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Sci di fondo

Sandro Pertile fa il bilancio dei suoi primi due anni: “Avrei firmato per avere dei risultati così”

Da due anni ha preso in mano le discipline nordiche della FISI, diventando il direttore sportivo per sci di fondo, biathlon, combinata nordica e salto con gli sci. Sandro Pertile sta mettendo la sua grande esperienza a disposizione della nazionale italiana e i risultati gli stanno già dando ragione. Originario di Predazzo, Pertile ha avuto un passato da atleta nel salto e la combinata nordica, per poi fare esperienza nel settore bancario, prima di rientrare nel mondo degli sport invernali una volta inserito nel Comitato Organizzatore delle Olimpiadi di Torino 2006, con il ruolo di “sport competition manager” nel salto e la combinata nordica, che l’ha portato a occuparsi della costruzione degli impianti e l’organizzazione delle gare. Ha poi ricoperto il ruolo di responsabile del marketing per la Nordic Ski Fiemme per le gare di Coppa del Mondo e i Mondiali del 2013. L’abbiamo intervistato per tracciare un bilancio di queste prime due stagioni e parlare dell’anno e mezzo che porterà il movimento alle Olimpiadi del 2018.  
Buongiorno Sandro Pertile, è soddisfatto dei risultati che l’Italia ha ottenuto nelle prime due stagioni sotto la sua supervisione?
«Si, sono andati al di la delle più rosee aspettative. Il nostro obiettivo iniziale era quello di reimpostare bene le cose per poter poi aprire un ciclo importante. Le scelte dei tecnici sono state molto positive e i risultati emersi ottimi. Credo che se tornassi indietro di due anni, avrei firmato per avere dei risultati del genere. Abbiamo dovuto voltare pagina, impostare dei gruppi di lavoro, così abbiamo scelto dei tecnici validi. Ci sono tutte le premesse per riaprire un ciclo positivo di medio o lungo periodo e i traguardi già raggiunti dimostrano che stiamo lavorando bene».  

