Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato la prima parte di un’intervista che abbiamo fatto a Francesco De Fabiani, nella quale il miglior atleta italiano nelle distance ha raccontato la sua carriera, dall’inizio fino alla vittoria di Lahti. Oggi pubblichiamo la seconda parte dell’intervista, nella quale il fondista valdostano ha descritto la sua ultima stagione e parlato delle prospettive e degli obiettivi futuri.
Ciao Francesco, nell’ultima stagione ti sei confermato come miglior Under 23 italiano: soddisfatto?
«Si, anche se è stato più facile perché l’avversario più pericoloso era Fossli, che ha fatto ottime gare ma essendo uno sprinter ha avuto poche possibilità rispetto a me, perché già nel Tour de Ski i punti sono moltiplicati per quattro, così ho vinto con ampio vantaggio».
Dopo una buona prestazione all’esordio di Ruka, hai fatto fatica fino a Natale. Come mai?
«Sono stato particolarmente felice nella prima gara, perché mi sono piazzato quarto nel minitour di Ruka. Una gara sempre complicata, perché essendo la prima della stagione, tutti puntano a fare molto bene e sono al massimo della forma, mentre successivamente ogni atleta diversifica la preparazione, così ognuno è più o meno in forma nelle altre gare. Per questo essere arrivato quarto, perdendo la volata per il terzo posto con Krogh, è stata una bella soddisfazione. Il mio obiettivo stagionale era quello di migliorare nella skating e per questo avevo molte aspettative per la gara successiva di Lillehammer, nella quale invece ho perso moltissimo proprio a skating. Successivamente ho partecipato alla 30 chilometri di Davos, che potevo risparmiarmi, ma l’ho fatta per fare esperienza. Questo mi ha però penalizzato a Dobbiaco, dove sono arrivato stanco nella 15 chilometri a tecnica classica e non mi sono trovato bene su una pista che è straordinaria per lo skating, ma meno per la tecnica classica. Per fortuna è arrivata la pausa natalizia».
Dopo la pausa natalizia è arrivato il Tour de Ski ed è stato subito un altro De Fabiani.
«Natale mi è servito per ricaricare le batterie, così ho disputato un Tour de Ski in crescendo nel quale sono riuscito a entrare nei dieci dopo aver fatto podio a Oberdstdorf e un ottimo quarto posto in Val di Fiemme. Questa prestazione mi ha permesso di ottenere molti punti per la classifica».
Quindi a fine gennaio il podio nella staffetta a Nove Mesto. Un bel risultato, vero?
«Ero deluso per la 15 chilometri skating del giorno precedente, così il podio è stato ancora più importante. È un’emozione particolare e bella, perché puoi condividerla con i tuoi compagni di staffetta, persone con cui ti alleni tutto l’anno. È un premio di squadra ed è molto bello che in uno sport individuale come il nostro si possa vivere una soddisfazione collettiva, che riesce a dare nuove motivazioni a tutti i componenti della squadra».
A Oslo la tua prima 50 chilometri dopo quella dei Mondiali di Falun dov’eri andato in crisi: quali sensazioni hai avuto?
«Ho fatto una buona gara. Sono partito con strane sensazioni, perché mi sentivo un po’ bloccato perché probabilmente mi ero nutrito troppo per paura di incappare nuovamente in una crisi di fame come a Falun. Nel corso della gara mi sono sbloccato e ho lasciato indietro coloro con cui mi trovavo in quella fase, ma purtroppo i primi mi avevano già staccato. Comunque ho raccolto un buon settimo posto e una volta finita la mia prova avevo ancora energie. Insomma ho fatto l’opposto della volta precedente, quando sono crollato alla fine».
Proprio a Falun però hai ottenuto un fantastico secondo posto, salendo sul podio per la prima volta in una gara a tecnica libera grazie a una volata clamorosa.
