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Morzenti caso giudiziario, Alpi Centrali nel caos per conto proprio

Giorgio Brusadelli

19 APRILE- Passate le elezioni di Modena, che hanno portato alla presidenza Flavio Roda e al rinnovo del Consiglio federale ridotto a 10 unità sulla base del nuovo statuto approvato dal commissario ad acta, ci ritroviamo con due novità che non possono essere passate sotto silenzio: la condanna dell’ex presidente Giovanni Morzenti (nella foto con De Godenz, presidente di Nordic Ski Fiemme) nel processo di appello a Torino, e la situazione di stallo in cui è venuto trovarsi il Comitato Alpi Centrali, il più rappresentativo della Fisi,a seguito della mozione di sfiducia avanzate dalla maggioranza dei consiglieri regionali nei confronti  della presidente Claudia Giordani.
Che si era guadagnata la massima carica pur ritrovandosi in posizione minoritaria e non è poi riuscita a dare al Comitato l’impronta che si prefiggeva. Inesperienza e carenza di strategia hanno messo le Alpi Centrali in braghe di tela, specialmente alle recenti elezioni nelle quali il candidato “ufficiale” Ghilardi ha avuto in Noris, bergamasco come lui, un concorrente in più, per ritrovarsi poi entrambi esclusi dal ballottaggio in cui  i  voti delle Alpi Centrali, pur risultando determinanti nel successo di Roda, non hanno guadagnato al comitato almeno una vice presidenza. Ora è ridotto ai minimi termini: può contare in Consiglio federale solo su  Mapelli, che i voti se li è andati a pescare da solo, e ha in Negretti il presidente del Collegio dei revisori dei conti. Un po’ poco in termini di peso elettorale, pari a quasi un quinto del totale dei voti.
Sarebbe necessario un rinnovamento ma si tira a campare, tanto che 11 dei 12 presidenti provinciali presenti all’ultima riunione hanno chiesto le dimissioni della presidente, mentre la maggioranza dei consiglieri regionali ha posto la questione della fiducia che non ha senso  a termini di statuto, che prevede invece le dimissioni. Che tanto la Giordani (foto)  quanto la maggioranza che le è contraria sigiordani guardano bene dal presentare.  Lei sarebbe anche disponibile, ma se fossero condivise da tutti.  Il che sembra da escludere, poiché sono in troppi a temere di non essere rieletti.  Lo aveva fatto il vice presidente Barzasi in un  moto d’orgoglio, ma le ha ritirate.
Il caso di Morzenti è noto: la sua condanna in primo grado in Tribunale a Cuneo per concussione aggravata, rientrando nelle nuove “norme etiche” imposte dal Coni nel nuovo statuto, aveva portato di fatto alla sua sospensione e al relativo commissariamento della Fisi, deciso il 14 luglio dal Coni, con l’arrivo di Franco Carraro in via Piranesi. Durante gli 8 mesi e mezzo di durata del mandato commissariale, l’ex presidente non era stato con le mani in mano, ma aveva presentato ricorsi al TAR del Lazio e al Consiglio di Stato, entrambi respinti. L’ultimo atto del commissario straordinario è stata  la fissazione dell’assemblea elettiva al 31 agosto  che, fra i quattro candidatiin  corsa (Conci, Ghilardi, Noris e Roda), ha portato quest’ultimo alla presidenza in ballottaggio con Conci:  55.538 per l’emiliano ex tecnico della nazionale di sci alpino, 40.278 per  l’ingegnere trentino, consigliere federale uscente.  Del precedente Consiglio federale, 7 sono stati confermati nel nuovo.
Unica novità, rispetto al passato,  la decisione di Roda di provvedere personalmente alla scelta delle direzioni agonistiche, delegando invece ai consiglieri le commissioni federali e non più la referenza “politica” sulle direzioni agonistiche che dovrebbero essere approvate nella riunione consiliare in programma  la settimana prossima a Cavalese.
Ma torniamo a Morzenti, che diventa un caso anche sotto il profilo giudiziario in quanto la Corte di Appello ha aumentato da 4 anni e 6 mesi a 6 anni la  condanna per concussione aggravata; per lo stesso reato sono stati confermati  i 7 anni  inflitti in primo grado al  ten. col della Guardia di Finanza Maurizio Caboni. Il pubblico ministero Vittorio Corsi aveva chiesto condanne a 8 anni per Caboni e a 5 per Morzenti. I due erano accusati, a diverso titolo, di avere preteso mazzette di ammontare compreso tra 10 mila e 50 mila euro a imprenditori del Cuneese tra il 2004 e il 2006.  
