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Dai “prof” Gazzotti e Maranetto un contributo di idee per la nuova linea metodologica e tecnica del fondo

Coordinato dalla Scuola Tecnici Federali con il consigliere federale Alfons Thoma e il responsabile delle prove nordiche Carlo Petrini, si è tenuto a Novarello un seminario con i tecnici della direzione agonistica del biahlon, del fondo, del salto e della combinata nordica. Un”conclave” di 3 giorni al quale, nella giornata conclusiva, si sono aggregati anche alcuni allenatori dei Comitati, e che è servito per definire e condividere il lavoro condotto dalla STF sulla linea metodologica e tecnica che sarà a disposizione degli sci club, dei comitati e della Federazione stessa e colmerà una necessità che da molti anni è primaria per il mondo degli sci stretti.

I tecnici delle D.A. presenti all’incontro di Novarello erano i seguenti:

BIATHLON: Curtaz Fabrizio; Montello Moreno; Vuillermoz René; Ertl Barbara                      

 FONDO : Fauner Silvio; Stauder Freddy; Riva Paolo; Selle Marco; Saracco Stefano;Costantin Pier Luigi; Semenzato Francesco; Tovagliari Manuel; Piller Cottrer Pietro; Grandellis Tullio; Campaci Roberto

 SALTO E COMBINATA NORDICA: Pertile Ivo; Della Mea Arrigo; Chenetti Giuseppe; Longo Andrea; Frigo Pietro; Pozzo Renzo                   

 SCUOLA TECNICI FEDERALI: Petrini Carlo; Canclini Arrigo; Benedetto EriK.

Siamo di fronte a nomi che, almeno sulla carta, dovrebbero costituire il “meglio” che lo sci nordico attuale mette in campo. C’è chi non è d’accordo, ma su questo è inutile disquisire poiché, come in politica, si è di fronte a scelte prese dall’alto e imposte alla base senza che questa sia mai stata consultata come sarebbe stato necessario prima ancora che opportuno.  E’ così che nasce la”casta”, si creano privilegi e si fanno danni che, ogni volta, riportano il fondo all’anno zero.

E’ come un  male endemico,  e posso dirlo con ragion di causa essendone testimone da quasi mezzo secolo. Ogni volta si è messa  una toppa, ricominciando però sempre da capo a sbagliare. Cambiano i nomi ma non il metodo e, quindi, pure i risultati che regolarmente vanificano quanto di buono si è fatto in precedenza. E questo perché, da sempre, la base non è mai stata consultata neppure a titolo di pura cortesia. E per base ci si riferisce agli sci club che hanno il compito di avviare e crescere gli atleti, che potrebbero offrire un contributo quantomeno di idee, e vengono regolarmente ignorati.

Da quando ho cominciato ad occuparmi di fondo, al vertice della Fisi ho chiesto un dibattito aperto sullo stato di questa disciplina ogni volta che sono venuti meno i risultati: l’ha fatto due volte il presidente Gattai alla fine degli anni ’70, poi più nulla. Ci si è cullati sugli allori, che si sono accumulati in maniera cospicua ma con il ricorso a metodi in prima battuta discutibili e alla fine pure illeciti. E c’è chi se n’è fatto vanto. Solo con l’accoppiata Albarello-Chenetti si è tornati a vincere medaglie olimpiche e mondiali frutto di una programmazione specifica della quale l’elemento più rappresentativo, Giorgio Di Centa, che si avvia verso i 42 anni, è ancora sulla breccia.

C’è stato un momento in cui il presidente Morzenti aveva manifestato l’idea di chiamare il fondo agli stati generali, dove discutere un progetto predisposto da Mopricono, ma non ha avuto seguito. L’attuale presidente, Roda, il fondo neppure sa cosa sia: quindi, da parte sua, non solo non è venuto nessun contributo di idee, ma si è manifestata anche l’incapacità di valutare la realtà della situazione e di apportarvi rimedio.  Non conosco la nuova linea metodologica e tecnica: sono comunque d’accordo sui principi guida. Se ben applicata può essere sicuramente un’innovazione ma, come detto, avrebbe dovuto nascere da una preventiva consultazione della base che se la trova invece già apparecchiata. Resta da vedere come la digerirà.

Nella stessa situazione si è trovata la FIDAL, che però ha fatto una precisa inversione di marcia con il cambio di presidenza, quando Alfio Giomi, prendendo il posto di Franco Arese, ha indirizzato l’atletica leggera su una nuova strada che la FISI potrebbe e dovrebbe imitare. Lo spiegano Pippo Gazzotti e Diego Maranetto, chemaranetto gazzotti sono stati allenatori vincenti del fondo giovanile. Vengono dall’ISEF, l’attuale facoltà di Scienze Motorie e, nel fondo, sono cresciuti “sul campo”. Alla maggior teoria avevano affiancato la pratica.  Potevano essere un  valore aggiunto, ma sono stati estromessi poiché le idee che manifestavano e la preparazione che proponevano veniva contestata da qualche falegname di turno. Ecco il loro contributo:

“Stefano Baldini, responsabile del settore giovanile di tutte le discipline giovanili della FIDAL cammina ancora con le sue gambe e raggiunge uno per uno tutti i più bravi ragazzi e ragazze dei vari settori del territorio nazionale per parlare, discutere, dialogare, ascoltare le esigenze del quotidiano di ognuno di loro.

Ascolta e impara; costruisce e dispensa consigli agli allenatori che stanno sul campo dalle 16 alle 20 di tutti i 365 giorni dell’anno .