«Io volevo solo dimostrare a me stesso che stavo migliorando a skating, ma il podio non me l’aspettavo e soprattutto con una volata del genere. È stata una gara strana, perché Sundby non era in giornata e siamo arrivati in volata. A tre chilometri dalla fine ero addirittura in trentesima posizione, poi sono riuscito a passare avanti perché ero abbastanza fresco e ho affrontato in seconda posizione l’ultimo strappo dove ho perso qualcosa, così mi sono trovato quinto all’inizio dell’ultimo rettilineo. Non so nemmeno bene cosa sia successo, so soltanto che ho trovato un corridoio libero all’interno e avevo ancora molte energie, così ho dato tutto, ma non avrei mai creduto di poter fare così tanto in cento metri, arrivando da quinto a secondo. Credo che se ci fossero stati altri cinque metri avrei addirittura vinto. Quando ho rivisto la gara, ho sentito il commento dei cronisti, che prima della volata avevano giustamente già tracciato un bilancio dicendo che avevo fatto una bella gara anche se non avevo raggiunto il podio. Ma come biasimarli? Nemmeno io mi sarei aspettato un finale così».
La stagione si è chiusa con lo Ski Tour canadese, che non è andato benissimo.
«È l’unico rimpianto della stagione, perché volevo fare meglio. Ero nono nella classifica generale prima di partire per il Canada, quindi volevo restare nei primi dieci della generale. Invece è andato tutto storto, anche se fisicamente non stavo male. Purtroppo non mi sono trovato bene con le piste e mi si è pure rotto un bastoncino. Alla fine la brutta prestazione canadese mi ha messo fuori dalla top ten della classifica generale, dove ho chiuso dodicesimo».
Qual è l’obiettivo per la prossima stagione?
«Sono contento intanto per come ci stiamo preparando, perché al Blinkfestivalen in Norvegia sono arrivato secondo nella skating, segno che la preparazione sta andando bene. Il mio obiettivo è quello di arrivare nei primi dieci della classifica generale. Non solo questo, diciamo che voglio migliorare i miei risultati della stagione precedente, cogliere più podi e più piazzamenti. Ci sono anche i Mondiali, dove spero di cogliere un bel risultato. A fine stagione sarò soddisfatto se avrò migliorato quanto fatto nelle due stagioni precedenti, voglio dimostrare a me stesso di essere in crescita».
Nell’ambiente azzurro ti indicano, insieme a Pellegrino, come uno dei due fari della nazionale di fondo. Senti maggiori responsabilità?
«Si, perché a differenza di quando andai alle Olimpiadi di Sochi, dove non avevo pressioni e aspettative, ovviamente ora più arrivano risultati positivi e più crescono le aspettative della gente, le responsabilità e la tensione. La cosa però non mi spaventa, perché come dico sempre se hanno aspettative nei tuoi confronti è perché puoi raggiungere determinati risultati».
Dove può arrivare la staffetta italiana?
«Possiamo fare bene perché siamo una bella squadra, siamo giovani e abbiamo ampi margini di miglioramento. Lo scorso anno siamo anche saliti sul podio, pure se bisogna ammettere che in quella gara alcuni nostri avversari non avevano schierato tutti i fondisti più forti. Ai Mondiali di Lahti sarà un’altra cosa, anche perché credo che Svezia e Finlandia ritorneranno ad alto livello, dopo un anno negativo. Sarà sicuramente più difficile rispetto allo scorso anno, ma noi siamo fiduciosi perché ci alleniamo bene e siamo un bel gruppo».
Qual è il grande obiettivo che ti sei posto per la tua carriera? Sogni l’oro olimpico?
«Innanzitutto voglio continuare a migliorarmi ancora, perché il mio obiettivo è di arrivare un giorno a raggiungere dei grandi risultati. Certo, mi piacerebbe vincere l’oro olimpico, anche se il sogno più grande sarebbe quello di vincere la Coppa del Mondo. Questo perché la vittoria dell’oro olimpico può essere frutto di un caso, di una giornata positiva, mentre la Coppa del Mondo generale o di specialità per me ha più valore, perché si costruisce durante tutta la stagione e se l’ottieni significa che sei il fondista più forte».
De Fabiani non teme le pressioni: “Non mi spaventano le aspettative, se ci sono è perché posso raggiungere certi risultati”
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