Ha trovato anche delle difficoltà in questi primi due anni?
«Sicuramente la fase iniziale della riorganizzazione non è stata semplice, perché abbiamo cambiato completamente il modo di lavorare e dovevamo organizzarci, capirci e conoscerci. I primi sei mesi sono stati i più complicati, ma con il passare del tempo abbiamo trovato la giusta intesa e oggi con i tecnici ci basta un solo sguardo per capirci. Inoltre ho dovuto costruire un rapporto con gli atleti, perché anche se sono stato io stesso un agonista per quindici anni, dovevo ricostruirmi un’esperienza in questo campo, visto che avevo fatto un’altra scelta professionale e quindi non avevo mai avuto un ruolo così vicino agli atleti. Ho cercato di portare le competenze che ho maturato in altri ambiti, soprattutto a livello organizzativo e di approccio manageriale alla gestione delle risorse, e metterle a disposizione delle squadre».  
A proposito di atleti: com’è il suo rapporto con loro?
«Buono, posso giudicarlo di rispetto reciproco e stima. In questi due anni siamo tornati con i piedi per terra e abbiamo iniziato a lavorare in condizioni più complicate. I ragazzi hanno capito che la federazione non attraversava un momento troppo positivo dal punto di vista economico, nessuno si è sottratto alle responsabilità e ci siamo focalizzati sul lavoro nelle caserme, così non ci è mancato nulla dal punto di vista lavorativo e dell’impegno. Gli atleti si sono abituati in fretta e hanno subito accettato questo nuovo metodo di lavoro, capendo che non è la categoria dell’albergo a portare dei buoni risultati ma il lavoro quotidiano».  
Analizziamo la situazione delle diverse squadre. Nello sci di fondo abbiamo dei risultati molto diversi tra gli uomini e le donne: sa spiegare perché?
«Diciamo che è sotto gli occhi di tutti il fatto che abbiamo due tipi di risultati: nella squadra maschile abbiamo due fari che stanno trascinando tutto il gruppo, mentre in quella femminile ci ritroviamo un gruppo allargato di ragazze in cerca di identità. Tra loro per il momento manca ancora una leader carismatica che detti anche la linea alle altre. Il finale della passata stagione fa ben sperare, perché Virginia De Martin Topranin sembra in grado di potersi porre come punto di riferimento per le altre. Comunque stiamo cercando di far lavorare le ragazze ancora di più e di averle a disposizione più giorni possibili, per dare loro un supporto quotidiano. Ci aspettiamo una crescita graduale e costante nel tempo, perché i cambiamenti repentini sono pericolosi. Dobbiamo crescere un passo alla volta e porci come obiettivo l’Olimpiade»
Si può dire che nel biathlon e nella combinata nordica ci siano oggi le squadre italiane più forte di sempre?
«È quello che ci auguriamo. Nel biathlon è stato fatto un grosso lavoro di ristrutturazione già a partire dalle Olimpiadi di Vancouver e per questo motivo oggi è più avanti rispetto agli altri settori nel raccogliere ciò che è stato seminato. I risultati sono molto interessanti, perché il gruppo delle donne è di altissimo livello e quello maschile sta tornando a ottenere ottimi risultati. È un cammino positivo. Per quanto riguarda la combinata nordica, dopo la riorganizzazione dello scorso anno puntiamo a ottenere dei risultati importanti. Nel prossimo triennio ci saranno due Mondiali e un’Olimpiade, così queste squadre avranno l’occasione di passare alla storia oppure di transitare senza lasciare il segno. Il nostro obiettivo è quello di lasciare un segno indelebile».  
Diversa invece la situazione del salto maschile.
«Il salto maschile è stata certamente la disciplina che ha fatto più fatica in questi ultimi anni, così abbiamo dovuto fare delle riflessioni approfondite ed è arrivata l’opportunità di ingaggiare uno dei tre migliori tecnici al mondo (Kruczek ndr), che si è tuffato in questa esperienza con tanto entusiasmo e sta contagiando anche i ragazzi. I primi risultati della stagione stanno dimostrando che già stiamo recuperando terreno. I segnali sono confortanti e vogliamo essere la sorpresa della stagione, consci che questa è una disciplina di nicchia nel nostro paese e i risultati possono poggiarsi su una base non troppo ampia di praticanti».  
Come giudica la situazione degli impianti in Italia?
«Abbastanza buona, perché tutte le discipline hanno uno o due centri di specializzazione. La sfida per la federazione sarà di trasformarsi dal punto di vista organizzativo per utilizzare dei centri federali sul territorio. Ogni regione dovrebbe avere uno o due centri con strutture di grande qualità per consentire agli atleti di allenarsi al massimo. Non si può polverizzare il movimento, bisogna concentrare le forze in alcune aree ben precise regione per regione, per avere almeno in ogni regione un punto dove i ragazzi possano trovare delle strutture adeguate dove allenarsi e crescere attraverso il lavoro quotidiano. Due centri di specializzazione per ogni disciplina sono secondo me sufficienti, ma servono anche dei centri di base che possano consentire ai ragazzi di avvicinarsi a una disciplina e mettere le basi per il futuro».  
In parte l’ha già detto: qual è l’obiettivo da raggiungere nei prossimi due anni?
«L’obiettivo è di crescere ancora e confermare i miglioramenti visti in queste prime due stagioni. Quest’anno abbiamo i Mondiali in tutte le discipline e sono l’evento della stagione, ovviamente senza sottovalutare la Coppa del Mondo. Questa stagione cammina a grandi passi verso quella olimpica, per la quale vogliamo essere pronti. L’obiettivo quindi è quello di crescere con un occhio verso i Mondiali e l’altro verso le Olimpiadi, che ci porteranno alla fine di questo quadriennio. Vogliamo sicuramente fare meglio di Sochi, anche se nello sport non è mai scontato vincere pure se si è ben organizzati, perché ovviamente anche le altre nazioni non staranno a guardare».

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