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Biathlon, Curtaz spiega il motivo del suo ritorno: “Non potevo accettare che il nostro lavoro andasse sprecato”

Soltanto un anno fa aveva lasciato la guida della nazionale di biathlon dopo sei anni, ma a distanza di 365 giorni ha accettato di ritornare come direttore tecnico. Fabrizio Curtaz non ce l’ha fatta a rifiutare la nuova chiamata della FISI, ama troppo quella creatura che ha contribuito a costruire nelle ultime stagioni per restarsene a casa e osservarla mentre rischiava di andare in crisi, nonostante le belle vittorie arrivate nel corso della stagione. Di questo e delle prospettive della nazionale di biathlon abbiamo parlato con lui in questa intervista che ci ha concesso.  
Buongiorno Curtaz, come mai dopo soltanto un anno ha accettato di tornare alla guida della nazionale di biathlon?
«Un anno fa avevo fatto una scelta personale, ma oggi non potevo rifiutare di venire in soccorso della squadra, mi dispiaceva stare fermo a guardare mentre il lavoro fatto in tanti anni rischiava di andare sprecato in poco tempo, nonostante i risultati sulle piste fossero ancora ottimi. Mi ha chiamato addirittura il presidente della FISI in persona e sono stato spinto ad accettare dagli stessi tecnici e atleti. I tecnici responsabili delle squadre mi avevano fatto capire che la situazione non era delle migliori e c’era la seria possibilità che il lavoro fatto in tanti anni andasse sprecato. Una cosa per me impossibile da accettare. Nell’ultimo anno si stavano rompendo alcuni meccanismi e si rischiava di dover ripartire da zero, proprio a poco tempo dai Giochi e questo non era giusto soprattutto nei confronti di questi atleti. Per fortuna abbiamo capito dove si stava sbagliando e stiamo raddrizzando la rotta, una cosa che dimostra una grande maturità da parte di tutti».  
Nonostante i problemi, come diceva in precedenza, gli atleti hanno ottenuto ottimi risultati. Come se lo spiega?
«Si, i risultati non sono mancati e per questo motivo faccio i complimenti agli atleti ma anche ai tecnici, che sono stati bravissimi nel tenere la squadra lontano da questi problemi. Secondo me le vittorie sono arrivate proprio perché gli allenatori hanno evitato di coinvolgere gli atleti in questa serie di difficoltà. Una cosa che non sempre viene fatta, perché in molti avrebbero utilizzato proprio gli atleti per evidenziare maggiormente i problemi che c’erano in seno alla federazione. A loro, invece, non è stato detto nulla e sulle loro spalle non è stato messo il peso di quanto stava accadendo. Probabilmente se i tecnici si fossero comportati in modo diverso, queste vittorie non sarebbero arrivate».  
Può dirci quali erano i problemi?
«Non voglio entrare nei particolari per rispetto delle altre persone coinvolte. Diciamo che si stava commettendo l’errore di gestire tutti gli sport nordici alla stessa maniera, senza tenere conto che il biathlon è una disciplina più complicata rispetto alle altre e deve avere una propria autonomia nella gestione dei suoi problemi. Bisogna capire che questo sport ha bisogno di esigenze logistiche, tecniche e di budget diverse rispetto alle altre discipline nordiche».  
Secondo lei la nazionale azzurra di oggi è la più forte nella storia del biathlon italiano?
«Ritengo di si, è la squadra più forte. Non è la prima volta che abbiamo un gruppo maschile di ottimo livello, perché ricordo che anche negli anni ’90 questo settore otteneva buoni risultati. All’epoca però mancava quasi completamente la formazione femminile, che stava nascendo. Oggi le nostre donne sono molto competitive e così abbiamo un gruppo forte in entrambe le categorie, cosa che rende questa nazionale la più forte di sempre».  
Già nelle giovanili gli attuali atleti della nazionale ottenevano ottimi risultati: avete costruito queste squadre partendo dal basso?
«Non è affatto scontato che se un atleta vince da giovane, poi lo faccia anche dopo. Va però detto che abbiamo lavorato molto bene partendo dal basso, non solo noi della nazionale ma anche i comitati regionali e gli sci club. L’ambiente del biathlon italiano è molto ristretto, così è più facile dare un’impronta generale e seguire una determinata linea. Questo lavoro ha pagato nel corso degli anni, un giusto premio ai nostri sforzi».  
