più certi stimoli. Ho apprezzato il suo coraggio. Attenzione poi anche a Rastelli, perché è molto forte in classico, ma deve trovare continuità. Anche lui ha grandi mezzi, negli allenamenti si impegna da matti e ha già dimostrato di poter salire sul podio. In generale abbiamo una bella squadra, li ho anche incontrati nel corso dell’estate e ho visto che sono un gruppo unito, nel quale regna l’armonia e la voglia di crescere. Poi, quando hai gente forte davanti, anche dietro si muove qualcosa».
Insomma Pellegrino e De Fabiani aiuteranno molto la crescita complessiva della squadra.
«Certo, quando hai il traino di due campioni del genere, è più facile anche per gli altri. Purtroppo è quello che manca alle ragazze, le quali sono delle buone atlete, ma non hanno avuto in questi anni quella fortissima capace di entrare nelle prime dieci posizioni in ogni gara. Ecco, prendiamo ad esempio le americane, che fino a poco tempo fa andavano come noi, poi hanno trovato chi, piazzandosi con continuità nelle prime posizioni, ha motivato il resto del gruppo. A noi manca proprio questo. La gente dice che siamo troppo buoni con queste ragazze, oddio Valbusa magari un po’ meno di me (ride ndr), ma sono 15 anni che faccio il cronista a tutti i livelli e quando vedi che in Coppa Italia partecipano solo venti donne, non puoi certo pretendere miracoli. Ecco, forse siamo un po’ miopi quando attacchiamo questa squadra».
Ormai questo sport è un dominio degli atleti norvegesi: è possibile porvi fine?
«In questo momento no, perché sono due spanne sopra gli altri, anzi sono proprio anni luce più avanti. Anche la Russia ha una bella squadra, ma ha troppe beghe interne, gli svedesi potranno essere pericolosi ai Mondiali perché alla fine sono sempre lì, anche se stanno pagando il cambio generazionale, mentre i finlandesi potrebbero fare bene nel Mondiale in casa. La Norvegia però è di un altro livello, potrebbe permettersi di portare a Lahti due squadre nazionali. È una questione di cultura la loro, tanto che Valbusa mi raccontava che, quando si fanno le gare al Nord, ci sono sempre degli eventi collaterali che coinvolgono anche i giovani, oltre ai semplici appassionati. Per loro sciare è naturale anche grazie al clima e al tipo di territorio, mentre da noi, in un luogo come Bosco Chiesanuova, dove sono nati i Valbusa, oggi non c’è più neve, così i giovani atleti devono fare dei sacrifici enormi per allenarsi, percorrendo molti chilometri. Aggiungiamoci poi, che in Italia manca un collegamento tra lo sport e la scuola, a volte da noi l’educazione fisica viene vista quasi come qualcosa di forzato, mentre al Nord Europa è una materia a tutti gli effetti».
Eppure, nonostante un bacino d’utenza piuttosto basso rispetto ad altre nazioni, l’Italia ha sempre ottenuto ottimi risultati in questo sport: come mai?
«Perché alla fine il nostro paese ha una tradizione consolidata. Al di là degli splendidi anni novanta, quando abbiamo vinto tantissimo, abbiamo avuto anche Franco Nones, il primo in grado di battere gli scandinavi. Abbiamo delle zone in cui c’è tanta tradizione in questo sport, che viene praticato moltissimo nelle vallate alpine. Poi fino a quando avremo dei campioni come Pellegrino e De Fabiani, il fondo avrà sempre seguito. Certo, ora abbiamo qualche problema in più, perché i Gruppi Sportivi arruolano meno atleti e quindi le famiglie sanno che le possibilità di vedere i propri figli entrare in un corpo militare si sono ridotte. Spesso, quindi, è difficile mantenere i propri figli, scommettere su di loro pagando allenamenti e trasferte, senza la certezza di vederli poi entrare in un Gruppo Sportivo».
Passiamo alla squadra femminile: c’è al suo interno un’atleta in grado di diventare quel traino che servirebbe per trascinare anche le altre?
«La più talentuosa è Virginia De Martin Topranin, che in classico ha i mezzi per entrare stabilmente nelle dieci. Abbiamo visto più volte, che quando è in giornata, riesce ad entrare nelle dieci nella gara a inseguimento, quindi può riuscire a farlo anche a cronometro. Per me alcune di queste ragazze devono solo sbloccarsi ed essere più convinte, anche perché nel panorama mondiale, tolte un paio di atlete, non ci sono dei fenomeni, quindi entrare stabilmente nelle quindici non è impossibile. Nella sprint c’è Gaia Vuerich che in certe piste è molto forte, mentre a Greta Laurent manca davvero poco per ottenere un risultato. La valdostana è stata spesso un po’ sfortunata e secondo me ha bisogno di imbroccare una semifinale per sbloccarsi. Attenzione poi alla Debertolis, che è sempre lì. Sono convinto che se una di loro si piazzasse nelle prime posizioni, motiverebbe anche le altre. Purtroppo abbiamo perso una generazione intera di atlete che si sono ritirate troppo presto, come Follis, Longa e Genuin, scelte, le loro, che vanno comunque rispettate. Alle ragazze della nazionale, però, chiedo più convinzione, come l’aveva la Paruzzi, che ha lottato tanto perché voleva arrivare a certi risultati, oltre alla cattiveria agonistica di una Stefania Belmondo».
Divertiamoci un po’: un pronostico per la stagione che inizierà tra un mese?
«De Fabiani e Pellegrino andranno a medaglia nei Mondiali di Lahti. Per quanto riguarda la staffetta maschile, partiamo come quinti, siamo un po’ una scommessa. Però attenzione, è una bella posizione, perché significa arrivare alla gara sapendo di non essere obbligati ad andare a medaglia, come devono invece fare altri, e arrivare così alla gara con maggiore tranquillità. Insomma saremo una sorta di cane sciolto, che starà lì pronto a sfruttare ogni errore degli avversari. Davanti a noi ci sono sicuramente quei fenomeni dei norvegesi, poi Russia, Svezia e Francia, nazione che sta crescendo. Ecco i francesi sono l’esempio di ciò che ci manca: noi nella sprint abbiamo solo Pellegrino, mentre loro hanno tre o quattro atleti che sono dietro ma non lontano da lui»

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