Qualche cane sciolto non fa primavera, anche se l’invito di Flavio Roda a candidarsi può essere allettante per chi, finora, è rimasto ai margini del Consiglio federale: organismo purtroppo condizionato da scelte esclusivamente pilotate o da inciuci fra Comitati. L’ultimo, appunto, quello che 2 anni fa ha portato Roda alla presidenza della Fisi che diversamente avrebbe visto con il binocolo.
La situazione, però, potrebbe cambiare poiché, dopo tanti anni, le Alpi Centrali, finalmente, si dovrebbero presentare pressoché compatte all’assemblea elettiva del 12 aprile. Con il condizionale comunque d’obbligo se non fosse che, a cementare il Comitato, questa volta è stata l’avversione generale allo statuto, predisposto dal Coni, che per il mancato raggiungimento del quorum non aveva potuto essere approvato nell’assemblea del 2013. Saltato a Modena, lo statuto viene ripresentato il 12 aprile a Bologna contando sul maggior afflusso di votanti in quanto in ballo c’è anche il rinnovo del presidente e del Consiglio federale. Un abbinamento assembleare che dovrebbe assicurare il minimo legale.
Statuto ratificato il 7 marzo dall’attuale Consiglio, con l’unico voto contrario di Marco Mapelli, che si ricandida, il cui parere ha fatto testo nell’ambito delle Alpi Centrali quando ha trovato l’avvallo del gruppo di lavoro composto, oltre che dallo stesso Mapelli, da Donegana, Cozzi e Noris. Gente che, anche per professione, la sa lunga in materia di regolamenti e codicilli vari che regolano la Fisi . E non disponibile ad accettare supinamente il testo combinato fra il presidente Roda, il vice Piccin e l’avv. Diotallevi
Scelta antidemocratica, deriva autarchica, l’hanno definito, per il semplice fatto che la nuova normativa concede un potere notevolissimo nelle mani di una sola persona, la stessa che toglie i poteri di controllo fra strutture interne anche perché la nuova figura di direttore generale è quella di un professionista scelto dal presidente e a suo comando.
Sono tante le cose che non vanno, come ha già spiegato su questo sito il notaio Donegana, a cominciare dall’inserimento del doppio tesseramento, finora mancato ma quantomeno ipotizzato nella bozza, che potrebbe arginare la “fuga” dalla Fisi. Di qui la necessità, prima ancora che l’opportunità, ha sostenuto l’avv. Cozzi che delle Alpi Centrali è stato presidente, di votare articolo per articolo, come si dovrebbe fare di norma, invece che tutto insieme come è invece previsto per accelerare i tempi.
In poche parole, è uno statuto da considerare illegittimo e ci si opporrà. La scelta, da decidere, è fra il votare contro e l’astensione, uscendo dalla sala, per giocare sul quorum. Ostruzionismo, prima dell’inizio dell’assemblea, è invece la proposta di Pietro Brivio, componente con Marco Labirio e Stefano Maldifassi dell’esautorata commissione di ricerca Fisi.
Su queste premesse è iniziato poi l’incontro del candidato presidente Pietro Marocco (nella foto in alto con Daniela Ciccarelli, oro olimpico di SuperG a Salt Lake City 2002 e spalla tecnica TV per la RAI e, sopra, con l’iridato sprint di Skiroll Emanuele Becchis) con le società delle Alpi Centrali, organizzato dal Comitato nella sala a piano terra del palazzo Coni a Milano. Un candidato “di peso”, che certamente, più di Roda e di Manuela Di Centa (che incontrerà le Alpi Centrali mercoledì prossimo) incarna quella che dovrebbe essere la figura di un presidente di federazione.
E cioè, come abbiamo già scritto, “una persona non compromessa con la politica, né troppo specializzata come sarebbero atleti di vertice passati direttamente dalle piste alle poltrone senza confrontarsi con le esigenze della base perché “nominate” e non votate, oppure tecnici che pensano di essere tuttologi depositari del sapere e non si rendono conto delle proprie lacune nelle discipline che non conoscono fra le 15 che annovera la Fisi e pontificano lo stesso”.
Deve essere una persona coraggiosa, corretta, con idee chiare, obiettivi condivisi e capacità di raggiungerli, di buon senso, con onestà intellettuale, esperienza, capacità di ascolto e determinazione decisionale come richiesto dall’attuale situazione tecnica ed economica. E che sia già all’interno della Federazione dopo aver fatto adeguata gavetta, della quale già conosce i problemi.
Ebbene, un personaggio del genere ieri sera si è presentato a Milano, ed è appunto l’ing. Pietro Marocco, la cui candidatura è stata avanzata dal Comitato Alpi Occidentali di cui è presidente e accreditata in 58 anni di vita. Ingegnere libero professionista tecnico commerciale, Lions Club e Panathlon Club, arbitro categorie nazionali di pallacanestro e, nell’ambito Fisi, referente dei Comitati nella Consulta dei presidenti. Alcuni dei quali sicuramente non lo amano se, richiesti di organizzargli un incontro con i loro sci club, hanno rifiutato di farlo. Bortoluzzi nel Veneto e Dalpez in Trentino, tanto per fare due nomi che il politicamente corretto probabilmente lo conoscono per sentito dire ma non lo applicano. Lo ritengono un optional.