Nell’ultima stagione Windisch ha vinto la sua prima gara individuale in Coppa del Mondo, mentre Hofer ha avuto qualche difficoltà in più a causa degli infortuni. Come giudica il momento della squadra maschile?
«Nel settore maschile la Coppa del Mondo è più difficile perché il livello è altissimo, con circa trenta atleti che se sono in giornata possono cogliere la vittoria. Hofer è diventato maturo molto presto, crescendo in fretta, ma ora ha avuto una piccola flessione ottenendo risultati più bassi rispetto ai suoi mezzi. Dominik (Windisch ndr) è cresciuto più lentamente, ma ora ha iniziato a raccogliere quanto ha seminato in questi anni. I due hanno avuto un percorso di crescita diverso, ma ora ci auguriamo possano continuare a farlo insieme. Entrambi hanno i mezzi per poter essere tra i primi con continuità, sono i fari della nostra squadra. Dietro di loro c’è da lavorare tanto, dobbiamo avere pazienza e il coraggio di sbagliare, perché per maturare bisogna anche commettere degli errori. Per quanto riguarda la squadra A Bormolini e Montello possono crescere molto, nelle gare a squadre daranno il loro contributo, mentre in quelle individuali ci vorrà ancora un po’ di pazienza. Vogliamo farli crescere con calma e non dobbiamo pretendere da loro risultati clamorosi già in questa stagione. Poi abbiamo una squadra B molto giovane e in questo caso potremo sapere se stiamo lavorando nel modo giusto soltanto nel medio-lungo termine. Diciamo che con loro il nostro obiettivo è legato alle Olimpiadi del 2022».  
Tra le donne invece è arrivata la Coppa di specialità vinta da Dorothea Wierer. Com’è la situazione generale della squadra femminile?
«Abbiamo la fortuna di avere in squadra sei o sette ragazze che sono tutte in grado di cogliere degli ottimi risultati. Questo gruppo è la dimostrazione che sappiamo fare biathlon nel nostro paese. Doro (Wierer ndr) è un’atleta straordinaria che ha ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto nella continuità di risultati. Deve imparare a mantenere la forma migliore più a lungo nel corso della stagione, migliorare tecnicamente e strategicamente nel corso delle gare, oltre che dal punto di vista fisico. La sua presenza è positiva per tutta la squadra, perché le compagne la vedono come quella da battere e da sfidare in allenamento. Non è facile perché Dorothea è una grande tiratrice, ha delle qualità innate. La sua presenza è uno stimolo per le altre ragazze, che sono molto motivate, sono un gruppo dove ognuna di loro è in grado di dire la sua e di emergere».  
Come sta andando la preparazione in vista della prossima stagione?
«Per il momento sta andando tutto secondo i programmi, quindi bene, perché stiamo facendo quello che ci eravamo messi in testa. Speriamo di continuare in questa maniera. Hofer ha avuto un piccolo problema alla caviglia all’inizio della preparazione, ma sta recuperando bene. In generale dovremo fare molta attenzione, perché ormai si lavora sempre a un po’ al limite e bisogna stare attenti a non esagerare e lavorare troppo. Insomma dovremo assicurarci che gli atleti recuperino sempre bene. Soltanto a settembre o ottobre capiremo se saremo o meno a buon punto».  
Quali sono i vostri obiettivi per la prossima stagione?
«I Mondiali sono l’appuntamento clou che la federazione mette sempre al primo posto. Ovviamente abbiamo il dovere di puntarci, ma ciò non vuol dire che non considereremo la Coppa del Mondo come merita, anche perché sarà anche utile in ottica Mondiale. Diciamo che se dovessi fare una scelta, il mio principale obiettivo sarebbe un grande acuto al Mondiale, anche perché siamo a un anno di distanza dall’appuntamento olimpico ed è ovvio che come tutte le squadre vogliamo capire a che punto siamo in vista della prossima stagione. Il Mondiale sarà propedeutico alle Olimpiadi».  
Cosa si aspetta quindi da questa stagione?
«Mi aspetto di andare avanti passo per passo, cercando sempre di capire come vanno le cose e raddrizzare il timone se mi accorgessi che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Ora tutti si aspettano che Dorothea vinca un’altra coppa, ma non bisogna andare troppo in là con le aspettative, meglio andare avanti un passo alla volta con i piedi ben piantati per terra e focalizzarci sul lavoro».

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