La sua avventura, però, non è frutto di una nuova  politica federale voluta da un presidente nuovo, guarda caso insegnante di educazione fisica pensionato, ma di un enorme lavoro fatto negli anni addietro da tecnici nazionali federali che hanno operato minuziosamente e meticolosamente sul territorio, intrecciando migliaia di esperienze da campo, semplici ma dai contenuti tecnici di alto rilievo.

Per il fondo e il mezzofondo i padri fondatori di questo grande lavoro silenzioso e umile, fatto di passione, viaggi infiniti, esperienze vere da campo, si è concretizzato con l’esatta mappatura delle esigenze e possibilità operative ed allenanti di ogni angolo dell’Italia.

Ma, soprattutto,  si è evidenziato un numero infinito di valori e dati, ad esempio sulle reali capacità condizionali e sulle risposte fisiologiche legate ai recuperi .

Ecco allora che, come da sempre sosteniamo, le metodiche allenanti che ancora oggi prendono spunto  primario dagli insegnamenti del Matveev, comodi, di facile utilizzo pedagogico ma vecchi di oltre sessant’anni, divengono postulanti e frivole se ad esse non si abbinano le esigenze del quotidiano dell’atleta seguendo i suoi impegni di studio, di lavoro, di prospettive legate allo sport agonistico che, oggi, non sono più quelle di 20, 10, 5 anni fa.

Ecco allora  che, per ogni seduta allenante, occorre essere in grado di capire le risposte interne create dagli stimoli allenanti proposti e quindi sapere rilevare dati e parametri importanti legati alla biologia di ogni atleta .

Aspetto poi da sempre trascurato con superficialità da un gran numero di sedicenti allenatori che dovrebbero rivestire l’incarico più delicato nell’ambito dello sport e che sarebbe l'”accompagnare” il ragazzo lungo il proprio percorso, è quello della Bioetica. Che va intesa come scienza che si occupa dei comportamenti dell’uomo che riguardano direttamente la vita di altri uomini.

L’allenatore sul campo dovrebbe fare la stessa cosa che fa il medico nella stanza dell’ammalato (P. Bellotti) ma troppo spesso, come può succedere di uccidere un paziente con un farmaco sbagliato, così è troppe  volte presente il rischio di danneggiare irrimediabilmente i ragazzi a noi affidati con “lavori” insensati e scriteriati. Quanti sono, fra di noi, ad avere le giuste conoscenze e, soprattutto quanti le usano per il bene della persona?

Ecco allora che le strategie legate a ciò che abbiamo acquisito sul campo e nel laboratorio diventano stato essenziale per migliorare la fisiologia dell’atleta considerando, ad esempio, il recupero non come riposo ma come parte integrante del piano di lavoro annuale, mensile, settimanale.

Crediamo davvero che le ‘linee guida‘ di un nuovo sistema allenante debbano partire dalla cultura sempre più finalizzata e compresa di chi lavora ai livelli più bassi (l’allenatore più bravo deve stare con i giovani in formazione, all’atleta veramente evoluto basta un portaborse, un autista) e non, come sempre si è fatto, dispensando informazioni dall’alto che per caduta a pioggia arrivino alla base.

E’ la base che deve dare il proprio contributo verso l’alto così come accade nei paesi nordici. L’allenatore dell’atleta di club segue nel suo iter evolutivo il ragazzo che cammina verso il proprio futuro:  ricordiamo quando questo succedeva con Alsgaard, Fredricksson, Elofsson, Soedergren ed altri imitati in seguito da atleti dell’Est o della Germania.

Questo non succede in Italia per il semplice fatto che  la piramide è rovesciata e, per assurdo, così facendo, non cresce culturalmente nulla: l’allenatore di club rimane tale, l’allenatore zonale rimane tale, l’allenatore di squadra nazionale fa quello che può.

Oggi, la modernità e la forza dei mezzi di comunicazione sono impressionante i, a nostro parere, ci vuole poco tempo per modernizzare il sistema, il nostro.

Modernizzare il sistema significa però cambiare radicalmente la voglia di colloquiare con gli altri.

Ma esiste, oggi, la voglia di colloquiare con gli altri e, soprattutto, di ascoltare gli altri se ancora le informazioni arrivano imposte dall’alto e non si ascoltano le esigenze della base che va stimolata a produrre standole pressantemente al fianco?

Per concludere: se si vuole un mondo dello sci di fondo nuovo e moderno bisogna ascoltare  ciò che i ragazzi e le ragazze ci chiedono.

Se si vuole progredire occorre sapere essere elastici e pensare che da tutti possono nascere cose nuove: tanto è vero che negli anni passati abbiamo imparato dagli altri, poi abbiamo messo in moto i neuroni e creato una nostra cultura allenante che ha portato ai risultati.

E infine: tanti tecnici che hanno operato negli anni passati nel nostro mondo e che hanno fatto in modo di far crescere il settore, soprattutto dal punto di vista formativo e culturale,  sono stati di colpo abbandonati come appestati e, soprattutto, il bagaglio delle loro esperienze, costato centinaia di migliaia di euro, neanche minimamente considerato come fatto culturale o punto di partenza acquisito per andare oltre.

Siamo convinti che anche e soprattutto le esperienze negative portino cultura in quanto,  se conosciute,  non vadano a ripetersi.

Se non conosciute c’è la possibilità di ripercorrere strade errate.

Non vogliamo dilungarci ed entrare nel merito delle esperienze positive che per noi e soprattutto per tanti ragazzi che abbiamo accompagnato  sono state esaltanti e base per le loro future carriere.

                                                                                                                  Giuseppe Gazzotti, Diego Maranetto

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