Uno che viene da esperienze da dirigente e ha dimostrato di saper lavorare sul territorio coinvolgendo la base con i fatti e non con le chiacchiere. Un Renzi degli sport invernali se vogliamo un paragone politico. Da presidente del’AOC si è ritrovato750 mila euro di debiti dappertutto, il più grosso di 250 mila maturato fra il 2000 e il 2006 con l’Informatica System che rientrerà in 11 anni. Gli altri li ha pagati.
Alla Fisi attuale ha parecchio da contestare, a cominciare dal mezzo milione stanziato per l’attività giovanile che rende impossibile fare attività. Gli sci club sono in grandissima difficoltà; ignorati pure sul piano amministrativo poiché manca uno sportello efficiente. Non c’è nemmeno vicinanza di carattere tecnico: bisogna andare più presto sul territorio con i tecnici della federazione disponibili a confronti con gli allenatori periferici. E’ mancato un piano coordinato, organizzato fra tecnici, c’è crescita in una sola direzione.
Quanto a Roda, chiuso nella sua torre d’avorio, nega ogni dialogo e confronto ai presidenti, tenuti fuori dal Consiglio federale, mentre le consulte dovrebbero essere aperte anche agli sci club. Diversamente il territorio si disaffeziona, per il semplice fatto che lo si ritiene buono solo per recuperare voti quando ci sono le elezioni.
Riguardo al tesseramento se ne perde il 10% ogni anno; siamo a quota 70.000: una deriva da arginare. Praticamente sono solo dirigenti e agonisti, gli altri vanno con gli enti di promozione dove lo sport è anche divertimento.
Un’altra cosa che non gli va è che sono state prese decisioni sul costo e contenuti della tessera e su modifiche statutarie senza tenere nel dovuto conto le opinioni e le necessità degli Sci Club. La bassa partecipazione all’Assemblea straordinaria per la modifica dello Statuto può quindi essere spiegata con la disaffezione della base verso una gestione federale percepita come verticistica.
Per il tesseramento c’era un’apposita commissione, ma il commissario Carraro l’ha interrotta e Roda non l’ha ripristinata, e neppure ha provveduto a valorizzare la figura del volontariato (migliaia di volontari animati da nobile e disinteressata passione che sono nello stesso tempo la struttura portante e l’anima della Fisi) né i giudici di gara. Il progetto scuola crea disuguaglianza sociale poiché ci vogliono 15-18 mila euro all’anno per fare attività.
Un meccanismo perverso, insomma, con le erogazioni ai Comitati che sono come una beffa, come l’assegnazione degli incarichi federali da rivedere mettendo in gioco figure professionali. Si è dimenticato che la Fisi è una federazione e non una società a responsabilità limitata, che la gestione deve essere democratica e non verticistica. Così è quella di Roda che non è un interlocutore credibile quando scavalca i presidenti regionali.
Un appunto, infine, anche al suo “collega” Bortoluzzi che nella ricandidatura di Roda ha rivendicato un segno di continuità: ma quale e con che cosa se tutto ha funzionato male, che non c’è mai stato confronto con il territorio che dovrebbe poter dire la sua? Chiacchiere e non sostanza, dunque: tipico del personaggio, aggiungiamo noi. Un furbetto del quartierino. Sono i suoi tecnici e consiglieri federali veneti che hanno affossato il fondo. E lui li ripresenta e si appella ancora alla continuità. Di che? Quella che gli garantisce l’Audi della Fisi?
Non ha funzionato nemmeno la comunicazione dalla Federazione ai Comitati, sia per quanto riguarda gli atti ufficiali della FISI e del Consiglio Federale (ordini del giorno, verbali dei Consigli, ecc.), sia delle iniziative che venivano via progettate e realizzate. La carenza di informazione circa le decisioni e le strategie, i progetti e le attuazioni, ha finito per nuocere al funzionamento della Federazione, indebolendo da un lato lo spirito di appartenenza ad essa e dall’altro la capacità propositiva.
Va poi fatto sapere, dice ancora Marocco, che “noi presidenti dei Comitati Regionali non siamo stati adeguatamente coinvolti nemmeno nella partecipazione agli eventi programmati e realizzati sul nostro stesso territorio: un mancato coinvolgimento che, creando forti imbarazzi nei confronti dei territori che rappresentiamo e con i quali siamo quotidianamente in contatto, di fatto ha finito con l’indebolire la nostra stessa posizione di referenti regionali della FISI.
La Consulta Federale, che in precedenza veniva convocata prima di ogni Consiglio Federale divenendo occasione di un confronto collegiale tra tutti i Consiglieri, ha perso del tutto questa la peculiarità, vedendo penalizzate soprattutto le realtà regionali più deboli e contravvenendo in questo modo al principio di pari opportunità.
Per andar peggio di così bisognerebbe solo farlo apposta. Evitiamolo. Roda ha già dimostrato, in soli due anni, la sua incapacità. Riconfermarlo sarebbe puro masochismo. Quanto alla Di Centa, non ha certo né qualità né esperienza richieste dalla carica. Lasciamo che Frattini, invece che nella Fisi, la riporti in politica. Lì chiacchiere e fumo possono sempre servire. Anzi, sono la cosa più apprezzata.