Ad accusare Morzenti, presidente della società di gestione impianti di risalita del comprensorio sciistico di Limone Piemonte, il dentista Francesco Pejrone e l’impresario edile Osvaldo Arnaudo: il primo, che recentemente aveva patteggiato una condanna a 2  anni per  bancarotta fraudolenta, avrebbe dato 50 mila euro a Morzenti per evitare di essere coinvolto in un processo a carico dell’ex comandante provinciale della Finanza. Tre mesi dopo – secondo il pm – sarebbe stato Arnaudo a consegnare 10 mila euro a Morzenti.
Sarà interessante vedere come la Corte di Appello motiverà la sentenza contro la quale Morzenti ricorrerà in Cassazione. Di certo, avendo avuto modo di conoscerlo (e combattuto nel primo mandato, tanto da guadagnarmi un paio di querele, per il modo indisponente e spesso arrogante con cui ha gestito la federazione), fa specie immaginarlo trafficare in mazzette di poche migliaia di euro. Uno che nei successivi anni di presidenza della Fisi si  sarebbe dimostrato abilissimo nell’azzerare la decina di milioni di debiti che i suoi predecessori avevano accumulato non lo vedo proprio nel quadro presentato dall’accusa e ulteriormente penalizzato dai giudici. Un quadro incredibile, che stona con la sua figura di manager che alla fine me lo aveva reso amico proprio per i risultati ottenuti.
Di errori ne ha certamente compiuti: il più madornale nei riguardi dello sci di fondo quando, malgrado lo strapotere di cui godeva, nonmorzenti piller cottrer è riuscito a far passare in Consiglio federale il progetto, predisposto da Benito Moriconi, un “guru” della specialità, di un gruppo di lavoro che collaborasse con la direzione agonistica. Pochi elementi di provata esperienza parte,dei quali mi sarei sentito onorato di far parte, che avrebbero potuto evitare le storture che si sono poi verificate e hanno mandato in coma irreversibile il fondo già di per se stesso in agonia. Progetto fatto naufragare dai suoi amici veneti  che  vedevano a rischio le proprie poltrone e ambizioni (nella foto Morzenti con Piller Cottrer, uno dei nostri fondisti più rappresentativi con titoli olimpici e mondiali ).
 E altro grosso errore, sul piano economico questo, il rifiuto a inizio mandato di una grossa sponsorizzazione della Melinda, destinata specificamente al fondo, per il semplice fatto che lui pretendeva una cifra ancor maggiore, ma per tutta la Fisi, che all’azienda trentina non interessava,. Per far cassa, alla fine ha dovuto ricorrere ai diritti TV sottraendone una fetta sostanziosa agli organizzatori delle gare di Coppa del Mondo che fino ad allora si erano tenuti la torta intera. Creandosi ovviamente altri nemici.
Però si è guadagnato anche dei meriti, che varrebbero un monumento. L’esempio più eclatante, che ha confermato le sue capacità manageriali, è il risanamento finanziario della federazione che, quando l’ha presa, era ridotta alla canna del gas.  Roda, il suo successore, dovrà faticare parecchio per reggere il confronto in questo campo. Glielo auguriamo di cuore, proprio mentre Morzenti esce di  scena in malo modo sotto il profilo umano, ma guadagnandosi  l’onore delle armi sotto l’aspetto dirigenziale. Cosa che nella storia della Fisi ha avuto ben pochi uguali, men che meno da parte di chi lo ha avversato.
Il suo caso giudiziario mi ricorda quello di un mio amico, sindaco di un paese sul lago di Como che viveva sul turismo e da ottobre  ad aprile si chiudeva in se stesso, per riprendere attività e vita con la nuova stagione. Con la sua politica illuminata rimise a nuovo il paese, ponendo le basi perché  alberghi ed esercizi pubblici restassero aperti per tutto l’anno, creando così nuovi posti di lavoro. Da presidente dell’USL, come si chiamavano allora i distretti sanitari, costruì un ospedale modello. Preventivo di 23 miliardi di lire, realizzato nei tempi stabiliti da Impregilo, spesso coinvolta in storie di mazzette, con una maggior spesa  finale di soli 150 milioni dei quali, comunque, quando per ragioni di cronaca andai a visitare l’ospedale, dimostrò punto per punto l’impiego. Mai vista, in più di 50 anni di giornalismo, un’altra opera che abbia rispettato tempi e preventivo come questa.
Avversari politici e maldicenze di paese portarono la Finanza a controllare i suoi conti, riscontrando cifre delle quali non poteva giustificare la provenienza. Dell’ordine complessivamente inferiore al milione, il “nero” del negozio di libreria di cui  era titolare, e contributi che una banca locale gli dava, destinati a scopi sociali del Comune, che per una serie di guazzabugli burocratici non potevano essere versati direttamente all’ente pubblico. Venne condannato per concussione e, dopo la morte della moglie per un male incurabile, andò in depressione. Finì suicida. Lo compiangono ancora.

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