Ci manca solo la haka, la tradizionale danza Maori, perché anche gli atleti degli sport invernali assomiglino agli All Blacks almeno nella figura. Tenuta tutta nera come i leggendari giocatori di rugby della Nuova Zelanda; al posto della felce argentata che ingentilisce la loro divisa di gara, c’è però una banda tricolore sormontata dalla scritta ITA in bianco. Piazzata nella parte bassa della gamba sinistra, dal ginocchio alla caviglia. Colore discutibile, imposto da Kappa come il disegno, ma tessuto comunque fantastico: per lo sci nordico, materia di questo sito, è roba Sportful, di per se stessa una garanzia sul piano della tecnologia e della confortevolezza.
Siamo in tempi di revisionismo, e quindi c’è poco da eccepire sul fatto che il tradizionale colore azzurro sostituito dal nero sia la novità della stagione agonistica 2013/2014, almeno in Coppa del Mondo. Sul piano estetico, di certo, ci guadagnano le donne: affusola la linea, dicono. Ma piace anche allo sprinter Chicco Pellegrino (foto) che era presente alla presentazione a Milano.”Dà una carica, ti gasa” sostiene. Assenti tutti gli altri fondisti della nazionale, bloccati dalla neve in Val Senales.
Invece, per quanto riguarda le Olimpiadi di Sochi, dove per portabandiera è stato scelto il campione dello slittino Armin Zoeggeler (2 ori, 1 argento e 2 bronzi) sarà il Coni a decidere sul colore. Che è sempre stato l’azzurro,pur con diverse sfumature. Fantastico, per esempio, il disegno e il colpo d’occhio delle tute di Torino 2006 (nella foto a sinistra Di Centa, a destra Follis). Di solito il Coni si è mosso con ragion di causa, magari facendo confezionare in Cina ma con buoni risultati, per cui c’è da augurarsi che anche Armani, lo sponsor per questa occasione, non lavori troppo di fantasia e, pur con qualche piccolo tocco innovativo, si adegui al passato. Al colore che, dal 6 gennaio 1911, è l’azzurro, e tale sarebbe bene restasse anche in futuro, non fosse altro perché rispetta una tradizione che si tramanda da più di un secolo e mezzo e che per gli atletii italiani ha lo stesso valore della bandiera.
Dovettero comunque passare diversi anni perché tutte le altre compagini nazionali adottassero l’azzurro che il Coni, nato nel 1914, aveva subito raccomandato trovando però orecchie da mercante. Avvenne nel 1932, alle Olimpiadi di Los Angeles, ma già in precedenza, dal 1927, a fianco dello stemma sabaudo, aveva fatto la sua comparsa il fascio littorio che simboleggiava il regime fascista che da 5 anni governava l’Italia. Tanto la croce sabauda che il fascio sarebbero stati eliminati nel dopoguerra, con la caduta del fascismo: restò l’azzurro accompagnato da uno scudetto tricolore.
Unica eccezione l’automobilismo, con il “rosso corsa” con cui la FIA, la federazione internazionale di questo sport, ha identificato l’Italia. Quel colore che anche la Fisi, abbinandolo al bianco, adottò nella stagione 2002/2003 dando momentaneamente un calcio alla tradizione ma assicurando agli atleti italiani una “visibilità” mai riscontrata in precedenza, almeno sugli schermi TV, nelle gare di massa nelle quali il “rosso Ferrari” si poteva notare di primo acchito nei confronti del rosso pasticciato dei norvegesi (nella foto Gabriella Paruzzi).
Azzurro senza discussioni, comunque, tanto è vero che proprio al termine “azzurri” alcuni atleti italiani reduci dalle Olimpiadi di Londra si aggrapparono quando, nel 1948, costituirono l’ANAOAI. Che è poi quell’Associazione Nazionale Atleti Olimpici ed Azzurri d’Italia che ha la peculiarità di “riunire atleti, donne e uomini, che abbiano indossato almeno una volta nella vita la maglia azzurra, avendo fatto parte delle rappresentative nazionali in discipline sportive riconosciute dal CONI”.
L’ANAOAI è apolitica e apartitica e dal 1977 è riconosciuta dal CONI come “Associazione Benemerita di interesse sportivo”, alla quale è stato affidato il compito di svolgere “Attività di natura culturale realizzate per diffondere e promuovere l’idea di sport, i suoi ideali e valori, attraverso iniziative promozionali a carattere organizzativo, di stampa e similari”. Quindi, se è il caso, anche di caldeggiare l’uso del proprio colore. Se prendesse posizione sul “nero Fisi” non sarebbe neanche male (nella foto Piller Cottrer).
L’attuale presidente è il bergamasco Gianfranco Baraldi (foto). Classe 1935, laziale di nascita e bergamasco di adozione, è stato il primo a rilanciare il mezzofondo italiano che, dopo i fasti di Luigi Beccali (oro nei 1500 metri alle Olimpiadi di Los Angeles nel 1932 con il nuovo record olimpico di 3’51″2 e quindi primatista mondiale l’anno successivo con 3’49″0), negli anni ’50 si era standardizzato su tempi attorno ai 4 minuti.
Tre titoli italiani degli 800, 4 dei 1500, 1 dei 5000 e 1 di corsa campestre, due Olimpiadi (Melbourne 1956 e Roma 1960), Baraldi visse la sua miglior stagione nel 1958 quando ottenne 1’49″3 sugli 800 e 3’42.3 sui 1500. Talmente attaccato alla tradizione azzurra che, da assessore allo sport del Comune di Bergamo, a metà degli anni 90 promosse la dedica agli “Azzurri d’Italia” dello stadio “Mario Brumana” di Bergamo (foto). Con il risultato di suscitare le proteste di chi avrebbe voluto invece intitolarlo ad Achille e Cesare Bortolotti, i due storici presidenti dell’Atalanta degli anni d’oro, padre e figlio. Proposta firmata dal leghista Daniele Belotti e dal capogruppo di AN Franco Tentorio, alleati di Forza Italia, ma lanciata già anni addietro da due noti giornalisti sportivi bergamaschi, Elio Corbani e Ildo Serantoni e bocciata dal consiglio comunale con 17 voti contro 15.
LA Fisi, dunque, probabilmente su iniziativa del presidente Roda che ha accolto la proposta dello sponsor Kappa,ha preferito puntare sul nero. Se non fosse per la banda tricolore e le scritte in bianco, potrebbero sembrare come beccamorti piantati in mezzo alla neve.
Il nero non è una novità, del resto. Copia infatti la decisione di Benito Mussolini che negli anni 30 “impose” la casacca completamente nera che debuttò nell’amichevole con la Francia del 17 febbraio 1935, e venne utilizzata anche al torneo calcistico dei Giochi Olimpici di Berlino (edizione n. XI) dell’anno seguente,] e nelle prime due gare dei Mondiali del 1938. Ma Mussolini, per ciò che ha combinato e non certo per il colore nero, è finito in piazzale Loreto. Di danni, però, ne sta facendo anche Roda ….
C’è solo da augurarsi che al colore che gli svizzeri hanno già adottato nella passata stagione e che si è notato unicamente per le imprese di Cologna, alla fine non si abbini anche il ritorno al saluto romano. Che è reato se unito a frasi e slogan razzisti e fascisti. Considerato tale dalla Cassazione con la sentenza 35549 del 17 settembre 2012. Con i gesti e sui colori, però, è meglio non scherzare, ma guardare a qualcosa di più concreto e magari più piacevole dal punto di vista cromatico. Come l’azzurro, per esempio….